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Tomorrowland - Il mondo di domani - Recensione

Brad Bird ci porta nel mondo di domani con Tomorrowland, racconto fantastico ad altissimo budget ma povero di emozioni

La giovane e brillante Casey (Britt Robertson) si ritrova in possesso di una spilla in grado di proiettarla in una dimensione parallela in cui si erge Tomorrowland, stupefacente città del futuro in cui "ogni cosa è possibile". Ammaliata da visioni che sembrano dar corpo a tutti i suoi sogni, la ragazza decide di affrontare il mistero che si cela dietro un luogo tanto straordinario. Scoprirà che il mondo di domani non è così meraviglioso come appare, e che la sua esistenza potrebbe addirittura costituire una minaccia per la nostra realtà. Nel tentativo di proteggere i suoi affetti e dare risposta alle domande che la tormentano, Casey intraprenderà un viaggio oltre il tempo e lo spazio, accompagnata dal brillante inventore Frank (George Clooney) e dall’enigmatica Athena (Raffey Cassidy), una bambina dall’aspetto tenero e indifeso che nasconde più di un segreto.
L’idea di Tomorrowland nasce da un’attrazione tematica presente nei parchi di divertimento Disney, il cui scopo originale era quello di offrire una rappresentazione affascinante ed avveniristica delle prossime conquiste tecnologiche dell’umanità. Partendo da questa esile suggestione Brad Bird ha tentato di scrivere una sceneggiatura con l’ambizione di mescolare fantascienza retrofuturista, dinamiche adolescenziali e azione, puntando sulla tematica a lui cara dell’emergere delle individualità e delle capacità dei singoli come condizione essenziale per il raggiungimento di risultati fuori dall’ordinario. Sotto questo punto vista il film si fa portavoce di un messaggio estremamente interessante, sottolineando come il contributo attivo di sognatori e idealisti possa portare a realizzare anche l’infinitamente improbabile. Tuttavia, il modo in cui vengono affrontati argomenti come il progresso, i rischi della scienza e l’evoluzione della società si rivela spesso ingenuo e poco incisivo. Il contributo in fase di scrittura di Damon Lindelof appare evidente, in quanto si possono rintracciare tutte le problematiche tipiche del suo approccio allo sviluppo narrativo: sovrabbondanza di riferimenti e spunti che non vengono mai definitivamente esplorati e chiariti, ma che servono principalmente come espediente per portare avanti la storia. Se in altri lavori l’autore di Lost si è dimostrato in grado di sopperire a tutte le reticenze e omissioni attraverso la creazione di un’atmosfera evocativa e seducente, qui l’assenza di un vero coinvolgimento dello spettatore porta a giudicare con maggiore severità le scelte più superficiali e approssimative. La prima parte è sicuramente quella più riuscita, in cui il senso di stupore e meraviglia si accompagna a una serie di invenzioni visive e registiche (come nel caso dell’articolato piano sequenza con cui viene gradualmente svelata Tomorrowland). Ben presto, però, tutto si trasforma nel consueto racconto stereotipato e carico di cliché, in cui si procede con una certa indolenza verso soluzioni prevedibili e banali. L’azione diventa anonima e ripetitiva, e la trama si espone a incomprensibili variazioni di registro. Neanche l’aspetto inerente alle derive distopiche del futuro immaginato dagli sceneggiatori è in grado di fornire un taglio più avvincente all’inerzia della parte conclusiva della pellicola.
Brad Bird dimostra sempre una certa abilità nel saper inserire il proprio contributo creativo e stilistico all’interno del film (qui ha curato anche la realizzazione di alcuni elementi visivi e decorativi), ma rispetto ai suoi primi lavori sembra si sia persa la componente più emotiva del racconto. Come già nel precedente Mission: Impossible - Protocollo fantasma, il regista sembra voler far dimenticare al pubblico il passaggio dal genere dell’animazione scegliendo la via dell’eccesso anabolizzante: i personaggi di Tomorrowland non riescono a creare empatia, come se la ricchezza dell’azione barocca avesse anestetizzato la loro carica umana, in parte anche a causa delle musiche di Michael Giacchino, stavolta meno efficaci del solito.
Anche la prova del cast non è particolarmente brillante, con un George Clooney remissivo e sottotono e il povero Hugh Laurie confinato in un ruolo marginale e poco riuscito. La sola nota positiva è rappresentata dalla giovanissima Raffey Cassidy, in grado di dar vita all’unico personaggio veramente interessante del film. Sfolgoranti come sempre gli effetti digitali curati dalla Industrial Light & Magic.

Per poter realizzare il suo lungometraggio, Brad Bird ha rifiutato la regia di Star Wars: Episodio VII - Il risveglio della Forza (non a caso il film contiene un omaggio affettuoso alla saga creata da George Lucas), in modo da dedicarsi interamente ad un progetto nel quale credeva con particolare convinzione. Tuttavia il risultato finale sembra non premiare gli sforzi del regista, e Tomorrowland si rivela un’opera irrisolta, sicuramente ben confezionata, ma priva di un’intima originalità e avara di emozioni.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 2.5

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Simone Tricarico

Pensieri sparsi di un amante della Settima Arte, che si limita a constatare come il vero Cinema sia integrale riproduzione dell’irriproducibile.

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