Recensioni film ai festival, in home video, streaming e download

Ti trovi qui:HomeCinema e dintorniFuori salaBorder - Recensione (London Film Festival 2018 - Dare Gala)

Border - Recensione (London Film Festival 2018 - Dare Gala)

Ali Abbasi firma una favola bizzarra che usa il folklore nordico come veicolo per esplorare gli esiti estremi della diversità, dall’estrema ricchezza interiore e sensibilità, agli orrori della segregazione razziale

Arriva dalla Scandinavia (Svezia e Danimarca per l’esattezza) una bella favola cupa e immaginifica che all’inizio sembra voler mettere in discussione i preconcetti legati all’apparenza fisica (un po’ come gli altri scandinavi Virgin Mountain e Men and Chicken), ma in realtà ci parla di emarginazione, di accoglienza, e di scelte morali. Border (Gräns) è tratto da un racconto di John Ajvide Lindqvist, lo stesso nome dietro Let the Right One In, diventato poi il film di successo del 2008 Lasciami entrare di Tomas Alfredson e con il quale condivide una bizzarria mista ad empatia che qui è anche più estrema. Presentato al London Film Festival, il film ha avuto la sua premiere allo scorso Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard.
Tina (Eva Melander) ama gli insetti. Il regista ce lo vuole dire subito, mostrandocela assorta mentre osserva una cavalletta stretta tra le sue dita grassocce e con le unghie sporche di terra. La donna ha una fisionomia molto particolare e insolita. La fronte sporgente, il naso pronunciato, i denti scomposti e i capelli stopposi non la rendono gradevole alla vista e immaginiamo cosa le sia costato, crescendo, questo aspetto. Tina è anche una guardia di frontiera in Danimarca e passa le sue giornate lavorative osservando, con meno entusiasmo della cavalletta, la folla eterogenea che scende dai traghetti.
Guardando sfilare i passeggeri, i suoi sensi sono allertati e con un istinto e un'abilità quasi animalesche riesce ad annusare subito se qualcosa non quadra. Imperturbabile indica il malcapitato di turno e immancabilmente alla perquisizione esce fuori qualcosa. Ma Tina è molto più accurata di un cane da tartufo perché quello che riesce ad annusare non sono i camuffati effluvi di alcol o droga di contrabbando, bensì gli stati d’animo. Paura, senso di colpa, vergogna, eccitazione, tutti quegli sbalzi ormonali che provocano queste sensazioni e le piccole variazioni nell’odore del corpo e nel sudore non sfuggono a Tina che non sbaglia un colpo. Il resto del tempo lo passa nella sua casa isolata, nel bosco dove vive con un buono a nulla, più per compagnia che per amore, o visitando il padre alle soglie della demenza senile, in una casa di riposo. Introversa e provata dal rifiuto degli uomini, Tina ha una speciale empatia con le alci, le volpi e gli animali del bosco che probabilmente sono stati più affettuosi con lei nella vita, che gli umani.
Un giorno Tina fiuta qualcosa su un uomo dall’aria rispettabile che si rivela un pedofilo in possesso di un microchip pieno di foto proibite. Per lei è routine, niente di speciale, ma la polizia, colpita dal suo istinto, decide di metterla alla prova e la coinvolge in un’investigazione che da mesi cerca di smascherare un giro di pedofili. Nel frattempo alla frontiera appare Vore (il finlandese Eero Milonoff), un uomo molto speciale che manda in tilt tutti i sensi di Tina. La somiglianza con la donna è inequivocabile, stessi tratti somatici, stesso odore e stessa passione per gli insetti. Tina è molto turbata. Chi è quest’uomo misterioso e perché si sente attratta e incuriosita da lui?
Mi sono soffermata lungamente solo su questi primi 10-15 minuti del film di proposito perché Border va visto senza saperne troppo. Sarebbe un peccato rovinare le sorprese che questa favola bizzarra ha in serbo nello svolgimento. Se infatti, come premesso, Border inizia come una versione gotica del Brutto anatroccolo, ben presto una serie di colpi di scena rivelano una narrazione più complessa e immaginifica che usa il folklore nordico come veicolo per esplorare gli esiti estremi della diversità, dall’estrema ricchezza interiore e sensibilità, agli orrori della segregazione razziale. Man mano che Tina riacquista con l’aiuto di Vore la fiducia in se stessa e un senso di appartenenza che le mancava, altri interrogativi e dilemmi cominciano ad affiorare nella sua mente. Tutto quello che conosceva e aveva sempre dato per scontato ora assume forme e significati diversi, ma ancora una volta la donna si troverà a riassestare il tiro e a confrontarsi con il lato oscuro della sua identità. Mentre la traccia dell’investigazione sul circolo di pedofilia resta un po’ opaca e debole, la vera forza del film sta nel percorso personale di Tina e la sua feroce lotta interiore tra istinto, dignità e DNA. Il titolo (Confine) non allude solo al lavoro di Tina ma a quella linea sfocata che separa il bene e il male, la natura e l’educazione e soprattutto la mostruosità e l’umanità.
Le scene nel bosco con Tina e Vore sono particolarmente belle e poderose, ci si ritrova stupefatti ad ammirare due corpi immersi nella natura senza notarne la stranezza. Questi esterni pieni di forza e trasparenza ghiacciata contrastano con gli interni illuminati al neon dove Tina è costretta a passare le sue giornate lavorative ed enfatizzano il dramma claustrofobico di vivere in una realtà 'sbagliata'.
Eva Melander è incredibile nel ruolo di Tina. Naturalmente il magistrale make-up e le protesi del team di Göran Lundström sono fondamentali, ma l’attrice svedese riesce a tratteggiare il dolore, il conflitto e la natura gentile della protagonista in maniera eccezionale, senza un reale riferimento e senza nascondere una vena comica. Notevole, nel ruolo del padre di Tina, anche Sten Ljunggren, che ha infuso una profonda umanità e dolcezza in un uomo che ha mentito per amore e che ha ferito senza intenzione.

Border è pieno di grandi concetti e interrogativi, forse troppi tutti insieme per riuscire ad elaborarli con la dovuta attenzione, ma gli spunti per riflettere sono interessanti e stimolanti e questo è sempre un valore aggiunto. Inoltre il fantasioso impatto visivo e la sua insolita 'eroina' lo rendono un film irresistibile e intrigante.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3.5

  Vai alla scheda del film
  Trailer del film


Video

Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove indicato.
Codice HTML non è permesso.

Questo sito utilizza cookie per il suo funzionamento. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi avere maggiori informazioni, leggi la Cookies policy.