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Il cinema di Quentin Tarantino: Cinema Speculation

Un libro che non solo parla di cinema, ma lo racconta, lo descrive in parole, lo fa vedere a chi legge. La nuova pubblicazione del regista pulp di Hollywood è il cinema stesso perché restituisce la passione e l’attenzione per la settima arte sviluppata e alimentata dal piccolo Q

Come già anticipato nell’ottava puntata del nostro podcast di cinema, La Luce del Cinema, il libro Cinema Speculation scritto da Quentin Tarantino ci ha abbagliato, al punto da dedicare il nostro approfondimento sul podcast al cinema del regista nativo di Knoxville. Partiamo dal presupposto che ogni scritto o libro che parli di cinema, cattura l’attenzione dei cinefili perché raccontare come si costruisce una scena, quali spunti o necessità sono utili per scrivere un film, come dirigere un set, parlare dell’accoglienza o svelare alcuni segreti sepolti sotto il nastro della pellicola, è ammaliante. Se a questo presupposto, aggiungiamo che a raccontare tutto ciò si presenta un regista che ha fatto dei giudizi estremi e del lessico spietato una cifra del suo personaggio e del suo cinema, allora la lettura di Cinema Speculation diviene ancora più suggestiva, anche per chi non è appassionato della settima arte. Lo stile letterario di Tarantino, infatti, è come i suoi film: tagliente, secco, estremo, volgare, intriso di punti di vista volutamente contrario all’opinione corrente, scontroso e catalizzante. È solo per questo che la lettura ci ha appassionato? No, c’è dell’altro.

Pagine, dettagli e alcuni titoli. Cinema Speculation, scritto da Quentin Tarantino, edito in Italia da La nave di Teseo nella collana I fari, 20€. Il titolo originale è il medesimo ed è stato pubblicato negli Stati Uniti nel 2022, mentre la prima edizione italiana è di marzo 2023. La traduzione è stata affidata ad Alberto Pezzotta. In totale il libro consta di 420 pagine che rappresentano lo scritto dell’autore, poi si aggiunge una nota del traduttore, l’indice dei film e l’indice dei nomi. L’edizione italiana riprende la veste grafica dell’edizione originale ossia per la copertina e per la quarta due bande, una arancione nella parte superiore e una nera in quella inferiore, ma le due edizioni differiscano nella scelta dell’immagine. La nave di Teseo, infatti, ha scelto un’iconica foto di Tarantino, mentre l’edizione americana riporta una foto di scena da Getaway! di Sam Peckinpah in cui si vede lo stesso regista accovacciato che parla con Steve McQueen. Per il mercato italiano effettivamente la scelta di porre il faccione di Tarantino in copertina ha senso, perché così è più visibile e riconoscibile. A una lettura attenta del libro, però, si può trovare più giusta l’immagine della coppia Peckinpah-McQueen perché nella storia cinematografica di Quentin, come lui stesso afferma, tutto prende vita proprio da Getaway! Il libro consta di diciassette capitoli di cui alcuni sono intitolati con il nome dei film come Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo!, Un tranquillo weekend di paura, Taxi Driver, Fuga da Alcatraz e appunto Getaway!. Ogni capitolo finisce con una pagina nera o per meglio dire, ogni capitolo inizia con una pagina nera, come a immergere il lettore nel buio nella sala cinematografica prima della proiezione. In mezzo al libro, circa a pagina 240, è riportato un articolo di giornale, corredato da alcune foto, dal titolo: "La verità dietro la tragica tossicodipendenza di Bela Lugosi" di Barry Brown.

Da Avildsen, al mito McQueen. Il libro inizia alla fine degli anni Sessanta, quando il piccolo Q., come si definisce lo stesso autore nel titolo del capitolo, parla delle sue prime esperienze di cinema accompagnato dalla madre al Tiffany Theatre di Los Angeles. Il primo titolo è La guerra del cittadino Joe di John G. Avildsen, che come afferma Tarantino non era propriamente un film per bambini, ma erano gli anni di un certo tipo di cinema negli Stati Uniti, violento e drammatico, di genere e appassionante. L’elenco dei film è abbondante e comprende pellicole di film europei e americani, ma il dato che risalta è la curiosità con cui il regista di Knoxville ritrae il piccolo Q, intento a porsi molti interrogativi sui meccanismi narrativi e a rielaborare le scene, anche le più cruente, conscio, inoltre, del fatto che vedeva film che i suoi coetanei non conoscevano. Questo era il volere della madre che, stando a quanto dice l’autore, preferiva che il figlio si appassionasse al cinema, più che al mondo circostante. La madre, infatti, e i suoi compagni (che a tratti Tarantino chiama "i miei genitori"), di volta in volta si propongono attenti a rispondere a tutte le curiosità del futuro regista. Si scopre, quindi, che in questi primi anni di vita al cinema (Tarantino aveva circa otto anni), il regista si appassiona al genere blaxploitation e rimane impressionato da Bambi. Nel capitolo intitolato Bullit, film del 1968 diretto da Peter Yates, chi legge capisce che il giovane Quentin scopre il mito Steve McQueen. Ne descrive la bravura scenica e la capacità di rendere affascinanti ai suoi occhi i personaggi. Cominciano in questa fase anche i giudizi che si mescolano ai racconti dal set, alle testimonianze di attori e registi dell’epoca che Tarantino ha poi raccolto in età adulta, rendendo così il giudizio critico dell’autore del libro ancora più appassionante. Il libro scivola così, tra l’elenco dei film che il giovane Quentin vedeva al cinema, i suoi giudizi e le sue impressioni. Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo! è un film reazionario che dava voce alla paure dei cittadini di quegli anni; ne osanna la regia di Don Siegel e l’interpretazione di Eastwood. Sul libro, poi, scorrono i racconti delle visioni de Il braccio violento della legge, una tripletta di film di Woody Allen, gli 007, ma poi si torna sempre a Peckinpah prima con Cane di paglia, poi con Il mucchio selvaggio, definito "meraviglioso e commuovente". Anche per Un tranquillo weekend di paura di John Boorman l’autore dedica molte parole, raccontandone la trama con gli occhi di chi sta guardando il film in sala esattamente in quell’esatto momento. Il giudizio è quindi preciso e convince soprattutto perché la lingua di Tarantino è schietta e diretta. Se c’è qualcosa che non gli piace o non l’ha convinto non usa mezze frasi, ma misuratissime espressioni, ovviamente pulp, che esplicitano il suo pensiero. In questo lavoro di traduzione Pezzotta è stato aderente e millimetrico nel cercare nello slang italiano le parole più vicine alle sensazioni di Tarantino, allo stesso modo in cui i doppiatori fanno con il film. 

La folgorazione Getway! e Kevin Thomas. Su Getaway! l’approfondimento è totale. L’autore ne spiega la genesi; il momento in cui Steve McQueen arriva a interpretare il ruolo del rapinatore di banca Doc McCoy anche attraverso le parole di Walter Hill e Peter Bogdanovich; i confronti con il cinema di Arthur Penn che mettevano in crisi Peckinpah. Poi si passa all’esperienza diretta al cinema dell’autore, avvenuta nel 1972 al Paradise Theatre di Los Angeles e all’ammirazione per l’interpretazione di McQueen che il regista pulp definisce molto reale e molto sentita. Ma sono, ancora una volta, i giudizi di Quentin che rendono appassionante la lettura. Va a fondo delle scene, mette in relazione le interpretazioni nei vari momenti dei film, pone in paragone i film del regista, ne trae le sue taglienti conseguenze, citando anche le battute del film. Tarantino descrive il lavoro del regista Peckinpah con grandi parole di ammirazione, non solo per come intesseva la storia, ma proprio per le idee e per il modo in cui difendeva i suoi film, e pare che con Getaway! abbia avuto un bel po’ da fare. In ogni capitolo, comunque Tarantino non parla mai di un singolo film. Quello riportato nel titolo è il film principale, ma attorno gravitano tante e tante pellicole, citazioni di generi cinematografici e la loro descrizione e poetica, nomi di produttori e cast tecnico. Interessante è il capitolo su Kevin Thomas, critico cinematografico molto ammirato dal regista pulp, attraverso cui ha conosciuto i film di Russ Meyer, Jess Franco, Dario Argento ed è stato il motivo per cui ha voluto vedere le pellicole di attori extra americani che passavano nei cinema americani, come Lina Wertmüller, Claude Lelouch, Fassbinder e Oshima.

La New Hollywood, De Palma e Floyd. Dettagliati nei titoli e nei racconti sono i capitoli sui film della New Hollywood, partendo dalla Hollywood hippie di Dennis Hopper, per arrivare ai nuovi registi contro il sistema, ossia Robert Altman, lo stesso Peckinpah, Artur Penn, John Cassavetes che contestavano il fare cinema di George Stevens, Howard Hawks, Billy Wilder. Questa New Hollywood, secondo Tarantino, voleva mettere alla prova la libertà concessa loro, per spingere i soggetti in maniera estrema. Poi proseguendo nella sua analisi, l’autore arriva ai Movie Brats ossia a quella generazione di registi che al contrario dei precedenti non rifiuta il cinema classico di Hollywood, ma anzi lo vuole citare e reinterpretare; erano questi registi che oltre ad aver studiato come si fa il cinema, erano soprattutto cinefili, e ciò li rendeva più in sintonia con i tempi, rispetto agli esponenti della New Hollywood che facevano film che nessuno capiva e che si professavano antisistema. Inizia così in Cinema Speculation la narrazione, con il solito incastro narrativo dei precedenti, de Le due sorelle di Brian de Palma del 1973 (parecchia attenzione l’autore dedica a questo regista e non sempre con parole lusinghiere soprattutto nel suo confronto con Hitchcock); Daily Miller di Bogdanovich del 1974; Taxi Driver di Scorsese del 1976 che si focalizza molto sull’essere razzista di Travis Brickle, il personaggio interpretato da De Niro, nel suo confronto con Ethan Edwards, John Wayne, in Sentieri Selvaggi. L’analisi, quindi, si allarga e Tarantino cita molti altri film che propongono le tematiche del film di Scorsese, facendo capire al lettore che il cinema è fatto di diverse percezioni e rielaborazioni. Esalta, inoltre, in questa pellicola la bravura di Scorsese nel far crescere la violenza e si domanda se Travis sia davvero un reduce del Vietnam o è soltanto un parto della sua mente. Tarantino fornisce la sua risposta. Intrigante risulta anche il capitolo in cui racconta di come Taxi Driver avrebbe dovuto girarlo De Palma e come il film, se così fosse stato, sarebbe stata altra cosa. Poi ancora passano sotto il suo giudizio: Rolling Thunder di John Flynn del 1977 (da cui nasce il riferimento agli Acuna Boys); Taverna paradiso di Stallone del 1978, autore anche della sceneggiatura, per il quale Tarantino provava un forte amore; Fuga da Alcatraz di Don Siegel del 1979 in cui l’autore esprime tutta la sua passione per il regista; Hardcore di Paul Schrader del 1979 che non gli è proprio piaciuto; Il tunnel dell’orrore del 1981 di Tobe Hooper. L’ultimo capitolo del libro, infine, è una nota su Floyd, uno dei tanti fidanzati di sua madre che più che ricoprire il ruolo di padre del momento, ha suscitato, alimentato, costruito in Quentin una particolare passione che ne segnerà tutta la sua esistenza. Il capitolo è davvero una nota di dolcezza e gratitudine nei confronti di questo mancato sceneggiatore.

Cinema speculation è il cinema stesso. L’interrogativo iniziale di questo articolo era se il libro ci abbia appassionato solo per lo stile narrativo di Tarantino. La risposta era no e quanto spiegato in queste righe, ne esplicita il perché. Cinema Speculation appassiona e incanta il cinefilo perché è il cinema stesso. Dalle parole del regista di Pulp Fiction emerge la curiosità del giovane Q. nei confronti del cinema, i giudizi di un ragazzo che stava cominciando a interessarsi alla settimana arte e quindi, riassumendo, il cinema, i suoi interpreti, i suoi realizzatori. Il libro è una continua e inesauribile sequenza di film citati, come rimando o approfondimento, verso cui è difficile non provare curiosità e conoscenza. Ciò è scaturito dal fatto che Tarantino scrive come parla, con enfasi, come una mitragliatrice che spara proiettili che riportano i nomi di coloro che hanno creato il cinema americano e, quindi, le fondamenta del suo cinema, facendo diventare, così, Cinema Speculation una storia del cinema dettagliatissima di umori e sensazioni, giudizi e sentenza. Chi legge è, pertanto, nel cinema, nell’industria di quel tempo e soprattutto nelle sale dei cinema, seduto vicino a Quentin il quale spiega con passione ogni scena e getta sul piatto riferimenti continui. Ed è anche questo vivere il cinema, che al giorno d’oggi s’è perso, che rende le sue parole affascinati e catalizzanti. Servirebbero, dunque, più racconti di cinema come questo nell’editoria di oggi.

Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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