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Quando c'era Marnie - Recensione

Arriva al cinema l'ultimo film dello Studio Ghibli, buon coming of age firmato da Hiromasa Yonebayashi che si muove in modo apprezzabile tra il realismo e l'onirico senza però arrivare così magicamente al cuore dello spettatore come i capolavori di Miyazaki e Takahata

Se l'annunciato stop alla produzione di lungometraggi sarà davvero definitivo, forse era romanticamente più bello, e giusto, salutare lo Studio Ghibli con gli ultimi film dei fondatori Hayao Miyazaki e Isao TakahataSi alza il vento e La storia della principessa splendente, usciti in Giappone nel 2013 a pochi mesi uno dall'altro, sono due capolavori assoluti destinati a ritagliarsi un posto importante nella storia del cinema. Film straordinari e passo d'addio di due geni che hanno rivoluzionato la settima arte portando ai massimi livelli il genere d'animazione. La sfortuna di Quando c'era Marnie, un anno fa nelle sale giapponesi e adesso in quelle italiane, in fondo è proprio questa. Arrivare subito dopo. E ‘subire’ un paragone insostenibile, anche per un buon film quale si dimostra essere il lungometraggio diretto da Hiromasa Yonebayashi.
La storia è basata su quella dell'omonimo romanzo di Joan Gale Robinson, un classico della letteratura inglese per ragazzi. Protagonista è la dodicenne Anna, introversa e con qualche problema di salute. Orfana di entrambi i genitori, vive nella città di Sapporo con la madre adottiva che all'arrivo dell'estate decide di mandarla, con l'idea di sfruttare gli effetti curativi della campagna verso l’asma che affligge, in un villaggio sulla costa da dei parenti.
Dalla città alla campagna. Con il treno, come Taeko nel fenomenale Only Yesterday di Takahata. Non è l'unica scena, immagine che rimanda al resto della produzione Ghibli. Certi passaggi, alcune descrizioni (il giardino, il matsuri, a tavola) riportano facilmente ad altri film dello Studio giapponese. In questo senso tra le cose interessanti da notare la corrispondenza che si può intravedere tra questo film e l'altro diretto da Yonebayashi: Arrietty – Il mondo segreto sotto il pavimento. I problemi di salute del personaggio principale che trova conforto in figure particolari: da una parte la piccola creatura di nome Arrietty; dall'altra una misteriosa ragazzina bionda di nome Marnie che Anna incontra in una villa nella baia, raggiungibile con l'alta marea in barca, apparentemente disabitata. Tra i due si fa preferire decisamente quest'ultimo film. Più ambizioso, maturo, capace (compito non facile) di giocare con equilibrio convincente tra i generi, nel mischiare elementi onirici, di realismo e di fantasia. Manca forse, concentrato com'è su Anna e il suo rapporto con Marnie, nel caratterizzare meglio i personaggi di contorno. E per l'aspetto visivo, nonostante la cura dell'ambientazione, manca (anche, va detto, per il tipo di storia raccontata) qualche scena di quel dinamismo, magico, raffinato che appaga gli occhi degli appassionati dello Studio Ghibli.

Forse il giudizio positivo, ma non entusiasta è la sorte di tutti i film della casa di produzione non firmati Miyazaki o TakahataQuando c'era Marnie si inserisce comunque, esclusi i loro lavori, tra i migliori lungometraggi usciti da quella bottega di sogni il cui futuro incerto mette un po' di tristezza in tutti quelli che amano il cinema.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

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Fabio Canessa

Viaggio continuamente nel tempo e nello spazio per placare un'irresistibile sete di film.  Con la voglia di raccontare qualche tappa di questo dolce naufragar nel mare della settima arte.

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