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A Special Lady - Recensione (LEAFF 2017 - In concorso)

Esordio alla regia di Lee An-gyu (ex assistente di Kim Jee-woon), A Special Lady ambisce a essere un noir che rompe gli stereotipi del cinema thriller-gangsteristico coreano: un lavoro elegante a cui però manca una solida sceneggiatura

Poco dopo l’apparizione al Festival di Sitges, arriva a Londra in concorso al LEAFF 2017 il noir-thriller sudcoreano A Special Lady, del regista esordiente Lee An-gyu (ricordiamo che i film in competizione al LEAFF sono opere dirette da nuovi registi, con al massimo due anni di attività alle spalle). Lee ha lavorato nel team del noto regista Kim Jee-woon (The Age of Shadows, I Saw The Devil, The Good, The Bad, The Weird) prima di lanciarsi nel suo proprio progetto che ha scritto e diretto.
La Special Lady del titolo è Na Hyun-jung (Kim Hye-soo), una ex prostituta che, grazie alla sua costante fedeltà al boss Kim (Choi Moo-sung), è diventata il suo braccio destro nella gestione di una gang specializzata in prestiti a piccolo e medie imprese che se la passano male per poi ricattarne gli imprenditori appena il business si riprende. I malcapitati vengono irretiti in una trappola dove le esche sono delle ben istruite prostitute di uno speciale bordello in cui vengono filmati e poi ricattati. Sottoposto di Na è Im (Lee Sun-kyun), anche lui da molti anni nell’organizzazione, ma per il suo carattere violento e non troppo astuto cova un rancore e una sete di potere che, si capisce subito, non lo porteranno lontano. Na, dal canto suo, sogna di lasciare presto il lavoro per dedicarsi al figlio adolescente. Il ragazzo è stato finora tenuto all’oscuro dell’identità della madre e mantenuto in collegio dal boss Kim, che ha i suoi motivi per farlo. Nel frattempo il Procuratore Choi (Lee Hee-joon) è sul punto di rendere pubblico questo perfetto meccanismo messo in piedi da Kim, ma Choi che non è, lui stesso, uno stinco di santo, cade a sua volta nella trappola di sesso che la gang di Kim gli ha teso e viene tenuto a bada con il ricatto da Na. Tutto sembra essere di normale amministrazione e sotto controllo, ma una scheggia impazzita provoca una reazione a catena.
A Special Lady aspira ad essere un noir elegante e cerca di rompere lo stereotipo molto coreano del film thriller-gangster dove i protagonisti sono tutti uomini e le donne, se appaiono, sono relegate al ruolo di soprammobili. Il problema è che questo lavoro soffre di una sceneggiatura molto poco immaginativa, che in realtà non dice nulla di nuovo, e finisce per accentuare questi stereotipi. Na, a parte il look un po' eccentrico e curatissimo anche nelle più improbabili situazioni (anche questo uno stereotipo), non regala nulla di nuovo al genere, la sua unica motivazione nel film viene dall’essere mamma (sic) e la sua efficienza nel crimine sembra scaturire più da un senso di efficienza domestica che da reali pulsioni. A parte i pochi fatti svelati su di lei, non c’è molta storia emozionale dietro Na, o almeno non ce la fanno avvertire, ed è quindi difficile vederla come personaggio a tutto tondo e capire le sue azioni. Inoltre le vicende del film sono un'esplosione di violenza autodistruttiva generata da sete di potere, avidità e frustrazione, e fin qui nulla di male, ma il tutto è orchestrato senza alcuna logica. Questo rende veramente difficile credere che un'organizzazione che funziona perfettamente da anni possa autodistruggersi nel giro di minuti grazie ai suoi elementi-chiave che improvvisamente cominciano a fare l’opposto di quello che dovrebbero per ottenere quello che vorrebbero. L’unica spiegazione sembra essere una gran stupidità dei personaggi e questo non è leale nei loro confronti. Insomma, un espediente di sceneggiatura un po’ troppo banale ed è un vero peccato perché Kim Hye-soo è una delle mie attrici coreane preferite. Matura, intensa e incredibilmente versatile (Coin Locker Girl, Goodbye Single), con il copione giusto può fare faville.

Il regista Lee An-gyu ha stile e tecnica, che sicuramente ha assorbito nel suo lavoro con Kim Jee-woon, ma ha bisogno di delegare la sceneggiatura a un bravo mestierante per poter dare ai suoi personaggi una vita migliore e più dignitosa.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 2

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Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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