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Il cittadino illustre - Recensione

Il cittadino illustre - Film - 2016In apparenza una cosa, in realtà un'altra. Dietro l'atteggiamento credibilmente disponibile dello scrittore Daniel Mantovani di accettare la mentalità arretrata del suo paese di origine, cosa si nasconde? Il suo arrendersi ai soprusi perpetrati cosa cela? Le risposte si trovano nella stagnate carriera letteraria dell'uomo

Daniel Mantovani è uno scrittore argentino scostante, riservato e polemico come dimostra nel discorso tenuto in occasione del conferimento del Nobel per la letteratura. Nel prosieguo della sua vita isolata a Barcellona rifiuta interviste e incontri. Accetta, invece, l'invito del primo cittadino di Sales in Argentina, suo paese di origine, che gli vuole conferire un'onorificenza. L'uomo, quindi, torna a casa e qui se le istituzioni lo trattano con onore, i suoi concittadini non lo considerano a causa della sua alterigia. Daniel si impegna per avvicinarsi al suo popolo, ma dialogando emergono i limiti mentali della gente. Lo scontro si acuisce e la sfiducia in Mantovani si insinua anche negli amici. Daniel è costretto a scappare da Sales. Di chi è la colpa di tutto questo?
L'interrogativo sorge nell'inquadratura finale, quando il regista in primissimo piano mostra Oscar Martìnez, l'attore che interpreta Daniel Mantovani, intento a rispondere alle domande nella conferenza stampa di presentazione del suo nuovo lavoro. Nel suo sguardo, nei suoi occhi trapela un ghigno, un dubbio su come sia riuscito finalmente a scrivere una storia di successo dopo anni di silenzio. Ciò avviene dopo essere tornato da Sales nella cui permanenza l'uomo ha avuto molte difficoltà a re-integrarsi in quella realtà. Un tale atteggiamento nasconde una rassegnazione di fondo per una realtà di vita che non gli appartiene più oppure lo spunto per il suo nuovo libro? Sembra quasi, quindi, che la pellicola diretta dai registi argentini Mariano Cohn e Gaston Duprat sia una riflessione su come sopravvivere artisticamente oggi.
Nella scena iniziale, infatti, quando Mantovani compie il suo discorso all'Accademia di Svezia afferma chiaramente che con quel premio si sente uno scrittore finito, senza più idee né motivazioni. Dopo il conferimento, non ha più pubblicato un libro e quando riceve l'invito del sindaco di Sales il personaggio è inquadrato in una profonda riflessione come se stesse architettando il suo piano. Quando poi giunge al suo paese, Daniel sembra volutamente non rispondere agli insulti di chi lo considera un traditore, uno scrittore fallito, un falso per le ingiurie scritte nei suoi libri su Sales, ma si sente invece quasi come un martire che acquista una sedia a rotelle a un ragazzino disabile. Nelle scene finali si scopre, infatti, che il suo nuovo libro racconta della sua ultima permanenza a Sales.
Questa ipotesi di interpretazione prende ancora più corpo se si considera che, come affermano i registi, nessun scrittore argentino, nonostante il talento espresso, ha mai ricevuto la consacrazione del Nobel, basti pensare a Borges, e invece Mantovani l'ha conquistato infamando la sua terra. Se si volesse, dunque, interpretare Il cittadino illustre (in originale El ciudadano ilustre) in quest'ottica, si dovrebbe considerare il lavoro di sceneggiatura, curata da Andrés Duprat, che risulta ben scritta perché nasconde il significato della pellicola dietro la proposizione di diversi temi. Le differenze di punti di vista nate dai contesti in cui si matura: piccolo ed arretrato quello di Sales, aperto e diplomatico quello di Mantovani. Poi c'è il rifiuto di ogni progresso da parte della società dei paesi argentini di provincia e quanto questa situazione influisca sulla crescita personale. A confermare l'ipotesi, infine, giunge il linguaggio dei due registi. Questi a metà tra documentario e finzione costruiscono una storia che si rivela nel continuo seguire il protagonista, quasi a volergli entrare nella testa e capirne le connessioni mentali. 

Le riflessioni, dunque, emerse da Il cittadino illustre sono molte e appaiono traumatiche quando si intuisce che per scrivere un libro di successo è necessario architettare un piano diabolico. Ciò che sorprende e conquista lo spettatore è l''inganno' perpetrato dai registi che nascondono il vero focus, per poi mostrarlo nell'ultima scena, così da lasciare in chi guarda perplessità e meraviglia. 




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3.5

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Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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