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I Am Not Madame Bovary - Recensione

Miglior film degli ultimi anni di Feng Xiaogang, I Am Not Madame Bovary, trionfatore all'ultimo Festival di San Sebastian, è un armonico insieme di satira, umanità ed eleganza stilistica, incorniciato dalla prova straordinaria di una grandissima Fan Bingbing

Pan Jinlian è un personaggio letterario di fantasia presente in alcuni romanzi della letteratura cinese, tra i quali I briganti, uno dei quattro classici per antonomasia scritto nel XV secolo. Forse ispirato ad una concubina imperiale, il personaggio è stato tramandato nella cultura cinese come esempio di adultera, antesignana di tante femme fatale, tra cui appunto Madame Bovary, cui viene assimilata nel titolo internazionale del film di Feng Xiaogang, scritto in collaborazione con Liu Zhenyun, autore del romanzo del 2012 che porta il medesimo titolo.
La storia di Pan Jinlian viene raccontata sommariamente nel prologo del film perché il richiamo al personaggio ha la sua importanza nella struttura del racconto.
Protagonista è Li Xuelian che per ottenere un alloggio più grande ha inscenato col marito un falso divorzio, legalmente però ineccepibile, progettando poi di risposarsi una volta raggiunto lo scopo. Il marito però ben presto ha inteso il divorzio nella giusta maniera creandosi una nuova famiglia. Xuelian cerca in tutte le maniere di far invalidare il divorzio rivolgendosi a tutte le autorità della cittadina di provincia dove vive, non ottenendo alcun risultato. “Siccome in provincia sono tutti stupidi e a Pechino no”, la donna decide di recarsi nella Capitale dove si sta per tenere l’annuale riunione tra i delegati provinciali sotto l’egida del governo centrale e con metodi da navigata contestatrice pacifista riesce a esporre il suo problema al delegato del governo centrale. Xuelian diventa quindi una mina vagante per le autorità locali, verso le quali il delegato del governo centrale lancia strali di fuoco, perché ogni anno per dieci anni si reca nella capitale per reiterare la sua protesta.
Per la donna non è solo una questione di giustizia, o comunque di legge applicata in maniera ottusa; in uno scontro verbale violento col marito, questi la accuserà di essere una Pan Jilnlian, perché giunta non illibata al matrimonio, frase che sparata ad alta voce nel bel mezzo della strada della piccola cittadina corrisponde ad un marchio indelebile. La battaglia di Xuelian per ottenere giustizia e per lavare il suo onore durata oltre dieci anni, è il tipico scontro tra Davide e Golia, con l’aggravante delle subdole attenzioni che le preoccupate autorità locali, atterrite dall’idea di perdere la posizione di potere, rivolgono alla donna. Anche chi sembrava amico cade nel gorgo dei legami di interesse e di privilegi lasciando la donna sola nella sua impari lotta.
I Am Not Madame Bovary (in originale Wo bu shi Pan Jin Lian), trionfatore al Festival di San Sebastian (miglior film e migliore attrice) e al Golden Horse di Taiwan (miglior regia), è lavoro che presenta diversi livelli di lettura che permettono di apprezzarne il valore, probabilmente il miglior film del regista cinese, almeno negli ultimi anni. Sebbene Feng non nasconda l’intento di farne un lavoro che possa avere un buon impatto commerciale, il film tratta in maniera ora ironica, ora francamente sarcastica, ma sempre con uno sguardo ricco di umanità, il problema della ottusità della burocrazia che, come spesso sentiamo dire nel corso della narrazione, fa nascere problemi giganteschi da piccole cose. Molte volte negli ultimi anni abbiamo visto film che trattavano il tema della lotta del cittadino contro la burocrazia, la corruzione e l’amoralità dell’apparato statale cinese, soprattutto periferico. Nel film di Feng il tutto si tinge però quasi di satira di costume (basti pensare alla lunga scena della prima riunione dei delegati provinciali a Pechino) così come farebbe un qualsiasi comico fustigatore di un paese occidentale. Accanto a ciò però non perde mai di vista la figura di Xuelian, verso la quale l’empatia cresce di pari passo con i fallimenti della sua battaglia.
Attraverso le parole del delegato governativo Feng sbatte in faccia alla società cinese quelli che sono i mali più perniciosi che debbono essere estirpati (corruzione e amoralità che portano ad una distanza incolmabile con i cittadini) ed in questo da un lato denuncia e dall’altro si allinea con le direttive del governo centrale, che da anni ha lanciato la sua battaglia contro questi aspetti della vita politica del Paese.
La figura di Xuelian afferma la sua centralità nel racconto, non solo in quanto protagonista della lotta disperata contro la burocrazia, ma anche per il suo travaglio personale che descrive una sconfitta che segna in maniera indelebile persino lo splendido volto di Fan Bingbing. Certo, la forzata spiegazione finale con tanto di piccolo colpo di scena, se da un lato ridisegna i contorni della storia della protagonista, dall’altro appare addirittura pleonastica, ma nulla toglie allo spessore del personaggio.
Accanto a questi aspetti puramente narrativi, in I Am Not Madame Bovary c’è una originale e per certi versi abbacinante scelta formale: l’uso dell’immagine tipo giroscopio insieme a quella perfettamente quadrata che si alternano a seconda se la scena del film è ambientata nella provincia o a Pechino. Una scelta che non è solo puramente stilistica: sembra quasi sottolineare l’aspetto emotivo della protagonista al modificarsi dell’ambiente. Nel finale addirittura l’immagine sarà in formato simil-cinemascope. In questo alternarsi di struttura visiva si innesta il lavoro alla fotografia di Luo Pan, che nobilita il film di una cifra stilistica che fa della pulizia dell’immagine e dell’eleganza i suoi punti di forza, amplificando l’aspetto strutturale dell’immagine stessa, dopo un primo momento di incertezza in chi guarda.

A suggellare un film di indubbio valore già per molti aspetti c’è la prova di Fan Bingbing: semplicemente straordinaria, soprattutto perché la vediamo per la prima volta alle prese con un personaggio che deraglia un po’ da quelli cui ci aveva abituato, una prova di grandissima maturità che in alcuni momenti ha ricordato la divina Gong Li dei lavori d’oro di Zhang Yimou.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 4

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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