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Snowden - Recensione

Lavoro di pura ricostruzione dei fatti, Snowden di Oliver Stone difetta di quel palpito cinematografico che è capace di trasformare la cronaca in film

Le vicende legate alla figura di Edward Snowden sono note a tutti a partire da quel giugno del 2013 nel quale l'esperto informatico al servizio della NSA americana divulgò, attraverso alcuni giornali, i dettagli riguardanti i programmi di sorveglianza globale che il governo americano aveva messo in piedi nei dieci anni precedenti, decisione che lo portò alla fuga dal Paese e a vivere in esilio forzato in Russia.
Il film di Oliver Stone ripercorre in maniera scrupolosa, rimanendo più che aderente ai fatti e alle circostanze, la vita di Snowden, a partire da quando fu allontanato dal corpo dei Marines in seguito ad un incidente e successivamente arruolato dalla CIA, grazie alle sue indubbie capacità tecniche informatiche.
I dieci anni che seguiranno saranno per Snowden una lenta ma costante presa di coscienza del sistema di controllo messo in piedi dall'amministrazione Bush, ufficialmente ossessionata dalla sicurezza nazionale dopo il tragico 11 Settembre. In realtà i programmi di controllo globale e planetario avevano costruito una fitta interconnessione che consentiva alle agenzie governative di controllare praticamente ogni tipo di informazione che correva lungo le linee telefoniche e in Rete: mail, sms, chat, tutto veniva filtrato con finalità che di fatto andavano ben oltre quelle della sicurezza, approdando ad una sorta di spionaggio non solo politico ma anche e soprattutto industriale e commerciale che violava le elementari norme relative alla privacy personale.
Stone ci presenta Snowden come un patriota idealista che decide di vuotare il sacco per lavarsi la coscienza, smascherando quel sistema che avrebbe dovuto garantire la sicurezza americana ma che invece violava le più basilari norme costituzionali. Conoscendo Stone, è facile immaginare da che parte della barricata si ponga il regista, relativamente alla valutazione della figura di Snowden: contrapponendosi a coloro che lo considerano un traditore che ha attentato alla sicurezza del Paese, l'immagine che disegna il regista è invece quella di un idealista profondamente democratico incapace di venire meno ai suoi valori etico-morali.
Snowden è insomma un lavoro strettamente legato alla cronaca, che si attiene con scrupolo quasi maniacale ai fatti e che per tale motivo sembra più un documentario di quelli che farebbero la felicità degli appassionati di History Channel.
Ma il cinema è altra cosa: il film di Stone è privo di qualunque spunto che possa conferirgli un valore cinematografico; come film d'inchiesta non ha ragione di esistere, ormai le notizie e le informazioni viaggiano in tempo quasi reale facendo apparire vecchie anche quelle di pochi anni prima; come racconto imperniato su una figura enigmatica o comunque molto controversa è privo di ogni minima profondità nel dare i contorni ai personaggi; laddove tenta di rendere più cinematografica la storia incappa in stereotipi e luoghi comuni (anche qui dobbiamo subire il sergente dei Marines bastardo e brutale...).
Il regista spesso nei suoi lavori ha fatto riferimento ad eventi o situazioni contemporanee che suscitassero la discussione, basti pensare alla sua lettura della guerra del Vietnam con Platoon o la spietata disanima del mondo degli affari con Wall Street o la rilettura dell'affaire americano per eccellenza in JFK - Un caso ancora aperto. Rispetto a queste pellicole in Snowden manca la tensione che la narrazione cinematografica dovrebbe saper infondere, adagiandosi invece sul resoconto nudo e crudo. Quando poi sul finale assistiamo ad un filmato in cui il vero Snowden viene intervistato in una conference call che ne decreterà il trionfo idealistico, la domanda sorge spontanea: forse Stone pensava che il pubblico non credesse alla sua storia? Ma questo è quesito che deve porsi chi fa cronaca, non chi scrive cinema ed in Snowden di cinema ce ne è veramente poco.

Nonostante il giudizio sul film sia negativo, va doverosamente segnalata l'eccellente prova di Joseph Gordon-Levitt, la cui somiglianza fisica col protagonista lo rende ancora più credibile.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 2

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

1 commento

  • Michelangelo Scali
    Michelangelo Scali Sabato, 26 Novembre 2016 22:04 Link al commento Rapporto

    Ho letto, ma continuo a pensarci come a un must see. Wikileaks è un fenomeno, se vogliamo, importante forse più dei social network in quanto tali. Assange, Snowden e Manning li hanno usati esattamente per come avrebbero dovuto e hanno rivelato, Paese per Paese, i retroscena dei rapporti con gli USA e degli USA al loro interno. Se pure non fosse cinematograficamente eccelso, ritengo vada visto e lo vedrò con piacere!
    Solo spero che Stone abbia fatto almeno qualche accenno a Manning: ad oggi è l'unica ad essere detenuta in un silenzio assordante dei media, e guarda caso non se ne parla mai!

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