Recensioni film in sala

Ti trovi qui:HomeCinema e dintorniIn salaWeekend - Recensione

Weekend - Recensione

Weekend - Andrew Haigh - 2016 A distanza di alcuni anni dall'uscita arriva nelle sale italiane Weekend, secondo lungometraggio di Andrew Haigh. Una toccante storia d’amore raccontata con sensibilità e grande naturalezza

Complice il successo del suo ultimo film, dopo anni di colpevole ritardo della distribuzione italiana, grazie a Teodora Film arriva finalmente nelle sale Weekend (2011), il secondo lavoro del regista inglese Andrew Haigh. Si tratta di un’opera certamente intensa, che mostra già elementi precoci di quella raffinatezza narrativa apprezzata in 45 anni (2015), pellicola con cui è possibile tracciare più di un parallelismo.
La trama ruota intorno a due giovani: Glen (Chris New), artista spigliato e disinibito che affronta con grande spontaneità la propria vita affettiva, e Russel (Tom Cullen), timido e introverso non ancora pienamente a suo agio nel vivere la propria omosessualità. I due si conoscono occasionalmente un venerdì e, spinti dalla reciproca attrazione, si lasciano travolgere dalla passione. Il loro incontro fortuito sembrerebbe destinato a far nascere un legame profondo, ma il lunedì Glen dovrà partire per gli Stati Uniti. Non resta che un weekend per amarsi e dare senso a un sentimento in grado di riscattare pregiudizi e paure, abbandonandosi a una disperata ricerca di felicità, capace di trovare anche nel dolore di una separazione nuove speranze e motivazioni.
La sceneggiatura di Haigh è abile nel tratteggiare con garbo e toccante partecipazione i risvolti più intimi dell’animo dei protagonisti. Si tratta di un approccio non ancora pienamente maturo, che evidenzia alcune spigolosità nella caratterizzazione e nella psicologia dei personaggi, riconducibili a categorie ben delineate e tipiche del mélo. Anche l’evoluzione narrativa avviene secondo uno schema sostanzialmente prevedibile, non privo di dialoghi in cui si avverte il tentativo non perfettamente riuscito di coniugare la presenza invisibile dell’autore con la necessità di realismo. Tuttavia la forza del film risiede proprio nei sottesi, nei silenzi carichi di significati, negli sguardi che sembrano sondare l’interiorità dei due ragazzi. Il merito di Haigh è proprio quello di ricondurre questa storia d’amore a una dimensione di quotidiana intimità (ambientando quasi tutto il lungometraggio all’interno di un appartamento), restituendo ai sentimenti in gioco quella naturalezza che li contraddistingue e li qualifica. Per questo Weekend non ha bisogno di essere una pellicola militante o provocatoria, anzi rifugge etichette e facili classificazioni schierandosi unicamente dal lato di quella affettività che non conosce preconcetti e falsi moralismi. Lo fa non risparmiando scene esplicite che raramente siamo abituati a vedere sullo schermo, filtrate però sempre da una autenticità ammirevole. La sceneggiatura evita anche di idealizzare le vicende con facili eccessi, mostrando con efficacia anche le pieghe nascoste e meno accattivanti della relazione fra i protagonisti. Certo alcune scelte sono meno felici e ricadono in stereotipi evitabili, però tutto avviene con una sorta di pudore che addolcisce anche i momenti più sfrontati, negando spazio alla volgarità.
Come per 45 anni anche qui troviamo il tema della persistenza dei sentimenti attraverso il tempo, ma se nell’ultimo lavoro di Haigh si aveva una dilatazione attraverso i decenni dell’impatto degli avvenimenti sui personaggi, in Weekend c’è una contrazione destinata a produrre un’eco altrettanto durevole. Una risonanza di cuori fatta di desideri forse inappagati, ma destinati comunque a segnare due esistenze. L’affermazione di questa consapevolezza non è mai ostentata sullo schermo, ma anzi appena sussurrata, quasi trattenuta sulle labbra dal bacio pubblico che i due attori si scambiano nel bel finale del film. Una scena in cui un gesto solo apparentemente semplice e comune acquisisce nuova forza.
Il regista declina l’intero racconto con un minimalismo che colpisce per verosimiglianza, a partire dalla scelta di girare in una Nottingham poco caratteristica, più vicina alle vite dei personaggi. Interessante l’alternanza di interni ed esterni (che fa da filo conduttore ideale anche con 45 anni), con le scene di intimità riprese attraverso inquadrature strette contrapposte simbolicamente a quelle al di fuori dell’appartamento (in cui la dimensione pubblica viene a collidere). Haigh mostra una particolare sensibilità nella messa in scena, forse non particolarmente ricca a livello visivo, ma elegante e capace di evitare facili sentimentalismi affidandosi alle buone interpretazioni dei due attori protagonisti, bravi ed efficaci nei rispettivi ruoli.

Weekend è una pellicola sotto alcuni aspetti immatura, ma in grado di coinvolgere lo spettatore col suo equilibrio fragilissimo e prezioso di emozioni. Nel suo Frammenti di un discorso amoroso Roland Barthes scriveva che “il discorso amoroso è oggi d’una estrema solitudine”, e rivendicava una sua affermazione. Il film di Haigh prova a scandire tale affermazione, dando voce a quella solitudine di cui il pubblico è primo testimone.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3.5

  Vai alla scheda del film
  Trailer del film


Video

Simone Tricarico

Pensieri sparsi di un amante della Settima Arte, che si limita a constatare come il vero Cinema sia integrale riproduzione dell’irriproducibile.

Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove indicato.
Codice HTML non è permesso.

Questo sito utilizza cookie per il suo funzionamento. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi avere maggiori informazioni, leggi la Cookies policy.