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Revenant - Redivivo - Recensione

Revenant - Redivivo - Film - RecensioneDalla storia vera di Hugh Glass l'epica avventura di un uomo che cerca di sopravvivere grazie alla straordinaria forza del proprio spirito

Di questo film si sta parlando da lungo tempo, è una leggenda prima ancora di uscire e sta già collezionando premi (di pochi giorni fa l’incetta di Golden Globes e le ben 12 candidature agli Oscar). Leggendari sono i nove mesi che sono serviti per girarlo, leggendario il presunto ammutinamento del team contro le difficili condizioni del set, leggendari i paesaggi illuminati solo da luce naturale e l’attacco dell’orso. Non sono spoiler perché sono mesi che se ne parla! Insomma un gran chiasso mediatico (hype) che come al solito ha rischiato di rovinarmi il godimento e inficiarne il giudizio e mi ha messo addosso quel certo fastidio antipatico nel dire “questo tocca vederlo”.
Sebbene il regista Alejandro G. Iñárritu avesse proposto anche nel suo film precedente (Birdman - O l'imprevedibile virtù dell’ignoranza) una tematica tipica della mitologia nordamericana quale il divismo e le sue nevrosi, lo sfondo di questo film non potrebbe essere più lontano dalle luci di Broadway.
Il protagonista di Revenant - Redivivo è Hugh Glass, un cacciatore di pelli realmente esistito agli inizi dell’800. Attaccato dai nativi Arikara e da un orso grizzly durante una spedizione, Glass riuscì a sopravvivere grazie alla sua conoscenza del posto e alla sua determinazione e divenne un mito americano al pari di Davy Crockett. La versione cinematografica della storia è ispirata al libro The Revenant: A Novel of Revenge di Michael Punke del 2002.
Il film apre con l’attacco dei nativi Arikara ad un gruppo di cacciatori di pelli, coreografato in un lungo e incredibile piano sequenza. Glass e un pugno di superstiti si mettono in salvo e riescono a scappare, ma ben presto l'uomo viene attaccato da un grizzly che lo lascia a terra gravemente ferito. I suoi compagni non vogliono abbandonarlo, ma dopo poco si rendono conto che trascinare un moribondo impedirà loro il rientro alla base. Il capitano (Domhnall Gleeson) decide allora di proseguire e lasciare indietro due elementi del gruppo, John Fitzgerald (Tom Hardy) e Jim Bridger (Will Poulter) insieme a Hawk, il giovane figlio meticcio di Glass, con il compito di aspettare la morte del ferito e dargli sepoltura. Fitzgerald però ha fretta di andarsene e non vuole testimoni scomodi. Per questo commetterà un atto feroce che scatenerà la sua nemesi e alla lunga si ritorcerà contro di lui.
Da qui inizia l’Odissea di Glass che 'muore' simbolicamente e per il resto del film sembra agire come un involucro posseduto dagli spiriti ancestrali della natura e solo sopravvivenza e vendetta permetteranno la rinascita. Fallimento, sconfitta e abbandono della lotta non sono parte del disegno della natura ma solo un costrutto moderno, sembra suggerirci il film.
Iñárritu in una mossa un po’ sorniona e populista ha umanizzato Glass dandogli una moglie nativa ed un figlio che non c’erano nella storia originale, trasformandolo da semplice eroe di frontiera ad un eroe più universale. I legami e gli affetti famigliari sono il veicolo empatico di tutto il film, dall’orsa che quasi sbrana Glass per difendere i piccoli, all’esercito dei nativi Arikara, grigi fantasmi in cerca di perduti affetti.
Revenant è pervaso da una spiritualità quasi sciamanica. Nonostante i -40 del set, questo è un film bollente e latino nell’anima. Il regista messicano non ha mezze misure nell’orchestrare sentimenti e stati d’animo primordiali. Rabbia, dolore, disperazione e sete di vendetta sono urlati fino a stordire. Leonardo DiCaprio interpreta Glass con passione e con una forza vigorosa e viscerale. Lontani sono i tempi di Titanic: l’attore ha fatto molta strada evitando con un oculato slalom gli ovvi franchising e dimostrando grande talento (lo ammetto a denti stretti non essendo mai stata una sua fan!). Tom Hardy conferma il suo talento camaleontico nei panni dell’odioso Fitzgerald.
Il paesaggio (Canada e Argentina), infinito, splendido e brutale, che toglie il respiro, è fotografato da Emmanuel Lubezki e avvolge i personaggi e gli spettatori: copritevi bene perché in sala ci si sente gelare! Le musiche del Maestro Ryuichi Sakamoto sono potenti ma discrete al tempo stesso: a sottolineare i momenti più drammatici c’è solo il silenzio. Per non dimenticare l’incredibile sound engineering che ha un ruolo importantissimo in questa immersione nella natura.

Revenant è un prodotto corale di eccellente artigianato che ci consegna un’esperienza sensoriale indimenticabile. Questa volta l’hype non è riuscita a rovinarmi la visione di questo bellissimo film.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 4

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Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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