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Someone to Talk To - Recensione

Promettentissimo esordio della giovane registra cinese Liu Yulin, Someone to Talk To è un lucido racconto sulla incomunicabilità e sulla solitudine, ancora più accentuati nell'era della comunicazione globale

In un ufficio dell'anagrafe di una piccola città di provincia dello Henan due giovani dal volto radioso stanno per ottenere il certificato di matrimonio. Accanto a loro un'altra coppia invece è pronta a divorziare "perché non abbiamo più nulla da dirci". I due sposini invece pieni di entusiasmo annunciano "ci sposiamo perché parliamo molto e abbiamo tanto da dirci".
Dieci anni dopo, la coppia di sposini ha una figlia, lui ha lasciato la carriera nell'esercito e fa il ciabattino, lei invece lavora come operaia in una fabbrica e soprattutto anche loro non hanno più nulla da dirsi. Le grandi ambizioni sembrano tramontate, il clima pesante in casa crea malumore nella ragazzina e come non bastasse lui sospetta di una tresca della moglie. Aiguo e Lina hanno dimenticato il loro sorriso radioso di dieci anni prima, il ménage famigliare si trascina e il sospetto, che presto diventa certezza, che la donna abbia un'amante fa saltare in mente al marito l'idea di impugnare il coltello, non senza aver comunicato la notizia anche alla moglie dell'amante della consorte che per tale motivo tenta il suicidio bevendo un pesticida. Per fortuna Aiguo decide di compiere la sua vendetta in maniera meno truculenta, e dopo un iniziale diniego a concedere il divorzio accondiscende a patto che l'amante della moglie divorzi anche lui e possa occuparsi solo di Lina. "Quando ti ho sposato, ho promesso che avrei avuto cura di te, quindi solo quando potrai sposare l'altro ti concederò il divorzio" proclama l'uomo mettendo il cappio intorno al collo della moglie.
Attraverso la storia di Aiguo e Lina, condita da interessanti e azzeccatissimi personaggi di contorno (quali una sorella dell'uomo che alla soglia dei 40 anni è ancora nubile e che si affida agli appuntamenti programmati per trovare improbabili mariti e un amico cuoco che alla fine sposerà proprio la sorella), la giovane regista Liu Yulin, qui al suo primo lungometraggio, affidandosi ad un romanzo del famoso padre romanziere Liu Zhenyun, per l'occasione anche sceneggiatore, affronta quello che sembra essere uno dei temi che maggiormente ricorrono nel cinema contemporaneo: l'incomunicabilità che aumenta di pari passo con la illusione che la connessione globale ci renda tutti al centro dell'universo e capaci di interagire con tutto il mondo.
Liu non vuole mettere sotto accusa l'istituto del matrimonio, come da qualche parte si è sentito dire: la storia coniugale è semplicemente la più paradigmatica di come l'isolamento nel quale ci immergiamo produca danni gravissimi nel rapporto interpersonale. Tutti i personaggi della storia, compresi quelli secondari, sono delle facce della stessa solitudine che nasce dalla mancanza di comunicazione: non a caso il personaggio centrale - sebbene non il protagonista - del film è la piccola figlia della coppia su cui la vita non ha ancora abbattuto la scure e che ovviamente non capisce la forzata separazione tra i genitori.
Someone to Talk To ha inoltre un altro grande pregio: nonostante la giovane regista abbia almeno in parte una educazione cinematografica americana, le atmosfere del racconto sono autenticamente cinesi, sia nella scelta dell'ambientazione che soprattutto nei dialoghi e nelle situazioni (risse verbali da cortile, litigiosità accentuata, spiccato senso della morale conformista e usanze ataviche). In più Liu, soprattutto attraverso la storia della sorella Aixiang e dell'amico Jiefeng, disegna con sottile ironia il circolo vizioso che parte dalla solitudine, arriva al matrimonio per non sentirsi soli e termina nella incomunicabilità.

Liu Yulin con questo esordio promettentissimo dimostra di avere le idee chiare: si pone tra un cinema più squisitamente autoriale e uno più 'popolare' che sappia presentare tematiche condivise, racconta la storia con misura senza mai affidarsi ad esagerazioni né estremismi, mostra un buon senso dell'ironia che consente al film di non affossarsi mai nel dramma assoluto e nel finale offre anche una possibile via d'uscita quando Aiguo, finalmente deciso a concedere il divorzio alla moglie, dopo un incontro con una vecchia amica che gli apre la mente, afferma: "dobbiamo guardare al futuro e non al passato, pensare sempre e soltanto a quello che ci ha inaridito i cuori".
Insieme a Wong Chun, regista di Mad World, Liu Yulin è stata una delle sorprese più belle del Far Est Film Festival appena passato in archivio e come per il regista di Hong Kong conviene tenere bene a mente per il futuro il nome di questa giovane regista.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 4

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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