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Monk Comes Down the Mountain - Recensione

La visione di Chen Kaige delle arti marziali: Monk Comes Down the Mountain è il tentativo del grande regista cinese di coniugare filosofia taoista e buddhista, azione e spettacolarità. Il risultato è un film godibile ma non esente da pecche

Dopo aver co-prodotto l’ultimo lavoro di Jiang Wen (Gone With the Bullets), la Columbia Pictures replica il suo impegno in Cina collaborando alla produzione del nuovo film di Chen Kaige, acclamato regista della Quinta Generazione di cineasti cinesi: Monk Comes Down the Mountain è opera ricca di ambizione nella quale l’aspetto tecnico al servizio del 3D e la tematica più intima del racconto cercano di trovare un difficile punto di incontro e di fusione.
Ispirandosi ad un romanzo di Xu Haofeng, che conosciamo non solo come regista apprezzato per l’interessante dittico The Sword Identity e Judge Archer, ma anche come sceneggiatore del ben più famoso e acclamato The Grandmaster di Wong Kar WaiChen Kaige costruisce un racconto che oscilla tra la più squisita tradizione del Martial Arts Movie, le sfumature fantasy e l’essenza filosofica del Taoismo e del Buddhismo come cardini delle arti marziali.
Il giovane He Anxia vive da sempre in un monastero taoista tra le montagne dove fu abbandonato ancora in fasce ed il cui abate gli ha fatto da genitore oltre che da mentore e maestro. Questi con uno stratagemma spedisce Anxia nel mondo secolare degli Anni '30 in una sfavillante Hangzhou, raccomandandogli di perseverare nei dettami del taoismo. Il giovane in città si trova davanti un mondo sconosciuto dove ogni cosa per lui è nuova. Accolto dal medico Daoning come suo aiutante, Anxia riconosce nella sua figura il suo maestro, seguendo la logica a lui nota del rapporto mentore-allievo, motivo per cui quando l’uomo muore avvelenato il ragazzo, lungi dal cedere ai dettami filosofici acquisiti, mette in atto la vendetta contro i responsabili della morte. Passerà quindi sotto le cure dell’abate buddhista che chiarirà i demoni del rimorso che si agitano in lui e quindi, sempre alla ricerca di una guida e di un maestro, Anxia si ritroverà a contatto col mondo delle scuole di arti marziali. L’incontro col mite Zhou, unico depositario della tecnica del Colpo della Scimmia che vive in un piccolo tempio, introdurrà il giovane nel conflitto ideologico-filosofico del mondo del kung fu.
Soprattutto nella prima parte Monk Comes Down the Mountain si veste con la livrea della commedia brillante sfruttando lo sgomento e lo stupore del giovane monaco catapultato nella città. Ben presto, però, la storia diventa la rappresentazione di un percorso di vita che condurrà il protagonista vicino al raggiungimento dell’essenza della filosofia delle arti marziali: scoprendo che il primo mentore lo ha spedito nel mondo secolare lontano dall’ascetismo monastico per fargli conoscere l’animo umano nelle sue varie sfaccettature, Anxia capirà che solo attraverso ciò è possibile raggiungere l’Illuminazione secondo i dettami buddhisti.
Conoscendo l’autore del romanzo cui Chen si è ispirato, non risulta difficile comprendere come tutta la storia sia sorretta da questo aspetto filosofico-spirituale che vorrebbe andare all’essenza delle arti marziali, fatto che scatenerà sicuramente la solita e stantia critica dei puristi del kung fu movie nello stesso modo come avvenne con The Grandmaster. Il lavoro di Chen invece trova proprio in questo argomentare ascetico i suo lati più interessanti che derivano dall’incontro del protagonista coi vari depositari delle tecniche di combattimento.
Dove invece la pellicola scricchiola pericolosamente è nel tentativo, a volte quasi maldestro, di fondere la spiritualità con la spettacolarità, a sua volta direttamente al servizio del 3D: alcuni momenti d’azione sono validi e i combattimenti, che pure non mancano, appaiono ben costruiti anche grazie a trovate interessanti oltre che spettacolari (il combattimento che apre il film nel monastero su un ring di pietra che riproduce il simbolo taoista dello Yin e dello Yang, la chiara citazione di The Grandmaster dove allo ieratico Ip Man si sostituisce al perfido Pang nel combattimento sotto la pioggia), ma in alcuni tratti la ricerca della spettacolarità porta a scene quasi grottesche (quella della macchina gettata nel lago ad esempio).

Nel suo complesso Monk Comes Down the Mountain è film che ha i suoi pregi nel tentativo di rappresentare le arti marziali nel loro aspetto più sostanziale e profondo, muovendosi tra atmosfere wuxia e film d’azione attraverso una regia sicuramente ben dosata. Come detto, l’aspetto puramente tecnico non è 'malvagio', i combattimenti abbastanza sincopati e brevi ma ben coreografati, la ricostruzione storica è accurata, quasi elegante. Peccato per il 3D, verrebbe da dire, che influenza inevitabilmente la costruzione delle scene. Anche il cast è all’altezza di un film molto ambizioso: Wang Baoqiang conferma la sua bravura come artista marziale (che fosse bravo anche nei ruoli brillanti e drammatici lo sapevamo già), Aaron Kwok ha il giusto carisma per interpretare il suo personaggio ascetico e Chang Chen ben si presta nel ruolo di imbattibile maestro.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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