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The Last Reel - Recensione (Far East Film Festival 2015)

Il primo film cambogiano presente al Far East Film Festival riceve il Black Dragon Award: The Last Reel è un sentito omaggio al dramma di una nazione attraverso il ricordo personale e di una cinematografia spazzata via

Nella odierna Cambogia può capitare anche di trovare un vecchio cinema trasformato in parcheggio. Qui passa il suo tempo bighellonando Sophoun: giovane ribelle e poco propensa a dedicarsi solo agli studi, preferisce passare il tempo coi suoi amici girando in moto per la città e trovandosi spesso invischiata in risse. Ma quel parcheggio che una volta era un cinema conserva ancora il suo cuore di celluloide: il guardiano è un ex regista, la cabina di proiezione è ancora lì con le sue vetuste macchine in stato di abbandono, c’è persino il poster consunto di un film dal quale Sophoun scopre che un tempo la madre era una promettente attrice prima che la guerra e la barbarie dei Khmer Rossi spazzasse via tutto, industria cinematografica compresa e che il film in questione è conservato privo della sua ultima bobina dall’ex regista-guardiano.
La ragazza si imbarca quindi nell’impresa di recuperare la bobina o addirittura di rifare il finale del film: è un gesto simbolico verso la madre attraverso il quale scoprirà le origini della sua famiglia e le atroci verità che si celano al suo interno e che per tanti anni sono rimaste sepolte.
Ma di pari passo la ricostruzione della pellicola persa è anche un infinito gesto di amore che omaggia una cinematografia che negli Anni '70 era tra le più valide e vivaci dell’Asia e che dopo la guerra era praticamente annientata.
Film e storia personale che riemergono dalle paludi della memoria che non è solo quella della protagonista, ma anche quella di un paese intero che fatica a dimenticare un passato recente intriso di dolore, e se sul finale scopriremo che la verità non ha una faccia sola e che ancora molte colpe debbono essere espiate, il messaggio di The Last Reel è chiaramente un invito alla pacificazione, materializzato sullo schermo dalla scena finale dove tutti, vittime e carnefici (che poi anche loro vittime sono) assistono al film restaurato da Sophoun.
Sebbene attiva nel mondo del Cinema da diversi anni, la regista cambogiana Sotho Kulikar è qui alla sua opera prima, proprio ora che, ci fa sapere, in Cambogia vengono prodotti sessanta film l’anno a testimonianza di una rinascita dopo anni di oscurantismo. Per la regista il film è al tempo stesso uno sguardo al passato famigliare drammatico e un omaggio a tutti coloro che fecero grande il cinema cambogiano prima della furia Khmer e che pagarono con la vita la allucinante ideologia utopistica di Pol Pot, una operazione di ricostruzione di una memoria storica sepolta fatta di odio e di tragedia.
Nonostante una certa ingenuità di veduta e di prospettiva, il film però è improntato ad una sincerità trasparente, si percepisce il sentimento profondo della regista e la passione con la quale ha costruito la pellicola. E il finale che può apparire troppo orientato verso un ottimismo non convincente è sostenuto sui titoli di coda da un omaggio commosso ad attori e registi scomparsi durante la guerra e al padre della regista anch’esso ucciso dai Khmer.

L’importanza di The Last Reel va oltre la valutazione semplice del film: l’opera di Sotho Kulikar è un importante documento di un'epoca passata che deve ancora finire di confrontarsi con il presente e questo, per la regista, non può che passare attraverso una pacificazione che esuli dalla ricerca delle verità assoluta.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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