The Shape of Water - Recensione (Venezia 74 - In concorso)
- Scritto da Davide Parpinel
- Pubblicato in Film fuori sala
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All'inizio degli anni Sessanta tra Stati Uniti e URSS si consuma una particolare battaglia per la conquista dello spazio. Se i sovietici hanno già mandato in orbita un cane, Laika, e progettano a breve di lanciare anche un astronauta, gli americani sono un po' indietro. In tutta fretta, quindi, conducono un esperimento segreto nei meandri di una base aerospaziale. Qui lavora, come addetta alle pulizie, Elisa, una donna rimasta orfana e muta che vive sola in un piccolo appartamento sopra un cinema. Un giorno come gli altri Elisa sta pulendo uno dei laboratori nel momento in cui qui è portato uno strano essere all'interno di una capsula piena d'acqua. Con il passare dei giorni la curiosità di Elisa cresce e riesce così a scoprire che questo strano individuo è un mostro acquatico che gli americani studiano sottoponendolo a sevizie e torture. La donna si avvicina a lui per compassione, dimostrandogli interesse e affetto. Quando però arriva la decisione di ucciderlo per sezionarlo, Elisa non può lasciare che ciò accada: con l'aiuto del suo vicino di casa Richard e di Zelda, una sua collega, e anche con una piccola spintarella di uno scienziato russo infiltrato nella base, la donna riesce a portare fuori dal laboratorio il mostro e lasciare che il loro affetto si tramuti in amore e passione.
Il nucleo narrativo dell'ultima pellicola di Guillermo del Toro ruota attorno al sentimento dell'amore. La forma dell'acqua del titolo non è altro che l'amore che, appunto, come il liquido si espande senza forme, dimensioni e carattere e può irradiare chiunque, essere viventi ed esseri fantastici. Questo è il presupposto. Il risultato è un film che riempie gli occhi di bellissime immagini, di colori brillanti e suoni delicati. La macchina da presa di del Toro gira attorno alla scena e ai personaggi immergendo, così, chi osserva in questa storia d'amore e nel connesso contesto magico. La narrazione, infatti, travalica la realtà anche storica, la quale viene richiamata in particolare negli arredi e nei costumi originali dell'epoca e nei film classici. Giles (interpretato da Richard Jenkins), illustratore e pittore squattrinato, alle prese con la modernità della fotografia che compromette il suo lavoro di creatore di pubblicità, in televisione cerca costantemente film dell'epoca d'oro del cinema americano. La sala cinematografica, inoltre, sottostante il suo appartamento e quello di Elisa (Sally Hawkins) ha una programmazione continua che propone vecchi classici. Il cinema non è molto frequentato, seppur susciti un fascino assoluto anche nel mostro che rimane incantato a guardare un film nella grandiosa sala durante la sua fuga fuori dal laboratorio. L'atmosfera di The Shape of Water è dunque ammaliante. Il passaggio da presupposto a testo è tutto qui.
Questo apparato di immagini non suona come già visto? Atmosfere magiche di amori impossibili e fuori dagli schemi non sono state già affrontare da buona parte del cinema in anni passati? Bisogna riconoscere, allo stesso tempo, a del Toro, co-sceneggiatore della pellicola insieme a Vanessa Taylor, di aver scritto una storia senza falle. L'innamoramento tra Elisa e il mostro è credibile, in un contesto di fantasia, nel suo piccolo arricchirsi di piccoli gesti d'amore, fino alla scena in cui i due nell'acqua e nell'amore si associano in un'unica entità. La domanda però è sempre la stessa: tutto ciò non è già stato ampiamente narrato dal cinema? La scelta degli sceneggiatori di caratterizzare Elisa come fantastica, drammatica e muta perché in grado di parlare solo il linguaggio dell'amore, il mostro come buffo nell'approcciarsi ai sentimenti e forte dell'amore ricevuto, Richard in una macchietta, Zelda (Octavia Spencer) ironica e sarcastica inserviente di colore abbondante fisicamente, e Strickland (Michael Shannon), un terribile capo della sicurezza, provocano nel film la completa perdita di originalità, di credibilità e di fascino nello spettatore.
Tutto questo ammiccamento pretestuoso al pubblico, infatti, fatto di piccoli dettagli e grandi sentimenti, oltre che nell'uso pretestuoso del cinema classico, più mezzo per sorridere che vero aggancio narrativo con la storia, non lascia memoria o voglia di ripetere la visione, per invece stanziarsi nella retorica. Il cinema non è solo immagini, ma anche una storia che possa attrarre perché nuova, proprio perché la fantasia come l'acqua e l'amore non deve e non può avere limiti.

Davide Parpinel
Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.
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2 commenti
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Davide P Domenica, 03 Settembre 2017 14:47 Link al commento
Dalle forme d'arte è sempre stato lecito attendersi originalità e nuovi indirizzi di pensiero. La nostra società è certamente satura di idee e forme di espressione, eppure la cinematografia, come altre forme d'arte, riesce ancora a proporre idee originali in forme innovative. Questo ha caratterizzato anche il cinema di Guillermo del Toro, ma non questa volta.
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Sol Sabato, 02 Settembre 2017 22:33 Link al commento
Mi sembra alquanto ozioso parlare di originalità al giorno d'oggi.
Quasi tutti i film che andiamo [e non] andiamo a vedere non hanno ormai più nulla di originale. E vorrei ben vedere, dopo quattromila e più anni che noi piccoli esseri umani scriviamo, produciamo, realizziamo arte (che sia letteratura o teatro, cinema o pittura).
Impostare tutta una recensione su ciò lascia un po' il tempo che trova.
... Posto che, naturalmente, io il film (purtroppo) non l'ho ancora visto.