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Hei chu you shen me (What's in the Darkness) - Recensione (London Film Festival 2016)

Opera prima di Wang Yichun che sta facendo il giro di vari festival internazionali: un film sincero, ironico e maturo nei contenuti sul tema della scoperta della sessualità da parte di una ragazza nella Cina semi-rurale degli Anni '90

Dopo la misteriosa scarsità di film asiatici nei recenti festival di Cannes e Venezia, anche Londra sembra essersi allineata a questa tendenza. What's in the Darkness (Hei chu you shen me) che partecipa in competizione nella sezione First Feature (Opera Prima) è l’unico film cinese in tutto il Festival di Londra che comprende ben 248 opere.
C’è un piccolo interessante aneddoto dietro questo film, un percorso di amore e perseveranza che vale la pena accennare. La regista Wang Yichun aveva scritto la storia una ventina di anni fa in memoria del padre appena scomparso, ispirandosi alla propria esperienza personale di adolescente all’inizio degli Anni ‘90 in Henan, nella Cina semi-rurale. Il racconto era nato per essere un libro poiché Wang Yichun in realtà lavora in advertising e giornalismo e non ha mai avuto niente a che fare con l’industria cinematografica. Poi piano piano è nata l’idea di farne un film e ci sono voluti molti anni prima che l’autrice trovasse i fondi per realizzarlo e si improvvisasse regista. Il prodotto artigiano di tutto ciò è un film sincero, ironico e maturo nei contenuti, che sta girando per vari festival importanti.
È l’inizio dell’estate del 1991 in Henan, un’estate che porterà importanti cambiamenti e risvegli nella vita dell’adolescente Jing (Su Xiaotong). Il film comincia con un buffo 'post mortem' che il padre di Jing, Qu Zhicheng (Guo Xiao), fa ad un maiale al mercato per provarne la poca freschezza, suscitando le ire del macellaio e lo scorno di Jing. Qu, apprendiamo subito, è un poliziotto del paese, affettuoso con Jing ma molto pragmatico ed estremamente rigido in campo morale, alle prese con un caso che ha turbato la quiete della loro cittadina di provincia. Nella campagna circostante infatti è stato ritrovato il cadavere di una ragazza violentata e tutti, compresa Jing, sono combattuti tra preoccupazione, orrore e curiosità per questo evento. L’autorità si dimostra presto inefficace: un’altra vittima viene ritrovata prima che sia fatto un solo passo avanti nell’indagine e il capo della polizia si vede costretto ad offrire una promozione a chi smaschererà l’assassino. Questo rende ancora più patetica la ricerca del colpevole, inficiando le indagini con la chimera di carriera, tanto che un collega di Qu finisce per estorcere con la forza una confessione da un povero malcapitato.
In questo piccolo mondo vaga Jing, che sta scoprendo la sua sessualità, con tutte le curiosità e i dubbi che questo processo coinvolge e il film lentamente lascia sullo sfondo la vicenda investigativa e focalizza sulla pubertà della ragazza e ciò che le gravita intorno: le stanche dinamiche di coppia dei genitori, i goffi espedienti per soddisfare le mille curiosità adolescenziali sul sesso, la sua compagna di classe Zhang Xue (Lu Qiwei), più bella e spigliata da cui è incuriosita e infastidita. Allo stesso tempo Jing è tormentata dal padre che le nega qualsiasi vezzo femminile, persino andare in bicicletta, ed è costantemente trattata come una stupida dalla madre, distante e disillusa. Le si chiede di mantenere un codice morale rigidissimo mentre tutti sembrano ignorarlo, compresa la polizia che dà prova di corruzione e inettitudine. Mentre il padre di Jing suggerisce in sintesi che ogni espressione di femminilità ispiri e istighi comportamenti violenti, tutto invece fa pensare che la comunità che li circonda sia fortemente danneggiata proprio da questa repressione del desiderio. Il titolo (traduzione letterale del mandarino) è piuttosto esplicito in questo senso.
Quest’estate formativa e di metamorfosi per Jing permette all’autrice di evidenziare l’ipocrisia che circonda la ragazza, ipocrisia di un Paese che, in linea con la piccola donna, agli inizi degli Anni '90 stava cambiando pelle e passando rapidamente all’età del capitalismo. Passato e presente, però, sembrano incontrarsi nella noia di Jing. Nei suoi occhi stufi dei continui rimbrotti morali c’è un barlume di speranza che la nuova generazione di donne sia in grado di prendere coscienza della propria sessualità e ruolo sociale.

What's in the Darkness lascia a tratti un senso di incompletezza ma si fa amare grazie anche alla naturalezza della protagonista e alla schiettezza del tema, che lo distacca dalla maggioranza dei film cinesi mainstream dove il passato nella provincia rurale è spesso ritratto con romantica nostalgia.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

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Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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