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Afterimage - Recensione (Festa del Cinema di Roma 2016)

Il testamento artistico di Andrzej Wajda nel racconto degli ultimi anni di vita del pittore Wladyslaw Strzeminski, emarginato e impossibilitato a lavorare perché non allineatosi ai dettami del regime comunista sovietico nel secondo dopoguerra in Polonia: cinema come testimonianza storica e riflessione sul ruolo dell’arte nella forma migliore a cui ci ha abituati il regista polacco

Il film testamento di Andrzej Wajda. Una definizione che potrebbe sembrare ‘di comodo’ in relazione alla recente scomparsa del regista, ma che invece si impone con forza, volenti o nolenti, dopo la visione di Afterimage (in originale Powidoki), il miglior film visto alla claudicante Festa del Cinema di Roma 2016. Un lavoro che condensa tutto il cinema di Wajda nella sua forma migliore attraverso il ritratto degli ultimi anni di vita del pittore polacco Wladyslaw Strzeminski nel secondo dopoguerra (più precisamente tra il 1949 e il 1952), quando l’ostracismo del regime comunista sovietico lo costrinse a rinunciare alla sua vita accademica e a veder cancellate le tracce del suo lavoro di artista perché fermamente contrario ai principi del nuovo corso del realismo sociale che diventò il modello a cui sottostare.
Strzeminski è stato il padre dell’unismo e soprattutto grande studioso dell’after image (nel film lo vediamo lavorare alla sua Teoria della Visione) a cui si riferisce il titolo del film, ovvero la teoria dell’immagine residuale, l’illusione ottica che crea un’immagine che persiste nella visione anche quando l’esposizione dell’immagine originale cessa di manifestarsi, un fenomeno strettamente correlato alla persistenza della visione che, attraverso una rapida successioni di immagini, permette ad esempio di rappresentare il movimento nel cinema e nell’animazione.
Wajda prende i due piani di (ri)lettura della figura Strzeminski, quello delle difficoltà nel privato e quello della grandezza del suo lascito artistico, e li interseca per dare vita a un film che, senza forzature ideologiche o astrusità autoreferenziali, vuole essere non solo una pagina di Storia (con l’obiettivo di ‘risarcire’ la memoria di Strzeminski) ma anche una riflessione sull’arte (e di riflesso sul cinema) e sul suo ruolo nella società e nella crescita dell’individuo. Come spesso nel cinema di Wajda, che qui trova una misura e un acume preziosi seguendo la luce del faro della Storia, il film declina la vocazione quasi morale del regista a ripercorrere il passato per riscattare nel presente una delle tante vite calpestate dal dogmatismo, forte anche dell’interpretazione magistrale di Boguslaw Linda, la più popolare star della cinematografia polacca, nei panni del perseguitato Strzeminski.

Afterimage si impone quindi come il degno suggello per la carriera straordinaria di un autore unico nel panorama europeo.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3.5

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