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Tangerine - Recensione

Tangerine - Film - Recensione - Sean BakerApprezzabile lavoro del regista indipendente Sean Baker, Tangerine ha il pregio di mostrare il vero volto di un cinema di qualità fuori dai circuiti mainstream, lontano dai cliché da salotto radical chic su cui si basano la gran parte dei lavori indipendenti americani degli ultimi anni

E’ la vigilia di Natale in un'assolata e per nulla conforme agli standard iconografici Los Angeles: niente babbi natale, niente slitte, niente neve, bensì un sole che colora con sfumature arancio i bassifondi di una città che qualcuno definisce una “splendida bugia ben confezionata”. La trans afroamericana Sin-Dee esce di galera dopo un mese e scopre che il suo fidanzato-magnaccia se l’è spassata con una sgualdrinella bianca e per di più donna 'vera'. Insieme ad Alexandra, altra trans di colore, decide di partire alla caccia del traditore e della svergognata che ha osato infilarsi nel letto del suo pappone.
Tangerine diventa quindi un viaggio, ben poco turistico, ma molto reale e ben disegnato, in un sottobosco fatto di drogati, papponi, faccendieri da quattro soldi ed ovviamente puttane e trans che popolano i sobborghi tutt’altro che patinati della megalopoli californiana, paesaggio nel quale vediamo sguazzare anche personaggi che non apparterrebbero di diritto a questo mondo caotico di emarginati ma che da esso sono attratti per una incontrollabile sete di vizio: il tassista armeno che se la spassa coi trans, panzoni laidi che cercano nelle giovani prostitute e nei trans un divertimento che dia un senso alla loro squallida esistenza e per finire anche una matrona armena, suocera del tassista che scopre gli altarini del genero.
La cavalcata trionfale di Tangerine dell’americano Sean Baker ha avuto inizio al Sundance Film Festival ed è poi proseguita in svariati festival di cinema indipendente dove ha riscosso enormi consensi. Non sarà ardua impresa leggere questo titolo nelle canoniche liste dei migliori film dell’anno, soprattutto da parte di testate che guardano al cinema indipendente americano; di certo Tangerine è film che lascia traccia e che si fa apprezzare per una serie di motivi.
Anzitutto l’aspetto tecnico, che è quello che più di ogni altro ha fatto gridare al miracolo: riprese effettuate con tre iPhone 5 e montaggio eseguito con semplici programmi per PC che hanno permesso al regista di annullare quasi le spese per il materiale tecnologico. A fronte di ciò però la pellicola ha una sua eleganza formale che si traduce in immagini di una Los Angeles coloratissima e luminosa, lungi però dalla patina glamour che siamo soliti vedere.
Poi Sean Baker ha dimostrato bravura da vendere nel raccontare una storia semplice, di tutti i giorni, non cadendo in cliché stantii e dozzinali e soprattutto evitando quella tipica ambientazione a sfondo sociale che troppe volte il cinema indipendente americano da salotto radical chic newyorkese ha utilizzato nei suoi lavori che suonano per tale motivo falsi e scontati. L’essersi avvalso della presenza sul set di due veri trans nei ruoli di Sin-Dee e di Alexandra ha dato un tocco di sincerità e di naturalezza alla storia.
Infine il film mostra soprattutto il volto più umano dei personaggi, tralasciando noiose disamine sociologiche per concentrarsi sui sentimenti veri, siano essi l’amore o la rabbia, la gelosia o l’amicizia, motivo per il quale la storia scorre con fluidità, sostenuta da dialoghi ben costruiti che mettono in luce in maniera intelligente lo slang del sottobosco metropolitano, attenta però a non tralasciare gli aspetti più nascosti della realtà americana fatta di sbandati, homeless ed ubriaconi.
Il risultato è una pellicola gradevolissima, che ha ritmo e che regala almeno due o tre scene da culto: il tassista armeno che, convinto di avere caricato un trans, caccia la giovane prostituta dal taxi perché lì sopra non devono salire le 'pussy'; l’irruzione di Sin-Dee, alla caccia della sgualdrinella bianca che le ha rubato l’uomo, in una squallida stanza di motel usata come bordello; la scena madre finale divertentissima e riuscitissima nel negozio di ciambelle quando ormai è già ora della cena natalizia.

Tangerine
 è insomma una commedia amara, autenticamente indipendente, e non solo perché girata con mezzi limitati, che getta uno sguardo divertito ma carico di affetto verso una umanità ai margini della grande metropoli del più grande paese del mondo.
L’ultima segnalazione va riservata a Kitana Kiki Rodriguez e Mya Taylor, due attrici trans che regalano una prova ricca della spontaneità tipica di chi sta recitando sul set la sua vita reale.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3.5

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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