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Garuda Power: The Spirit Within - Recensione

Garuda Power: The Spirit Within ci rivela il mondo sconosciuto del cinema d’azione indonesiano e i suoi supereroi molto prima di The Raid!

Ultimamente alcune stelle solitarie del cinema d’azione e di Arti Marziali sono riuscite a riportare l’attenzione del pubblico sulla cinematografia di paesi che erano passati sotto il radar dei più. Mi riferisco per esempio al thailandese Tony Jaa, che si è fatto strada letteralmente a ginocchiate nel mondo dei film d’azione nonostante, a mio avviso, una certa carenza di personalità e una povertà sconfortante di sceneggiature decenti. Sicuramente però grazie a Tony la Thailandia è tornata ad avere della meritata attenzione anche in altri generi cinematografici.
Quando la bomba Iko Uwais è esplosa con Merantau prima e in seguito con i due The Raid, ci si è chiesti cos’altro fosse stato prodotto in Indonesia, ma dubito che la maggioranza sia riuscita a darsi una risposta. Il regista francese Bastian Meiresonne ha voluto scavare nel passato cinematografico dell’Indonesia e ha messo insieme un interessante documentario sulla storia del cinema popolare indonesiano pre-Raid che è stato presentato all’ultimo Busan International Film Festival e sta guadagnando consensi nel circuito festivaliero. Il suo film, opera prima e autoprodotta, è frutto di grande entusiasmo ed è pieno di scoperte.
Rudolf Puspa, presentato come lo spirito vivente del cinema d’azione indonesiano, è il vecchio saggio narrante che da una sala polverosa e derelitta (come tante ormai in Indonesia) ci guida attraverso l’ascesa e il declino di quest’industria cinematografica praticamente sconosciuta in Occidente, senza dimenticare di ricordarci che la metà dei film prodotti in Indonesia sono tristemente andati perduti.
Si inizia negli anni ’20-’30, quando i film finanziati principalmente da Cina e Olanda erano basati su novelle popolari di mitologia e arti marziali cinesi. Foto e affascinanti spezzoni mostrano film popolati di principi, eroi e mostri di cartapesta. Si produce il primo film horror dell’Indonesia Living Skull e anche delle versioni casarecce di Tarzan e de La maschera di Zorro. Questo tentativo di ricreare versioni locali di famosi eroi di film d’azione occidentali si svilupperà nelle decadi seguenti producendo veri e propri capolavori del genere exploitation, compreso il Bruce Lee indigeno Steven Lee in The Steel-Fisted Dragon del 1981 e Terminator, Rambo e James Bond nostrani.
Negli anni ’40, però, tutto si ferma a causa della turbolenta storia del paese e dell’occupazione giapponese e la ripresa è lenta ma caparbia, fino ad arrivare ad una seconda età dell’oro nei favolosi anni ’60–’70.
Si sfornano tantissimi film, 600 in una manciata di anni e arrivano le produzioni hongkonghesi per girare i propri film di kung fu implementando un’industria autoctona di stuntmen ed effetti speciali fiorente pur se decisamente empirica e che servirà anche le produzioni locali.  È proprio in questo periodo che riemerge il Silat, l’arte marziale indonesiana che era stata oscurata da tutto quel kung fu riversato dalla Cina (e dai suoi finanziamenti). Il Silat è un’arte antica e particolarmente coreografica e Saur Sepuh ne è il primo paladino cinematografico.
La situazione politica dell’Indonesia è comunque ancora instabile, palleggiata dagli olandesi alla repubblica di Sukarno e ancora al regime autoritario di Suharto. Tutto ciò incoraggia la proliferazione di personaggi eroici e coraggiosi, unico modo che ha il popolo di prendersi qualche rivalsa anche se solo per interposto eroe! Molto interessante è la forte influenza dei fumetti popolari come Rama Superman Indonesia e Gundala, che fecero proprio in quel periodo la transizione dalla carta al grande schermo.
Tanti intervistati ricordano con vividezza gli artisti e le stelle del passato, primo fra tutti Barry Prima, un attore molto attivo per almeno due decadi, alto, muscoloso, di sangue misto olandese e con un’aura esotica e un fare accattivante che lo hanno reso indimenticabile nei suoi ruoli di eroe buono. Nel film c’è persino una rara intervista all’attore che da anni non si mostra in pubblico.
Arrivati alla fine degli anni ’80, però, l’interesse comincia a calare inesorabilmente e poco riescono a fare gli interventi di professionisti stranieri, il regista David Worth e l’artista marziale Cynthia Rothrock in Lady Dragon e Angel of Fury.
Non si va più al cinema, un po’ per colpa di un mercato inondato di copie pirata regolate dalla piccola malavita locale e un po’ per l’apertura di nuovi canali televisivi e l’avvento delle serie tv di azione che a basso costo intrattengono con diabolica perseveranza. Tante sale cinematografiche, quasi 1.500, sono costrette a chiudere e per almeno una decina di anni questa bella tradizione di eroi e azione cade nel dimenticatoio.
Fino a quando Gareth Evans non mette insieme il giovane atleta Iko Uwais con la sua passione per il Silat e per il cinema in un calderone esplosivo. Il resto lo sappiamo tutti: Merantau, The Raid: Redemption e The Raid 2: Berandal, ma sarà davvero la rinascita? Il film non approfondisce e anzi, si chiude qui su una nota pessimistica, suggerendo per bocca di lavoratori indonesiani del team di Evans che sia solo una falsa resurrezione.
Garuda Power: The Spirit Within è una vera festa per gli amanti dei generi B, Arti Marziali vintage, Bruceploitation, e via dicendo, ma anche un film coinvolgente e fresco, con una onestà di intenti disarmante che fa dimenticare le occasionali pecche e una fine che lascia parecchi interrogativi aperti.

Meiresonne mi ha confidato in un’intervista che i suoi prossimi progetti saranno un film sul genere western thailandese (auguri!) e una tournée per le feste di piazza indonesiane in cui proiettare il suo documentario pieno di splendido materiale d’archivio come una piccola memoria storica itinerante. Lunga vita al Silat dunque!


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

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Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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