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La storia della Mostra del Cinema

A lettura conclusa del libro di Gian Piero Brunetta sulla storia della Mostra del Cinema, rimane il desiderio di tornare indietro a rileggere cosa è successo in un’edizione in particolare. Il libro, infatti, è più di un’enciclopedia, è un testo appassionante e leggero (non spaventatevi dalla sua mole) che soddisfa tutti gli amanti del cinema

Partiamo da una domanda: come è possibile raccontare e descrivere la storia della Mostra del Cinema di Venezia? E ancora: da quale prospettiva osservarla e metterla a fuoco? E cosa scriverne? A questo punto un’altra domanda si interseca alle precedenti ossia, se fosse scritto un libro, non una raccolta di dati, un libro che unisca storia a romanzo, dati a sensazioni, come potrebbe essere scritto? Ha trovato tutte le risposte Gian Piero Brunetta, storico, accademico e studioso di cinema che ha visto fiorire, rifiorire, sopravvivere e rilanciarsi l’istituzione culturale e cinematografica Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica e su questi temi ha scritto il libro La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 1932-2022 edito da Marsilio, nella collana Biblioteca, in collaborazione con La Biennale di Venezia. Il libro è, appunto, uscito in onore dei 90 anni della Mostra, festeggiati nella sua edizione numero 79 nel 2022. Continuando con i dettagli, il prezzo del volume è 42€, consta di 1179 pagine effettive, suddivise in: la prefazione scritto da Roberto Cicutto e Alberto Barbera; l’introduzione, il prologo, le sei parti in cui è raccontata anno per anno la Mostra, i ringraziamenti, una nota per il lettore, la bibliografia essenziale, l’indice dei film, l’indice dei nomi, le referenze fotografiche. Ne esiste, inoltre, anche un’edizione in inglese. Il libro è un bel volumone rilegato con una sovracoperta, scritto su pagine di una grammatura davvero bassa, come quelle delle enciclopedie che quando se ne gira una, si fa a fatica a prenderla con le dita. In realtà questo senso delle pagine è un valore aggiunto, perché rende la lettura al tatto piacevole e il volume di una buona fattura estetica. Ci abbiamo messo non poco a leggerlo. Più volte nel nostro podcast, La Luce del Cinema, vi abbiamo detto che la lettura era in corso. Il volume come detto, è uscito a giugno 2022 e già in quel tempo l’avevamo già messo nella nostra lista delle libri da leggere, ma la spinta necessaria a immergerci nella lettura, l’abbiamo trovata alla Mostra 2022 quando Brunetta ha presentato ufficialmente il libro. Le sue parole di amante di questo festival, le sue osservazioni sulla sua storia, il suo impegno e il tempo necessario a redarre un’opera così importante, ci hanno convinti. La lettura si è protratta da ottobre 2022 a luglio 2023, perché una lettura che va condotta, a nostro parere, con calma e con la dovuta concentrazione, per non perdere una data, un singolo evento, una lettura critica, per capire, infine, come si è evoluta la storia della Mostra. Come avrete intuito, il libro ci ha appassionati, quindi immergiamoci nell’analisi.

Come è fatto. Il libro nel suo corpo principale, si suddivide in sei parti le quali in ordine cronologico raccontano la storia della Mostra. La prima parte comprende dall’anno della fondazione al 1942, l’ultima edizione prima dell’interruzione per la Seconda guerra mondiale. La seconda parte prede avvio dal 1946, la ripresa dopo la guerra, al 1959; la terza parte si concentra sul decennio Sessanta del Novecento, dal 1962 alla Mostra della contestazione, quella del 1968. Il decennio successivo, gli anni Settanta sono il focus della quarta parte, dal 1969 la Mostra sotto la direzione di Ernesto G. Laura alla Biennale del dissenso del 1977; la quinta parte si estende dal 1979, l’anno della Mostra del Cinema diretta da Carlo Lizzani, al 1997, per concludersi nella sesta parte che arriva alla coraggiosa Mostra del 2020 in piena emergenza pandemica da Covid-19. Come si può evincere, Brunetta affronta un anno della Mostra a capitolo, approfondendone sia i principali aspetti, cinematografici, politici e sociali di quell’edizione, sia l’edizione stessa e sia i suoi lasciti, soprattutto riportando le parole della critica, mantenendo, così, per ogni capitolo/anno lo stesso schema di scrittura. Nella prima parte di ogni capitolo/anno riannoda il filo, parlando, quindi, di ciò che anticipa la Mostra: problemi di nomine, discorsi politici, scelte dei direttori, selezione; successivamente si addentra nella particolare edizione. Illustra i film in concorso e quelli delle altre selezioni, citandoli e descrivendone sinossi e riscontri. Una buona parte della descrizione dell’edizione è riservata all’accoglienza della critica; qui Brunetta riporta nomi di giornalisti e testate e i passi degli articoli dedicati ai film e alla kermesse di quell’anno. Solitamente il capitolo si chiude con una breve considerazione dello storico che prende avvio da quelle della stampa. Questa struttura narrativa cambia per le prime edizioni fino al secondo dopoguerra quando la politica, la Storia, la società avevano più spazio rispetto al cinema, e anche negli anni in cui alla Mostra la competizione è stata annullata.

Si parte con l’idea. L’autore parte dalla genesi, dall’idea di rivalutare urbanisticamente il Lido di Venezia all’interno del progetto della “Grande Venezia” di Giuseppe Volpi conte di Misurata all’indomani della Prima guerra mondiale. Al Lido esistevano già due strutture di prestigio, il Gran Hotel Des Baines (eretto nel 1900) e l’Hotel Excelsior costruito tra il 1906 e il 1908, che dovevano fungere come un’attrattiva di lusso e prestigio per i villeggianti del Lido. Questo, sottolinea Brunetta, doveva essere il simbolo della modernità veneziana e in questo senso il conte Volpi aveva intuito le potenzialità del cinema, appena entrato nel sonoro. Ecco che quindi nasce l’idea della Mostra del Cinema, collegata all’Esposizione Internazionale d’Arte de La Biennale. In questa fase lo storico del cinema è estremamente preciso nel citare i passi burocratici e politici e le intuizioni del conte, di Antonio Maraini, segretario della Biennale nei primi anni Trenta, Ettore Zorzi, podestà di Venezia, e Luciano De Feo, organizzatore, selezionatore e primo segretario generale della Mostra, nonché uno dei primi a pensare che la sezione cinema della Biennale dovesse essere separata dall’Esposizione d’Arte. Nella lettura appassionante di tutte le fasi di edificazione della kermesse di cinema si giunge al 1932, anno della sua prima edizione. L’autore si focalizza sia nel capire la ricezione di questo evento attraverso la stampa, all’interno di cui emerge il nome di un giornalista che aiuterà molto la Mostra a crescere, Francesco Pasinetti, sia le scelte del comitato di selezione e di come, nonostante lo sguardo del regime fasciata fosse attento, questo abbia sempre avuto come obiettivo primario la visione del cinema internazionale, indipendente dalle ideologie o regimi politici. La Mostra si apre, così, ai cinefili e ai fedeli cinematografici, spazio per tutte le forme consolidate del cinema e anche per quelle di nuova matrice. Brunetta scrive a p. 55: «Ad apertura della stessa serata vengono proiettati gli esperimenti di film a colori col sistema Cicona, un esperimento italiano in 3D brevettato dall’italiano Gualtiero Gualtierotti» e si riferisce al 1932, prima edizione. L’importanza cinematografica, tecnologica e ideologica della manifestazione appare già rilevante, tant’è che l’autore dedica il capitolo 6 a mettere in evidenza i suoi caratteri e le sue identità, già chiari ed evincibili dopo appena due edizioni. Successivamente, nel libro comincia la narrazione. La seconda edizione della Mostra si volge dal 1 al 29 agosto 1934, due anni dopo la prima, mentre il capitolo sull’edizione del 1935 si concentra sulla decisione di renderla annuale; quello sul 1937 parla dell’inaugurazione del Palazzo del Cinema (qui è interessante la descrizione della storia del palazzo, la sua genesi e il perché avesse la strana forma di una radio); poi la crisi del 1938, il sesto anno e in questo capitolo le relazioni dell’autore prendono molto in considerazione gli aspetti più politici della Mostra, rispetto a quelli cinematografici. Il peso del regime fascista come del terzo Reich in Germania si fanno sentire e Brunetta relaziona con precisione le varie scelte anche cinematografiche, riportando la voce della stampa e gli eventi nei suoi particolari. I pezzi degli articoli citati, infatti, soprattutto delle riviste “Cinema” e “Bianco e Nero”, servono a definire l’atmosfera extracinematografica e capire l’accoglienza dei film. Continua la narrazione. 1939: l’Europa ripiomba nella guerra e la Mostra finisce esattamente il 31 agosto, mentre nello stesso si apre la prima edizione del Festival di Cannes. 1940: la Mostra per ragioni di sicurezza si sposta dal Lido a Venezia nella sala Rossini a San Marco; il numero delle nazioni partecipanti si riduce e la Mostra è di fatto militarizzata. Lo storico cita i pareri sui film di un giovane critico, Michelangelo Antonioni.

Il secondo dopoguerra riparte da Visconti. Il 1941 è l’anno della prima volta in concorso di Roberto Rossellini con La nave bianca, mentre il 1942 è l’ultimo anno prima dell’interruzione per la guerra e qui Brunetta pone in evidenza il valore di fuga dal presente orribile della guerra che gli spettatori trovano nei film. Il festival è interrotto per la Seconda guerra mondiale e riprende nel 1946 con la nomina di Elio Zorzi a direttore della Mostra con lo scopo di rianimare l’evento. Il Palazzo del cinema, come il Casinò sono inutilizzabili perché requisiti dalle truppe anglo-americane che trasformano quest’ultimo in una sala da ballo. La Mostra comunque riprende la sua corsa e l’autore sottolinea come la storia del cinema continui a ripassare dal Lido coi nomi dei grandi registi, mentre cambia il pubblico in cui si affacciano nuovi soggetti sociali. Il cinema russo e italiano indica la strada della realtà come quello americano che si allontana dai miti per invece guardare alla realtà sociale. Il racconto mette in evidenza come la difficile ricostruzione, soprattutto sociale e morale del Paese, riparta proprio grazie alla Mostra. In questi anni si cominciano a palesare alcuni problemi che segneranno la storia della manifestazione per l’intero secolo (circa) ossia la nomina dei direttori di valore, la selezione dei membri di giuria non identificativi dei Paesi di provenienza, la qualità artistica dei film. Il 1948 è l’anno de La terra trema di Visconti, grande sconfitto dell’edizione; il 1949 è l’anno delle idee espansionistiche del direttore Antonio Petrucci e delle ingerenze politiche della Democrazia Cristiana sul palmares; nel 1950 arriva la dolce vita al Lido accompagnata da un folto stuolo di giornalisti stranieri, mentre il 1951 è l’anno di Alice in Wonderland come film d’apertura e di Rashōmon di Akira Kurosawa, vincitore del Leone d’oro. Da questo momento in avanti la pubblicazione edita da Marsilio propone lo schema narrativo sopra indicato: antefatto, voce della critica, concorso, breve sinossi dei film, reazioni e lasciti.

Grandi Leoni per grandi Mostre. Non vi anticipiamo niente sui film presentati, per non rovinarvi la curiosità di scoprire quali pellicole, italiane e internazionali, sono state presentate e quale è stata la loro accoglienza. Poniamo in evidenza da questa parte del libro in avanti, alcune peculiarità della Mostra segnalatene da Brunetta, lasciandovi sempre il piacere della scoperta della narrazione. Nel 1953 non è assegnato il Leone d’oro; nel 1954 sono assegnati due Leoni d’Argento a I sette samurai di Kurosawa e L’intendete Sanshô di Mizogushi oltre a essere stata l’edizione di Senso di Visconti; il 1957 è l’anno del Leone d’oro a L’invitto dell’indiano Satyajit Ray, mentre Le notti bianche di Visconti riceve il Leone d’Argento. L’edizione del 1959 annovera un concorso straordinario con Alain Resnais, Truffaut, Olmi, Buñuel, Andrzej Wajda, Hitchcock e A qualcuno piace caldo di Wilder. Il 1960 è l’anno di Ombre di Cassateves e la sua rivoluzione visiva, mentre l’anno successivo il Leone d’oro è assegnato tra le polemiche a L’anno scorso a Marienbad di Resnais. Brunetta in questi anni preme molto l’accento sui problemi di statuto (e quindi giuridici) della Mostra e sull’accanimento dei critici italiani dei confronti del cinema italiano, soprattutto verso Rossellini. Sotto la direzione di Luigi Chiarini, 1963, si giunge al Leone d’oro per Le mani sulla città di Rosi; nel 1964 ad Antonioni con Deserto Rosso, e quello per Vaghe stelle dell’orsa di Visconti nel 1965, e per La Battaglia di Algeri di Pontecorvo dell’anno dopo. Nel 1967 Buñuel vince con Bella di giorno, mentre la Mostra si prepara alla contestazione del 1968. L’autore è come sempre molto accurato nel raccontare le vicende intrecciando quelle storiche a quelle prettamente del festival, proponendo stralci di articoli di giornali favorevoli e non così da dare una visione chiara dell’accaduto. La confusione istituzionale pervade la manifestazione nei primi anni Settanta. Qui Brunetta si concentra più sulle decisioni politiche che sui film, anche perché di cinema in quegli anni la Mostra ne proponeva poco. Nel 1972 la kermesse è in attesa del nuovo statuto che ne blocca la corsa e si discute sulla portata artistica dell’evento, come eredità ideologica del 1968.

Con Novecento si arriva agli anni Duemila. È con Novecento di Bertolucci del 1976 che alla Mostra ritorna il pubblico soprattutto di giovanissimi, anche se nel 1977 la “Biennale del dissenso” promossa dal presidente della Biennale Carlo Ripa di Meana in favore dei Paesi della zone del Patto di Varsavia smorza di nuovo l’entusiasmo. Con Carlo Lizzani in qualità di direttore nel 1979 la Mostra riprende vigore, il suo blasone e così il grande cinema ritorna al Lido. La storia della Mostra, così, nel libro di Brunetta si sfoglia con facilità, si leggono nomi importanti e grandi selezioni. I direttori dopo Lizzani sono Gian Luigi Rondi, che nel 1982 riporta le majors americane al Lido; Guglielmo Biraghi, che nel 1988 porta in concorso L’ultima tentazione di Cristo di Scorsese con le enormi polemiche annesse; Gillo PontecorvoFelice LaudadioAlberto BarberaMoritz De HadelnMarco Müller e nuovamente Alberto Barbera. Soprattutto nei capitoli sugli anni Ottanta, è interessante come l’autore, tra nomi, film, eventi e critiche, sottolinei come il festival di Venezia negli anni finali del Novecento superi in qualità e pubblico i Festival di Cannes e Berlino e quale sia la formula pensata dai direttori da Lizzani in poi di unire al cinema d’autore, quello più di intrattenimento in un buon equilibrio. Così il libro di Brunetta si avvia alla sua conclusione, parlando dei lavori bloccati del nuovo Palazzo del Cinema e lo scandalo connesso e la scelta di prendere solo opere in anteprima mondiale voluta da Müller, consolidando lo schema narrativo. Nella parte finale, però, quella relativa agli anni Dieci del Duemila fino all’edizione del 2020, abbiamo notato una velata inflessione dell’autore a celebrare in maniera troppo enfatica il lavoro del direttore Barbera che in realtà, e questo si evince proprio dalle parole di Brunetta, assume la direzione della Mostra in un buon stato di salute dal precedente direttore. Certo il problema delle sedi da ristrutturare, del buco del cantiere del nuovo Palazzo del Cinema e l’edizione 2010 compromessa più da ragioni politiche, sono stati dei pugni alle costole per Müller, ma tutto sommato la Mostra si è difesa. 

Alla fine, che ne pensiamo? Avete notato che non è stato facile riassumere gli eventi più importanti della storia di questa illustre signora del Lido e spiegare sinteticamente il modo in cui la celebra l’autore. Abbiamo, però, cercato di mettere in evidenza l’esaustività della ricerca e dell’analisi dello storico che davvero non perde un dettaglio. Anzi corrobora le informazioni storiche agli aneddoti e soprattutto ai film, consolidando il tutto con la voce della critica. Il cinema emerge forte in questa pubblicazione che appassiona e coinvolge chi legge, anche il lettore che vuole conoscere, non necessariamente quello che sa, grazie alla narrazione fiume, costruita su continui spunti di riflessione. Il libro, pertanto, è aperto davvero a chiunque, conoscenti o non del cinema e della Mostra. Diviene così, in completamento con l’edizione edita della Biennale dal titolo Biennale Cinema 1932-2019 che è un lungo catalogo dei film presentati, dei premi, direttori, presidenti, giurie oltre che a un completo indice di tutti i film presentati alla Mostra, un punto di riferimento essenziale per la storia di questa istituzione. Il testo edito da Marsilio non è solo parole, ma anche molte immagini. L’apparato iconografico in cui si scorgono volti e premi, personaggi ed eventi, manifesti e foto storiche, rende ancora più avvincente il tuffo nella storia della Mostra e Brunetta è una bussola d’eccezione per orientarsi. Quindi, cari lettori, tuffatevi anche voi. 

Crediti fotografici.
Foto 6: Award Ceremony, Golden Lion for best film- Poor things (Andrea Avezzù- La Biennale di Venezia-Foto ASAC) (2)

 

Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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