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Dio esiste e vive a Bruxelles - Recensione

Dio esiste e vive a Bruxelles - Recensione - Film - Jaco Van DormaelIronico, intelligente e dissacrante Dio esiste e vive a Bruxelles, commedia surreale del regista belga Jaco Van Dormael, ci racconta di un Dio molto terreno e ben poco misericordioso che si diverte tiranneggiando l'umanità

Ora lo sappiamo con certezza: Dio esiste, in carne ed ossa, vive in uno squallido appartamento di Bruxelles con una moglie, presunta divinità anche essa ed una figlia di 10 anni di nome Ea. Il figlio maggiore JC (ma guarda un po'…) se ne è andato di casa da un po' per cercare di conoscere il mondo e, pare, abbia fatto una brutta fine.
Questo Dio però non ha nulla che confermi l'iconografia michelangiolesca, anzi è brutto, beve come una spugna, fuma come un turco, gira per casa in ciabatte e vestaglia sdrucita, regola il mondo dal suo computer in una buia stanza piena di schedari, ma soprattutto è tirannico, rancoroso, sadico e opprime sia la moglie che la figlia. Quest'ultima, quando scopre la maniera ben poco pacifica con la quale il padre governa il mondo dispensando disgrazie, calamità e tragedie, decide di andarsene di casa non senza aver prima compiuto il gesto più blasfemo possibile: inviare all'umanità intera un SMS con su scritto la data della morte di ciascuno. Grazie ad un miracolo ingegneristico del fratello scappa dalla oscura reggia e si ritrova in strada decisa a scrivere un Nuovo Testamento per una umanità liberata dal dispotismo del padre. Ovviamente avrà bisogno di alcuni apostoli, scelti a caso dagli schedari paterni, sei per la precisione, che aggiunti ai dodici classici fanno diciotto, il numero di giocatori di baseball (sport di cui è fans sfegatata la madre).
L'umanità liberata dall'assillo della morte inizia a cambiare, ognuno decide come vivere la propria vita in base al timing della sua dipartita anche se un un miracolo alla fine servirà comunque (c'è sempre una divinità consorte, seppure svampita…) per rimettere le cose a posto. Nel frattempo Dio è finito addirittura a lavorare in Uzbekistan, cacciato dal Belgio, dopo essere anch'esso riuscito a trovare la strada per il mondo reale ed avere rimediato un bel po' di mazzate, compreso l'espatrio.
Questa la visione di Jaco Van Dormael, tra il surreale e il grottesco, il dissacrante e l'ironico di come un Dio tutt'altro che misericordioso governa il mondo. Va subito detto però che il film difficilmente potrà destare sdegno anche nei più ferventi cattolici perché tutta la pellicola è intrisa di una innata simpatia per i personaggi, compreso quel Dio iracondo e dispotico che si diverte con l'uomo dopo aver capito che un mondo senza esseri umani sarebbe stato noioso: galline al cinema, giraffe che camminano lungo le strade deserte, tigri bellamente distese sul letto. Troppo noioso! Ecco allora comparire l'uomo, che si moltiplica si accresce e ad un certo punto diventa il giocattolo di Dio. Persino le cose più banali di tutti i giorni, ma che ci fanno imbufalire, sono scritte, con tanto di numero d'ordine, nelle ben poco bibliche leggi del Dio di Van Dormael (legge 2025: quando sei in fila al supermercato, le altre file scorrono sempre più veloce della tua).
Di contro il regista belga ci racconta invece come potrebbe essere un mondo liberato dalla poco benevola potenza divina: togliere all'uomo la paura della morte, o meglio la sua imprevedibilità, rende Dio impotente ed inutile e libera dall'oppressione il genere umano. Vediamo così che tra gli apostoli la piccola Ea arruola un barbone, che fungerà da evangelista, un erotomane, un assassino, un uomo che segue la migrazione degli uccelli, una annoiata ricca borghese che vuole scaricare il noioso marito: tutti, saputa la loro data di morte, daranno un senso diverso alla vita, trovando quello che veramente vogliono, spesso senza saperlo.

Dio esiste e vive a Bruxelles è lavoro per certi versi geniale, divertente, ma pervaso anche da un sincero affetto per il genere umano. Ha ritmo, regala alcuni momenti da antologia (il prologo, Ea e lo scriba barbone che fuggono dal padre camminando sulle acque con Dio che invece annaspa quasi affogando, il ghigno satanico di Dio quando si diverte a costruire catastrofi, il prete che si avventa contro Dio), conferma il talento mai pienamente riconosciuto di un regista che ha sempre diluito nel tempo le sue opere (quattro lungometraggi in 25 anni) e soprattutto ci regala la prova tangibile che si può far ridere e divertire anche con intelligenza e arguzia senza necessariamente cadere nei soliti cliché da commedia di facile presa.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3.5

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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