Recensioni film ai festival, in home video, streaming e download

Ti trovi qui:HomeCinema e dintorniFuori salaJunun - Recensione (Festa del Cinema di Roma 2015)

Junun - Recensione (Festa del Cinema di Roma 2015)

Junun - Paul Thomas Anderson - 2015 Paul Thomas Anderson dirige il suo primo personalissimo documentario. Un esperimento sensoriale che sfugge agli schemi tradizionali e immerge lo spettatore in un fascinoso viaggio all’interno della musica e dei suoi processi creativi

Nella primavera del 2015 il polistrumentista Jonny Greenwood (chitarrista dei Radiohead), il compositore israeliano Shye Ben-Tzur e un gruppo di musicisti indiani (The Rajasthan Express) si riuniscono nel forte Mehrangarh a Jodhpur per una lunga serie di jam session e registrazioni dal vivo. L’esperienza dura circa tre settimane, al termine delle quali prende forma l’album Junun, concentrato affascinante di sonorità e sensibilità multietniche da cui trae il titolo l’ultimo lavoro di Paul Thomas Anderson.
Il regista californiano ha partecipato infatti personalmente alle fasi di sviluppo del progetto, seguendo da vicino i protagonisti e documentandone la stimolante e inedita collaborazione. Il risultato è un condensato trascinante di suoni e immagini (la durata è di soli 54 minuti) che abbandona ogni struttura narrativa e si affida unicamente alla forza seducente del ritmo musicale, suggerita fin dalla prima simbolica inquadratura a simmetria circolare. Non viene fornita nessuna spiegazione allo spettatore, i personaggi non sono neanche presentati (se non alla fine, sui titoli di coda): tutto sembra rimarcare l’importanza primaria dell’abbandonarsi totalmente a un’atmosfera immersiva di contaminazioni percettive.
Paul Thomas Anderson realizza una sorta di 'sinestesia' cinematografica, nascondendo la sua figura ingombrante di autore e astraendo il proprio punto di vista spostandolo continuamente all’interno e all’esterno della scena, passando dai primi piani ravvicinati alle riprese aeree effettuate con un drone al di fuori della maestosa fortezza. Girato interamente in digitale con movimenti di camera volutamente imperfetti e inquadrature sporche (con ostacoli che bloccano le soggettive e aggiustamenti ripetuti della messa a fuoco), Junun sembra essere la testimonianza discreta di un osservatore che segue con distacco il gruppo di musicisti in presa diretta. Proprio queste piccole sbavature (apparentemente insolite per un regista dalla precisione formale come Paul Thomas Anderson) sono indicatrici dell’intenzione di limitare al minimo ogni inutile eccesso stilistico, in modo da dare pieno spazio alla sola musica e all’esperienza dello spettatore, senza tuttavia eclissare la personalità dell’autore. La sensibilità del regista emerge comunque nel crescendo continuo di ritmo, che porta a un finale catartico e liberatorio. 
Il documentario riesce a sfruttare al massimo la propria durata, dosando i pochi dialoghi con frammentarietà rivelatrice e alternando gli interni Mehrangarh agli improvvisi voli in verticale della camera da presa. La consolidata collaborazione fra Paul Thomas AndersonJonny Greenwood (compositore delle colonne sonore dei suoi ultimi tre film: Il petroliere, The Master e Vizio di forma) ha senza dubbio influito nella realizzazione del progetto, tuttavia non emerge mai un quadro familiare o intimo, e lo stesso chitarrista rimane sempre ai margini della scena, in cui solo la musica è protagonista. Questo effetto è accentuato dalla moltiplicazione delle sonorità, dalla grande varietà degli strumenti e dalla mescolanza di riferimenti e influenze (partendo dal qawwali sacro dei sufi, fino ad arrivare al canto devozionale ebraico): una polifonia armonica in cui i singoli elementi contribuiscono esaltando nella fusione creativa la propria individualità.

Junun è un tributo gioioso alla forza vitale della musica e del cinema, un lavoro singolare nella filmografia dell'autore che dimostra una carica espressiva pregevole. La pellicola è stata presentata a Roma quasi in contemporanea con il New York Film Festival, ed è disponibile dal 9 ottobre in streaming sulla piattaforma online Mubi. Un'ulteriore conferma del carattere indipendente di un prodotto che non segue i classici schemi della grande distribuzione.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3.5

  Vai alla scheda del film
  Trailer del film

Video

Simone Tricarico

Pensieri sparsi di un amante della Settima Arte, che si limita a constatare come il vero Cinema sia integrale riproduzione dell’irriproducibile.

Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove indicato.
Codice HTML non è permesso.

Questo sito utilizza cookie per il suo funzionamento. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi avere maggiori informazioni, leggi la Cookies policy.