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The Hunter – Il cacciatore

La locandina internazionale di The Hunter - Il cacciatoreUn vigilante a cui hanno ucciso moglie e figlia imbraccia il fucile per soddisfare la sua sete di giustizia. Dall’Iran la parabola di un uomo alla deriva: una bomba ad orologeria pronta ad esplodere ed a mandare in frantumi una società in cui non c’è certezza del diritto. Rafi Pitts, regista di punta del panorama iraniano, riflette sul clima di tensione a Teheran e dintorni  
A Teheran Alì, un vigilante con la passione per la caccia, vuole ricostruirsi una nuova vita insieme alla sua famiglia dopo aver trascorso un periodo in carcere. Nonostante i massacranti turni di notte a cui è sottoposto, fa di tutto per passare più tempo possibile con la moglie e la figlioletta. Tutti i suoi progetti sul futuro vanno in frantumi a causa della morte apparentemente accidentale della moglie, colpita da un proiettile durante uno scontro tra la polizia ed i manifestanti antigovernativi, e della conseguente scomparsa della figlia, di cui si sono perse misteriosamente le tracce. La frustrazione e l’orrore per la tragedia crescono giorno dopo giorno nell’uomo, fino a portarlo sull’orlo della follia in seguito alla scoperta della polizia che anche la figlia è morta. Convinto che le autorità nascondano la verità su quello che è accaduto alla moglie e alla figlia, Alì decide di imbracciare il fucile per sfogare la sua sete di giustizia. Finirà per spingersi oltre ogni limite.

Cinico ed amaro, The Hunter – Il cacciatore tocca il nervo scoperto dei turbamenti sociali in Iran. E lo fa attraverso un racconto morale che, in un susseguirsi di avvenimenti placidamente crudeli, mette a confronto i valori di un uomo alla disperata ricerca di giustizia per la morte dei suoi familiari uccisi in circostanze poco chiare e di un sistema autoritario opprimente in cui non c’è certezza del diritto. Il tutto grazie ad uno script che non perde un colpo e che, oltre ad iscrivere la sua tragedia in un quadro di allucinante normalità, fa di ogni personaggio una ‘porta aperta’ sulla realtà iraniana.
Una scena del filmSenza esibire fiotti di sangue, Rafi Pitts, tra i cineasti di punta del panorama iraniano, lavora sulle atmosfere e sulla tensione psicologica ben coadiuvato dalla caratterizzazione del personaggio di Alì (cui lo stesso regista presta il volto), una presenza forte e vibratile. Pitts non si lascia prendere dalla tentazione di fare spettacolo con l’azione: non si diverte a fare il furbo con lo spettatore, non cerca di stupirlo, bensì preferisce immergerlo dentro le pulsioni di un uomo imprigionato in un incubo, rendendogli sempre più urgente il bisogno di scoprire, insieme a lui, le vere ragioni della morte dei suoi familiari. A dominare è la freddezza: nell’approccio alla storia, nel disegno del protagonista, nelle reazioni con cui fa fronte ai cambiamenti, a cominciare da quella molla indecifrabile che si rompe nella sua coscienza e lo spinge a cercare una sorta di vendetta, pur sapendo di non fare vera giustizia.
Anche per merito dell’interpretazione di Pitts, che sembra fare del male con naturalezza come una brava persona travolta dalla solitudine, il film svolge in modo convincente la sua paradossale tesi, fino al finale pessimista, con il professionismo di un autore impegnato che esplicita un tema collettivo come un dramma sociale dalle venature noir.

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