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Velvet Buzzsaw - Recensione

Produzione Netflix per il nuovo film scritto e diretto da Dan Gilroy. Un thriller-horror sul mondo dell'arte contemporanea in cui sopravvive solo chi la rispetta. Tra stereotipi e caricature la suspense non nasce, né cresce in una storia prevedibile e poco appassionante. Prima internazionale al Sundance Film Festival 2019

Miami. Il potente critico d'arte Morf Vandelwalt fa il suo ingresso in una prestigiosa fiera d'arte contemporanea. Qui tra galleristi che lo pregano di dedicare qualche riga benevola ai propri artisti e mestieranti dell'arte in cerca del miglior acquirente per le loro opere, l'uomo incontra Rhodora, spietata direttrice di una galleria d'arte e la sua assistente Josephina, alle prese con alcuni problemi sentimentali. I tre parlano insieme e tra vacuità ed estetica scorrono le loro vite. Josephina un giorno scopre il cadavere dell'anziano signore che abita nell'appartamento sotto al suo e così viene anche a conoscenza della sua prolifica produzione pittorica. La ragazza, osservando i suoi quadri, comprende quanto questi siano conturbanti e vibranti, pervasi quasi da uno spirito magico. Soprattutto intravede nelle tele l'occasione per arricchirsi e acquisire potere nel mercato dell'arte. Non è la sola, però: mostrati i quadri di Vetril Dease, così si firma il defunto, al pubblico, in molti vogliono avere una fetta degli introiti provenienti dalle vendite e dalle esposizioni. L'arrivismo cresce e Rhodora, Josephina, lo stesso Morf, ma anche Gretchen, astuta consigliera di un collezionista privato, e Jon Dondon, altro potente gallerista, si scoprono sempre più bramosi di ricchezza. L'arte però, pone un limite a tutto questo e perpetra la sua vendetta nei confronti di chi ha dimenticato quale sia il vero senso della creazione artistica.
Scritto e diretto da Dan Gilroy (Lo sciacallo - Nightcrawler ed End of Justice - Nessuno è innocente), Velvet Buzzsaw è un thriller con venature horror senza squilli, né particolarità. Anzi si sviluppa con molta banalità fino al finale che appare più come un'opportunistica cesura alla narrazione, perché non tira le fila di alcun tipo di storia. Se si utilizzano i generi cinematografici della suspense, è giusto permettere a chi guarda di arrovellarsi il cervello in cerca di una spiegazione a quanto sta accadendo, per tenerlo così incollato fino alla rivelazione della verità. In Velvet Buzzsaw non c'è nulla di tutto questo, anzi il motivo delle misteriosi morti è comprensibile sin dall'inizio. Il film appare, quindi, come un susseguirsi di scene tenute insieme dall'intuizione di Gilroy di porre sullo sfondo l'opulento e patinato mondo del mercato dell'arte contemporanea, che appare più come una carta da parati che il contesto. Le storie dei personaggi principali, Dorf (Jake Gyllenhaal), Rhodora (Rene Russo) e Josephina (Zawe Ashton), infatti, non hanno sfumature, né caratterizzazioni, né quindi crescite o sviluppi. La ridondanza con cui appaiono vanesi, arroganti e avidi, li rende caricaturali, in particolare il personaggio di Gyllenhaal, e a ben guardare chi osserva si appassiona al loro essere superficiali, come ci si appassiona al kitsch. La vendetta dell''arte', la quale attraverso la componente interattiva delle opere li colpisce uno ad uno, giunge a rompere questa buffa empatia, tra personaggio e spettatore, quasi a malincuore. Ciò perché la suspense del thriller non è arricchita da spunti narrativi rintracciabili nel contesto, nelle vita dei protagonisti, nelle loro definizioni o in una storia che li possa definire buoni e cattivi. Nel film di Gilroy infatti, non ci sono buoni, solo vittime. Eppure qualcuno sopravvive: Damrish (Daveed Diggs) e Piers (John Malkovich), due artisti che creano arte per loro stessi e non per il mercato. Non sono nemmeno loro totalmente immuni alla ricchezza (che il film eleva a vero crimine contro l'Arte), eppure sopravvivono, come anche Coco (Natalia Dyer), stagista hipster che pur di farsi strada accetta qualsiasi sopruso. Anche lei è risparmiata dalla vedetta dell''arte' e non se capisce il perché. Velvet Buzzsaw, ad esempio, è il nome del gruppo punk di Rhodora in gioventù. Questa nozione è gettata lì e non trova sostegno nel corso della storia, se non alla fine per essere utilizzata come mero pretesto per sancire la fine del personaggio.

È tutto quindi molto superficiale in Velvet Buzzsaw. Un Final Destination meno originale, sostenuto dal budget di Netflix che guarda da lontano Prêt-à-Porter di Robert Altman, perché ad esso può accostarsi solo da molto lontano.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 1.5

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Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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