The Conspirator
- Scritto da Francesco Siciliano
- Pubblicato in Film in sala
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È il 1865: gli Stati Uniti sono ancora dilaniati dalla guerra civile tra Unionisti e Confederati. Il complesso e faticoso processo di riappacificazione tra gli Stati del Sud e quelli del Nord rischia di essere compromesso quando il presidente Abramo Lincoln perde la vita a causa di un attentato ordito da un gruppo di cospiratori favorevoli alla secessione. Otto persone vengono arrestate con l’accusa di essere gli ideatori e gli esecutori dell’assassinio. Tra di loro c’è una donna, Mary Surratt, la madre di uno degli attentatori scampati all’arresto, la quale si professa innocente ed estranea alle accuse. Nessuno le crede, men che meno il tribunale militare che ha il compito di giudicarla. L’unico che la pensa diversamente è il suo avvocato, il giovane Fredrick Aiken, ex valoroso militare nordista, convinto che la donna sia diventata un capro espiatorio con cui il tribunale vuole vendicare la morte di Lincoln per mano del figlio. Nonostante rischi di diventare un traditore agli occhi dell’opinione pubblica e delle élite politiche, Fredrick fa di tutto per portare a galla la verità sulla cospirazione e far così trionfare la giustizia.
Con The Conspirator, Robert Redford torna al thriller politico, quattro anni dopo Leoni per agnelli, portando sullo schermo una pagina di storia americana. Pur partendo dal thriller, però, il film diventa presto anche una sensibile analisi della sofferenza di due esseri umani, Mary Surratt e Fredrick Aiken, totalmente diversi tra loro, che solo se riescono a comunicare ed a fidarsi riusciranno ad uscire vincenti da una vicenda in cui sono in gioco la vita dell’una ed il prestigio dell’altro.
Redford incrocia quindi i modi spettacolari del legal-thriller e quelli intimisti del dramma storico. La particolarità del film
sta però nel realismo quotidiano con cui viene messa in scena la sua parabola giudiziaria: ci sono complotti eccezionali, macchinazioni diaboliche, ma il tutto si sviluppa in un veritiero e dettagliato avvicendarsi di eventi. Funzionano la determinazione ed il vitalismo di Robin Wright nei panni del personaggio di Mary, il carisma di James McAvoy nel ruolo dell’avvocato, la presenza di tanti attori di prima classe (da Kevin Kline ad Evan Rachel Wood a Tom Wilkinson). Ed è abile la regia di Redford che, com’è tipico del suo cinema, sa sempre arrivare con pochi tratti concisi al nocciolo della questione, garantendo tensione e ritmo al film a dispetto di una trama intricata. Con il suo implacabile crescendo, il regista realizza un piccolo miracolo di equilibrismo, sforzandosi di farci comprendere i valori, i pregiudizi, le debolezze e le convinzioni di ciascuno dei personaggi coinvolti nel processo, al fine di mostrare non tanto la plausibilità di condanna o assoluzione di Mary, quanto quello che le persone che le stanno intorno hanno maturato nella mente o nelle viscere.
Redford firma così un duro apologo sull’inestricabile intreccio di torti e ragioni per cui negli Stati Uniti la disillusione ed il risentimento rischiano, ieri come oggi, di minimizzare o addirittura di rifiutare la naturale freddezza della legge. Malgrado la staticità di alcune situazioni, è nel suo genere un lavoro pregevole in cui l’interesse non viene mai meno.
Con The Conspirator, Robert Redford torna al thriller politico, quattro anni dopo Leoni per agnelli, portando sullo schermo una pagina di storia americana. Pur partendo dal thriller, però, il film diventa presto anche una sensibile analisi della sofferenza di due esseri umani, Mary Surratt e Fredrick Aiken, totalmente diversi tra loro, che solo se riescono a comunicare ed a fidarsi riusciranno ad uscire vincenti da una vicenda in cui sono in gioco la vita dell’una ed il prestigio dell’altro.
Redford incrocia quindi i modi spettacolari del legal-thriller e quelli intimisti del dramma storico. La particolarità del film

Redford firma così un duro apologo sull’inestricabile intreccio di torti e ragioni per cui negli Stati Uniti la disillusione ed il risentimento rischiano, ieri come oggi, di minimizzare o addirittura di rifiutare la naturale freddezza della legge. Malgrado la staticità di alcune situazioni, è nel suo genere un lavoro pregevole in cui l’interesse non viene mai meno.
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