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Gli uomini di questa città io non li conosco. Vita e teatro di Franco Scaldati - Recensione (Venezia 72 - Fuori concorso)

Franco Maresco racconta la vita e le opere del grande attore teatrale Franco Scaldati, denunciando l'imbarbarimento culturale del nostro Paese. Una testimonianza vibrante di toccante bellezza e inconsolabile pessimismo

Dopo il Premio Speciale della Giuria del concorso Orizzonti per Belluscone. Una storia siciliana nel 2014, Franco Maresco torna alla Mostra del Cinema di Venezia con un nuovo documentario dedicato alla straordinaria figura di Franco Scaldati, autore che ha segnato in maniera profonda la storia recente del teatro in Italia. Poeta e drammaturgo di violenta forza espressiva, Scaldati è stato per molti anni la voce degli ultimi, degli emarginati e degli esclusi nella città di Palermo, raccontando un mondo sommerso attraverso una serie di opere che il regista definisce “uno straordinario esempio di resistenza morale e culturale di fronte alla barbarie che avanza senza tregua”. Scomparso nel 2013 fra la sostanziale indifferenza delle istituzioni e della cittadinanza, Scaldati ha rivoluzionato l’uso del dialetto con le sue rappresentazioni, sperimentando in maniera sempre più innovativa con la lingua, fino a superarne i limiti geografici con l’uso del ritmo e della musicalità.
Maresco ripercorre le origini della tradizione teatrale in Sicilia attraverso un’attenta attività di ricostruzione storica, all’interno della quale contestualizza il lavoro di Scaldati ripercorrendo i momenti salienti della sua carriera, presentando lavori importanti come Il Pozzo dei Pazzi e Lucio. Appare evidente il rapporto di affetto fra i due autori, legati da un’amicizia di oltre trent’anni che ne ha influenzato reciprocamente il percorso artistico. Il creatore di Cinico TV ha infatti ammesso che il suo Cinema sarebbe stato qualcosa di profondamente diverso senza l’instaurarsi di questo legame. Emerge anche un'amarezza sconsolata nel constatare che il patrimonio lasciato da Scaldati possa andare in parte disperso per colpa del disinteresse e dell’ignoranza che affliggono le nuove generazioni, prive di memoria storica e anestetizzate dall’avvento della televisione commerciale che le rende incapaci di cogliere la significativa potenza poetica di questo grande artista.
Maresco alterna con la consueta abilità e ricchezza visiva momenti dissacranti ad altri di commovente sensibilità, proponendo inserti di repertorio, estratti di vari spettacoli, testimonianze e interviste. Il tutto legato dalla sua voce fuori campo, che scandaglia l’animo dello spettatore attraverso l’irriverenza tragica di chi osserva con distacco e sofferenza le sorti di una società in decadimento. C’è un pessimismo a tratti insostenibile nel rassegnato sconforto che pervade la pellicola, alleviato solo dall’ironia sghemba e triste affidata ad alcuni momenti di aspra critica sociale. E se “la bellezza è degli sconfitti”, allora forse è ancora possibile contrastare la bruttezza che ci circonda, magari sperando di trovare un senso a un’immagine cinematografica che sembra aver perduto valore e significato. La scelta del regista di dedicarsi al genere documentaristico è indice forse proprio di questo disagio, che qui si fa particolarmente evidente. Toccanti a tal proposito sono le parti legate alla partecipazione di Scaldati al film Il ritorno di Cagliostro, una delle collaborazioni felici con Maresco, in cui assistiamo a dialoghi fuori scena realmente spiazzanti e rivelatori. 

Gli uomini di questa città io non li conosco. Vita e teatro di Franco Scaldati
 è potente Cinema di disobbedienza, omaggio a un artista unico ma anche analisi lucida e disperata del declino culturale della nostra società. Un grido di dolore di fronte al quale nessuno può rimanere indifferente, che si articola nelle parole di Scaldati: “A che serve il teatro? È una forma d’arte che implica immediatamente l’uomo, che obbliga a vivere, a incontrarsi e scontrarsi”. E la pellicola di Maresco sembra sottolineare questo messaggio: si oppone e si batte per obbligarci a vivere.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3.5

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Simone Tricarico

Pensieri sparsi di un amante della Settima Arte, che si limita a constatare come il vero Cinema sia integrale riproduzione dell’irriproducibile.

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