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Project Gutenberg (Mo seung) - Recensione

Action thriller piuttosto atipico per il cinema di Hong Kong, Project Gutenberg si costruisce su una buona miscela tra canoni classici e scelte più originali con un finale convulso che capovolge in continuazione le prospettive

Scritto e diretto da Felix Chong, uno dei personaggi più in vista del cinema di Hong Kong, noto soprattutto per essere il padre della Trilogia di Infernal Affairs, nonché scrittore e co-regista con Alan Mak di un'altra trilogia, quella di Overheard, abituale collaboratore non solo di Alan Mak ma anche di altri autori del cinema dell'ex colonia britannica, Project Gutenberg è lavoro che ha riscosso grandi riconoscimenti, oltre che svariate nomination sia all'Asian Film Awards che all'Hong Kong Film Awards, soprattutto per la sua struttura narrativa che ne fa un thriller per molti aspetti ortodosso con i canoni del genere hongkonghese, ma per altri portatore di qualche novità o comunque di alcune scelte originali che hanno un po' stemperato l'aspetto action del film.
Project Gutenberg è un film che si basa per ben oltre i tre quarti su un lungo flash back: la storia inizia con il rimpatrio di Lee, un falsario detenuto in Thailandia che faceva parte di una banda che diversi anni addietro aveva messo a segno svariati colpi. La polizia è però sulle tracce del capo della organizzazione, il misterioso ed inafferrabile Painter che fu il boss di Lee; quest'ultimo insomma viene rimpatriato ad Hong Kong con il solo scopo di poter collaborare nel tentativo di mettere le mani sul capo della banda.
Dopo questo prologo, il film fa un salto indietro di svariati anni, ed inizia un lungo flashback che altro non è che il racconto delle gesta della banda che Lee rende alla polizia, attraverso il quale si delineano meglio i contorni del personaggio di Painter, spietato e privo di qualsiasi scrupolo.
Tornati al presente, il film riserva colpi di scena quasi in maniera compulsiva, creando un twist narrativo al centro del quale c'è la soluzione della storia.
Indubbiamente Project Gutenberg per essere un thriller, soprattutto nella prima parte, offre ben poca azione, focalizzandosi invece soprattutto sulla descrizione dei personaggi, soprattutto dapprima di Lee e della sua fidanzata Yuen, una coppia di artisti in cerca di gloria, in cui la seconda troverà la fortuna mentre l'uomo, in un gesto di ribellione sdegnata verso chi non capisce la sua arte, sfrutterà le sue grandi doti di finissimo copiatore per finalità criminali al soldo appunto di Painter. Tutto il racconto serve insomma per creare le premesse che portano al finale che riesce a fondere bene sia l'azione che lo studio psicologico dei protagonisti, non rinunciando però ad accennare almeno quelli che sono i capisaldi del film di genere (lealtà, vendetta, sacrificio) e concedendosi anche una citazione (non so in che termini voluta) di The Killer.
Certo i colpi di scena nell'ultima parte sono molti, spesso capovolgono in brevissimo tempo quanto di acquisito si era creato: tutta la struttura sembra avere modelli che vanno da Hitchcock al Bryan Singer de I soliti sospetti, ma nel suo complesso, al di là di qualche dubbio sulla parte finale, Project Gutenberg è lavoro bello, che riesce a catturare l'attenzione anche quando l'azione latita e che soprattutto sembra abbracciare situazioni e tematiche che tentano di discostarsi dai canoni classici del genere.

A consolidare il giudizio positivo sul film c'è la eccellente prova di Chow Yun-Fat, probabilmente la migliore degli ultimi anni, cui fa inevitabilmente da spalla, sebbene non di comprimario si tratti, Aaron Kwok, una accoppiata ben strutturata ed affiatata che sicuramente valorizza il film di Felix Chong, il quale da parte sua, dimostra di essere un solido mestierante, forgiato e temprato da anni di cinema, sia sotto l'aspetto della scrittura che della regia.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3.5

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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