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Harmonium (Fuchi ni tatsu) - Recensione (London East Asia Film Festival 2016)

Koji Fukada ritorna con Harmonium, un film drammatico che spiazzerà chiunque si aspetti i toni lievi e da commedia dei lavori precedenti

Harmonium è parte della selezione speciale del London East Asia Film Festival 2016 ed è stato a Cannes nella sezione Un Certain Regard dove ha vinto il premio della giuria. Il regista Koji Fukada dà una svolta decisamente drammatica al tono che avevano i suoi film precedenti, ricordiamo la delicata storia 'coming of age' di Au revoir l’été in un lieve stile rohmeriano. Harmonium invece è un film molto duro e di forte impatto emotivo.
Il collaboratore abituale del regista, Kanji Furutachi, è Toshio Suzuoka, padre di famiglia con una piccola impresa meccanica. Sua moglie Fumie (Mariko Tsutsui) è una casalinga devota al culto protestante. La loro figlia Hotaru (Momone Shinokawa) è una bambina di 10 anni come tante, anche lei con la mamma frequenta la parrocchia e sta imparando a suonare l’organo.
Fin dalla prima scena che li vede intorno alla tavola intenti a fare colazione, capiamo che la famiglia non è molto armonica, niente di esplicito, ma c’è una tangibile stanchezza del rapporto e una divisione tra padre da una parte e madre/figlia dall’altra. Toshio in particolare sembra essere rinchiuso nel suo mondo in cui il lavoro ha una parte predominante. La discussione che hanno madre e figlia a tavola sull’uso dei piccoli ragni di mangiare la madre e sul loro dubbio karma è un inquietante preludio al tono di questo drammatico intreccio.
Un giorno, dal nulla, appare Kusataro Yasaka (Tadanobu Asano), uno strano personaggio di poche parole che capiamo essere un vecchio conoscente di Toshio. Yasaka, con la sua camicia bianca e completamente abbottonata, è appena uscito di prigione dove ha passato 11 anni per aver ucciso un uomo, cosa che Toshio sembra sapere già. Quest’ultimo senza troppi indugi ma anche senza troppo entusiasmo, quasi per dovere, gli offre di lavorare nella sua officina e di vivere con loro. Fumie, che non è stata interpellata in questa decisione, accetta con sospetto l’intruso/ospite, ma lentamente comincia a essere incuriosita e attratta da quest’uomo enigmatico e dal misterioso carisma che progressivamente guadagna il controllo su ognuno dei membri della famiglia. I dettagli lentamente si svelano e ci fanno capire un po’ di più del passato oscuro di Toshio e Yasaka e il disagio cresce fino ad un grave incidente e la conseguente scomparsa di Yasaka. La narrazione fa un salto e riprende 8 anni dopo.
Il film, pur se elegantemente girato con minimalismo, è un crescendo di caos emozionale. Intriso di colpa, punizione ed espiazione, sembra scuotere con forza le basi della famiglia tradizionale usando l’elemento estraneo Yasaka come nemesi e catalizzatore. A tratti mi ha ricordato Creepy, per il senso di assoluto disagio che l’intruso, magistralmente interpretato da Asano, porta con sé persino quando non c’è. Al punto che fa dubitare se Yasaka esista realmente o sia una figura allegorica, un demone del senso di colpa di Toshio, lo spirito dell’imprevedibilità del fato, la mano del peccato che ricade da genitori a figli.
Il regista fa uso di un forte simbolismo anche nell’organo da chiesa suonato di continuo dalla bambina con stridente inettitudine e nell’uso dei colori, leggermente desaturati con l’apparire di elementi rossi fortemente significativi per la storia e del bianco immacolato che avvolge Yasaka.
Un senso molto 'protestante' di predestinazione accompagna l’intreccio verso un inevitabile finale in cui la famiglia si ritrova a reinterpretare in chiave raccapricciante una foto istantanea fatta in un momento felice all’inizio del film, chiudendo il circolo. In realtà il finale lascia, oltre che scossi, anche un senso di incompiuto qualora ci si sapetti un segnale di speranza, ma la speranza non era in agenda in questo film.

Un’opera ricca di spunti, ma molto ostile per un pubblico non festivaliero.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

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Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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