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Mifune: The Last Samurai - Recensione (Venezia 72 - Classici e documentari sul cinema)

Toshiro Mifune e Akira Kurosawa nel documentario Mifune: the Last SamuraiVita e carriera di Toshiro Mifune, il leggendario attore giapponese, prima star asiatica a livello internazionale, che ha segnato la storia del cinema soprattutto con le sue memorabili interpretazioni in tanti film di Akira Kurosawa

1965. Alla Mostra del Cinema di Venezia viene presentato Barbarossa di Akira Kurosawa. Il protagonista è Toshiro Mifune, che per l'interpretazione dell'indimenticabile medico del villaggio vince la Coppa Volpi come miglior attore. Mezzo secolo dopo il film viene riproposto al Lido per la sezione Venezia classici che insieme a capolavori restaurati include anche una selezione di documentari. Tra questi Mifune: The Last Samurai sul leggendario attore, simbolo del cinema giapponese. Un omaggio firmato dal regista americano, di chiare origini nipponiche, Steven Okazaki.
Dalla fine della Seconda guerra mondiale a metà degli anni Novanta. Cinquant'anni di cinema. Intensi, vissuti da protagonista perché uno così, con quel volto, quel carisma, quell'energia non poteva essere relegato sullo sfondo. Una carriera lunga quella di Mifune caratterizzata prima di tutto dalla lunga collaborazione con Kurosawa. Sedici film insieme in diciotto anni, quasi tutti memorabili (impossibile non citare almeno Rashomon e I sette samurai), a sancire uno dei sodalizi regista-attore più importanti di sempre. Sulla rottura, dopo appunto Barbarossa, Okazaki sostanzialmente glissa ricordando gli impegni di Mifune anche con la sua casa di produzione (la Mifune Productions) e la crisi agli inizi degli anni Settanta di Kurosawa che poi si sarebbe ripreso con nuovi capolavori come Kagemusha e Ran con protagonista l'altro grande volto simbolo del cinema giapponese, Tatsuya Nakadai. Dispiace e un po' sorprende la sua assenza nel documentario. L'attore, ancora in vita, divise la scena con Mifune in alcuni film: viene citato di passaggio La sfida del samurai (prima Coppa Volpi per Mifune per il ruolo poi ripreso in chiave western da Clint Eastwood in Per un pugno di dollari di Sergio Leone), ma dimenticato per esempio un grande film come Samurai Rebellion di Masaki Kobayashi. Tra l’altro una delle migliori interpretazioni di Mifune. Uno dei vertici del cinema sui samurai, genere di cui il documentario ricostruisce nella prima parte l'evoluzione a partire dagli anni Venti (uno dei passaggi più interessanti del film) per poi passare forse troppo bruscamente a Mifune, giovane arruolato che partecipa alla guerra (esperienza che lo segnerà profondamente, come ricordano anche le parole del primogenito Shinzo Mifune) e nel Giappone che esce dalla devastazione del conflitto diventa attore.
Se giustamente grande spazio è dedicato alla collaborazione con Kurosawa, un'esperienza spesso divisa con il grande Takashi Shimura che fu più di un collega, una sorta di fratello maggiore per Mifune, il documentario pecca nel non offrire allo spettatore un quadro più completo della carriera dell'attore. C’è ovviamente il riferimento a un altro sodalizio fondamentale nella sua carriera, quello  con il regista Hiroshi Inagaki (che lo diresse, tra i vari film, nella trilogia dedicata a Miyamoto Musashi e in L’uomo del risciò che vinse il Leone d’Oro nel 1958), ma vengono saltati importanti ruoli che avrebbero meritato almeno un accenno. Per indicarne uno, quello in A Wife's Heart di Mikio Naruse. Una di quelle interpretazioni che dimostrano come Mifune non fosse solo attore da katana. La sua capacità di entrare nel personaggio, di caratterizzarlo, di viverlo per tutta la durata le riprese, la raccontano diversi intervistati da Okazaki. Come Yoshio Tsuchiya che più di una volta recitò al suo fianco.
Non mancano nella ricostruzione della vita dell’attore aneddoti sulla vita personale, come la passione per le auto sportive e l’alcol, e quella professionale, come il rifiuto del ruolo di Obi-Wan Kenobi in Guerre stellari. Tra i colleghi intervistati merita una citazione particolare Kyoko Kagawa, straordinaria attrice che ha lavorato in alcuni dei più importanti film di Yasujiro Ozu (Viaggio a Tokyo), Kenji Mizoguchi (L’intendente Sansho, Gli amanti crocifissi) e, con Mifune, di Kurosawa (Anatomia di un rapimento, Barbarossa). A lei Okazaki affida la lettura di una commovente lettera che il regista scrisse alla morte di Mifune nel dicembre del 1997. Nemmeno un anno dopo sarebbe scomparso anche lui. L’ultimo Imperatore e l’ultimo Samurai del grande cinema giapponese.

Attraverso la figura del leggendario attore, il documentario di Okazaki è un omaggio a tutto quel cinema. Un buon prodotto divulgativo. Semplice. Agile. E forse questo è anche il suo difetto. La grandezza di Mifune meritava un approfondimento maggiore per soddisfare completamente gli appassionati.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

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Fabio Canessa

Viaggio continuamente nel tempo e nello spazio per placare un'irresistibile sete di film.  Con la voglia di raccontare qualche tappa di questo dolce naufragar nel mare della settima arte.

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