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La última tarde - Recensione (Festa del Cinema di Roma 2016)

E' una piacevole sorpresa La ultima tarde del regista peruviano Joel Calero: l'incontro vent'anni dopo di un uomo e una donna che scelsero la lotta armata alle prese con un passato che cerca qualche risposta

Laura e Ramon si ritrovano dopo quasi vent’anni di fronte ad un giudice che deve sancire il loro definitivo divorzio: i due non si vedevano dal giorno in cui lei sparì improvvisamente, abbandonando il suo sposo e la lotta armata con Sendero Luminoso (organizzazione armata maoista attiva nel Perù fin dagli Anni '70) nella quale erano entrambi impegnati, facendo perdere le sue tracce. Laura apparteneva ad una famiglia benestante peruviana e nonostante ciò aveva seguito il suo uomo nella lotta politica. Ora vent'anni dopo lei lavora come grafica pubblicitaria, ha un compagno e una vita ben consolidata, lui è un piccolo promotore finanziario nel quale il passato ha lasciato qualche cicatrice in più, almeno in apparenza. Dovendo passare qualche ora a Lima, in attesa di potere espletare la pratica, i due si ritrovano a parlare del passato, degli ardori politici di allora, di come perché lei se ne fosse andata e di come lui impiegò molto tempo prima di accettare la separazione, giunta senza una motivazione e senza porsi domande che erano rimaste sospese per tanto tempo: “perché te ne sei andata da me?” chiede Ramon, “perché avevo paura della lotta armata” risponde Laura. “Ti ho chiesto perché sei andata via da me” ribadisce l’uomo: è questa la domanda intorno alla quale gira il ricordo del loro passato. Poi il discorso si sposta sul presente, su come vivono, su quello che pensano della società peruviana di oggi e di quello che pensavano allora, vent’anni fa, quando il fervore ideologico li aveva portati alla clandestinità.
Utilizzando dei lunghissimi e pregevoli piani-sequenza sulle orme dei due protagonisti lungo le viuzze della Lima più pittoresca, il regista peruviano Joel Calero, qui al secondo lungometraggio, ci racconta non solo il passato di una coppia ormai ultraquarantenne che visse gli anni della lotta armata, ma anche il presente di un Paese visto con gli occhi ieri iniettati di fervore rivoluzionario oggi molto più disillusi e tutto sommato normalizzati.
Ma La ultima tarde è anche una storia personale, una storia d’amore che deve trovare ancora la sua vera conclusione, sulla quale aleggia il dubbio e il sospetto che impediscono, ancora vent'anni dopo, di chiudere con un passato al quale i due ormai guardano solo con la nostalgia per la giovinezza, consci che il loro impegno alla fine ha prodotto ben poco, se non morti ed eventi tragici. Una storia che avrà anche un violento sussulto nel finale, quasi una necessaria ed inevitabile resa dei conti.
E’ una piacevolissima sorpresa questa coproduzione peruviano-colombiana, perché il film sta tutto nei lunghi dialoghi, negli sguardi, nei silenzi e nei ricordi che oscurano il sorriso racchiusi in tre piani-sequenza che fungono da filo conduttore di quasi tutto il film. Calero è bravo a costruire dialoghi che hanno sempre qualcosa da raccontare, tenendo quindi l’attenzione dello spettatore sempre ad un buon livello, così come riesce con molta efficacia a descrive negli 80 minuti del film un legame che ancora vent'anni dopo deve trovare delle risposte.

L’unico aspetto che lascia un minimo di amaro in bocca è il repentino finale che sembra un po’ forzato, ma che nel complesso non va ad intaccare il giudizio più che positivo sul film.
Il film, ovviamente, sta tutto sulle spalle dei due protagonisti che non perdono l’occasione per dimostrare la loro bravura: Katerina D’Onofrio e Lucho Caceres hanno i volti ed i tempi giusti per reggere la scena.
Piccola curiosità: durante una scena nella quale dopo un vivace confronto a bordo di un taxi i due rimangono in silenzio, la canzone che fa da sottofondo è Alle porte del cielo di Gigliola Cinquetti, in versione spagnola; le vie del cinema sono veramente infinite se in un film peruviano ci si può imbattere in una canzone italiana di oltre 40 anni fa!




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3.5

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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