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Cemetery of Splendour - Recensione (London Film Festival 2015)

In un piccolo ospedale nel nord della Thailandia dei soldati giacciono addormentati in preda ad una misteriosa malattia del sonno: il mondo fantasioso ed ipnotico di Apichatpong Weerasethakul riprende vita con un film poetico

Cemetery of Splendour, il nuovo film del regista ed eclettico videoartista thailandese Apichatpong Weerasethakul, apparirà enigmatico a chi lo approccia per la prima volta, ma risulterà familiare a chi ha dimestichezza con i suoi lavori precedenti perché riprende simili tematiche e dinamiche. Per poter essere stregati dal suo mondo fantasioso ed ipnotico bisogna avere un po’ di apertura verso una narrazione non tradizionale, più stratificata che lineare. Più che una storia, ci sono luoghi e storie.
C’è un’ex scuola trasformata in un piccolo ospedale di campagna nel nord-est della Thailandia, dove una dozzina di soldati giacciono addormentati, in preda ad una misteriosa forma di catalessi. Dormono supini come salme tranquille, si svegliano a tratti per brevi periodi e improvvisamente collassano di nuovo. Accanto a loro delle volontarie si occupano di far loro compagnia, lavarli e parlargli. Una di loro è Keng (Jarinpattra Rueangram) che ha un innato talento psichico e usa i suoi poteri per comunicare con i dormienti e aiuta i famigliari facendo da tramite con loro. C’è poi un’altra volontaria, Jenjira (Jenjira Pongpas Widner, che lavora regolarmente con Weerasethakul), una donna di mezza età con una gamba disabile che con pazienza e dolcezza materna si cura del soldato Itt (Banlop Lomnoi, anche in Tropical Malady, diretto da Weerasethakul nel 2004). Jenjira sta accanto a Itt mentre dorme e cerca di conoscere qualcosa di lui leggendo i suoi appunti su un taccuino e quando si sveglia passano del tempo insieme chiacchierando e passeggiando. Nell’ospedale vengono installate delle lampade fluorescenti collegate ai soldati che dovrebbero liberarli dagli incubi e alleggerire il loro sonno. Questi tubi vegliano su di loro cambiando lentamente colore e creando un’atmosfera molto potente e surreale. Jenjira intanto viene visitata da due ragazze dall’aspetto molto normale che in realtà sono due divinità laotiane che le rivelano che l’ospedale è costruito dove un tempo c’era una reggia e dove sono sepolti il re e i suoi guerrieri che ancora oggi combattono nel mondo dei morti. I soldati addormentati sono posseduti dal re e dai guerrieri che succhiano le loro energie mantenendoli in questo stato sospeso.
Anche in questo film la realtà, il mondo degli spiriti e dei morti si alternano e si stratificano in piani sottili. Nel mondo onirico di Cemetery of Splendour il mito, la banalità del quotidiano, la storia e il fantastico coesistono in maniera del tutto naturale in un gioco di strati e di livelli. Il presente poggia sopra il passato, il letto dove giace addormentato Itt che si trova nel posto dove un tempo c’era il banco di scuola di Jenjira. E come i soldati addormentati, il turbolento presente politico della Thailandia dorme sopra il suo glorioso passato che ne vampirizza le energie.
C'è qualcosa per tutti in questo film, a patto che si sappia recepirlo. Bisogna arrendersi e lasciarsi possedere dalla forza gentile delle immagini e dalla dolcezza musicale dei dialoghi in thailandese (non riesco ad immaginare questo film doppiato). Solo così ognuno sarà in grado di trovarvi qualcosa che farà scattare un ricordo, un sentimento e una commozione dentro di noi.
A me a colpito molto la parte in cui Keng si fa tramite di Itt che giace addormentato e accompagna Jen nel palazzo reale. Le due camminano, sono insieme ma sue due livelli differenti. Keng è nel palazzo, nel sonno/sogno di Itt e Jenjira nel parco. Entrambe raccontano storie dei due piani di percezione in cui si muovono: Keng descrive il palazzo che noi e Jenjira non vediamo e armoniosamente le due donne si accompagnano a vicenda. I piedi lievi sulle foglie secche creano una musica ipnotica e soporifera.

C’è una grande poesia che resta dentro come uno spirito benigno in questo film ricchissimo.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 4

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Video

Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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