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La región salvaje (The Untamed) - Recensione (Venezia 73 - In concorso)

La region salvaje - The Untamed - Film - 2016 - Amat Escalante - RecensioneUno dei più film più controversi della 73esima Mostra del cinema di Venezia. Il regista messicano Amat Escalante tenta di combinare l’interesse verso i temi sociali, tipici del suo cinema fino a questo lavoro, con elementi thriller, horror e di fantascienza. Tentativo coraggioso, ambizioso, ma non abbastanza calibrato. E così il film finisce per mancare della giusta osmosi tra i generi nei quali spazia e le riflessioni che sembra portare avanti

Il nuovo film di Amat Escalante è come la creatura attorno alla quale è costruita la sceneggiatura di La región salvaje (The Untamed). Un oggetto non identificato, con numerosi tentacoli. Con il problema che si fa fatica a capire dov’è la testa. Disorienta il nuovo lungometraggio del regista messicano. Forse a una seconda visione potrebbe essere tutto un po’ più chiaro. E il giudizio diventare più favorevole. Capita con certi film, magari rivisti in condizioni psicofisiche migliori di quelle a cui ti riducono le maratone festivaliere. Intanto all’uscita della sala resta la sensazione di un mezzo passo falso di un autore che aveva ben impressionato con i precedenti film.
Alejandra vive in una cittadina nel Messico centrale, con il marito Angel e i due figli piccoli. Una famiglia apparentemente normale, con un'esistenza tranquilla. Dietro la facciata si nascondono però ipocrisia, insoddisfazione, relazioni nascoste. In particolare quella scandalosa che vede coinvolti Angel e il fratello di Alejandra, Fabian. Quest'ultimo lavora in un ospedale dove un giorno si presenta, per una ferita, un'affascinante e misteriosa ragazza. Veronica, questo il suo nome, convince prima lui e poi la sorella che nel bosco vicino alla città c'è, all'interno di una capanna isolata, qualcosa che potrebbe essere la risposta ai loro problemi. Qualcosa che non appartiene a questo mondo come lascia intuire la prima immagine del film, quella di un meteorite. Elemento che porta sulla Terra questa creatura tentacolare che ricorda la piovra di Possession di Andrzej Zulawski, a sua volta un rimando a certi shunga, le stampe erotiche giapponesi (in particolare Il sogno della moglie del pescatore di Hokusai). Così Escalante supera l'attaccamento alla cruda realtà che aveva caratterizzato fin qui le sue opere, convincenti (su tutte Heli) indagini sulla società messicana con viaggi che accompagnano lo spettatore nella violenza dei bassifondi della provincia. Resta certo l'interesse verso i temi sociali.
Dentro La región salvaje si possono ritrovare riflessioni su disuguaglianze, rifiuto della diversità, maschilismo, prevaricazione sul genere femminile (evidente il confronto tra le due donne protagoniste, una indipendente con tanto di moto e l'altra sottomessa, chiusa nella gabbia familiare). Son alcuni degli spunti che rimangono in superficie, disperdendo la loro forza nel coraggioso, ma poco riuscito tentativo di osmosi tra i diversi generi di cui si nutre la narrazione portata avanti con una sceneggiatura che perde progressivamente il suo centro, si affievolisce  in diversi tentacoli sprovvisti delle ventose necessarie ad attaccare al grande schermo lo spettatore. Virando sempre più su un simbolismo con il quale Escalante sembra seguire il suo mentore e produttore Carlos Reygadas. Senza però la stessa forza, visiva e concettuale.

Il tentativo del regista messicano di combinare l’interesse verso i temi sociali con elementi del cinema thriller, horror e di fantascienza non appare dunque abbastanza calibrato. E così il film manca della giusta osmosi tra i generi nei quali spazia e le riflessioni che sembra portare avanti.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 1.5

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Fabio Canessa

Viaggio continuamente nel tempo e nello spazio per placare un'irresistibile sete di film.  Con la voglia di raccontare qualche tappa di questo dolce naufragar nel mare della settima arte.

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