Attenzione
  • JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 98

News, recensioni, approfondimenti sul cinema asiatico

Ti trovi qui:HomeCinema e dintorniAsiaDragon Blade - Recensione

Dragon Blade - Recensione

Una immagine del film Dragon Blade di Daniel LeeKolossal più hollywoodiano che cinese Dragon Blade dà corpo ad una epica suggestione: l'incontro tra la Civiltà Romana e quella Cinese, all'insegna della tolleranza e del pacifismo

Da oltre cinquanta anni, ad intervalli di tempo regolarmente scanditi, da più parti, più o meno accreditate, si enunciano teorie su possibili rapporti intercorsi tra Impero Romano e Impero Cinese. La gran parte di tutte queste teorie appaiono più come suggestioni ben lungi dall'essere considerate credibili dagli ambienti archeologici e storici più autorevoli. Probabilmente dietro questo fenomeno si nasconde il grande fascino che induce il poter pensare cosa sarebbe potuto essere il mondo (anche oggi) se mai i due più grandi Imperi della storia dell'umanità fossero mai venuti in contatto tra loro.
Ispirandosi ad uno di queste ipotesi e spacciandole nei titoli di testa come "fatti realmente avvenuti", il regista Daniel Lee costruisce il suo mega kolossal Dragon Blade, uno dei film a più alto budget della storia della ormai ricchissima cinematografia cinese, stravolgendo fra l'altro i termini dell'ipotesi storica, mai dimostrata, cui si riferisce.
Il nostro amato Jackie Chan (Huo An, un Unno al servizio della Dinastia Han) è il Comandante di una unità dell'Impero cinese deputata al controllo e alla sicurezza della Via della Seta che dalla Cina raggiunge la Persia, essenziale arteria commerciale per molti popoli della vastissima regione. In seguito ad una oscura trama che lo accusa di avere rubato dell'oro, viene inviato in una città di confine nell'estremo ovest dell'Impero a ricostruire le fortificazioni. Qui regna il caos: responsabili della città incapaci di mantenere l'ordine, varie etnie che si combattono tra loro e come non bastasse una Legione Romana in fuga dalla Persia, guidata dal console Lucius, alle porte con intenzioni bellicose.
Il nostro buon Jackie, metà Tommaso Campanella metà Charles Fourier, prende in mano la situazione e non solo consente ai romani di poter entrare in città, ma si rende protagonista della costruzione della città perfetta: da Babele a Città del Sole grazie al suo spirito pacifista votato all'integrazione tra i vari popoli ed etnie tutte interessate alla edificazione di una comunità che consenta di vivere pacificamente.
Alle calcagna di Lucius, ormai amicone di Jackie, c'è però il perfido Tiberius che vuole fare fuori il giovanissimo fratello Publius che Lucius porta con sé in fuga: la classica trama fratricida da politica romana sin dai tempi dei Sette Re. Quando anche il demoniaco Tiberius giunge alle porte della città dopo avere attraversato l'Asia intera con la sua armata poderosa, per Jackie e i suoi amici romani non rimane altro che dover combattere la battaglia finale in difesa della civiltà e dell'armonia contro le forze del male e dell'oscurantismo.
Il risultato di tutto sarà la costruzione in piena terra cinese di una città Romana che qualcuno, compreso il regista che lo spiega nei titoli sull'epilogo del film, vorrebbe individuare con Liqian nel Gansu ai confini col deserto del Gobi.
Al di là delle valutazioni storiche-archeologiche e persino genetiche che stanno alla base degli eventi raccontati, che sono un chiaro pretesto mai utilizzato in questo genere di pellicole, il film di Daniel Lee si presenta da subito per quello che è: un kolossal gigantesco con spettacolari battaglie e migliaia di comparse, elaborato sapientemente con un digitale debordante, girato in condizioni difficilissime, quasi estreme che hanno messo a durissima prova la troupe (chiaro c'è il nostro caro Jackie, nulla può essere tranquillo...). Si badi bene però, un kolossal che guarda più a Il Gladiatore e ad Alexander piuttosto che a La Battaglia dei Tre Regni di John Woo, sposando appieno lo spirito del blockbuster occidentale, senza che questo abbia necessariamente una valenza negativa.
Soprattutto Jackie Chan cerca in tutti i modi di mantenere una sua identità storico-cinematografica, evitando di cadere nel poco credibile e costruendosi un personaggio che sta a metà strada tra i suoi eroi atletici e invincibili e il protagonista di Little Big Soldier: il suo ruolo di quasi santone pacifista, animato da una utopia sulla pacifica convivenza e sul rispetto reciproco, se dal punto di vista cinematografico ha una sua ragione d'essere, nella sostanza appare un po' troppo estremizzato, così come un po' tutti i personaggi di contorno; il ribadire in continuazione quanto le atrocità della guerra segnino le vite umane appare un messaggio pacifista che però poco si adatta al periodo storico nel quale l'essere umano aveva come precipua attività, quasi esclusiva ragione di vita, la guerra.
Chiaro che Lee vorrebbe costruire una parabola all'insegna della comprensione, della tolleranza e della pace ed in questo il film, seppure tra ovvietà ed eccessiva enfatizzazione, lo scopo lo raggiunge.
John Cusack funge da spalla di lusso per Chan, interpretando un personaggio molto 'romano' nella sua struttura, ma il vero punto forte del film è Adrien Brody, non solo per la sua buona prova, ma soprattutto perché a conti fatti il personaggio più profondo è il suo, con la carica di malvagità e di tragicità, di fallimento e di rancore che lo rende molto vero e molto coerente con il periodo storico.

Grande kolossal quindi che mette in mostra una spettacolarità di fronte alla quale indubbiamente si rimane a volte stupiti, in special modo nelle scene di battaglia in campo lungo e al quale si può perdonare qualche eccesso di enfasi a volte vicino al risibile. Chan tutto sommato ne esce bene, Cusack e Brody anche e se la Storia ne esce un po' a brandelli e quasi vilipesa, poco male, è solo un film che fa dell'epica e della mitologia il suo nutrimento. 


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

  Vai alla scheda del film
  Trailer del film


Video

Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

1 commento

  • Arancia Meccanica
    Arancia Meccanica Mercoledì, 18 Marzo 2015 18:26 Link al commento Rapporto

    Jackie, come lo chiama in modo affettuoso l'autore dell'articolo, ha accompagnato la mia adolescenza con i suoi action movie trasmessi in tv. Peccato che ora se ne vedano sempre meno! Questo film mi intriga, ma vedo che non è disponibile nemmeno su Amazon

Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove indicato.
Codice HTML non è permesso.

Questo sito utilizza cookie per il suo funzionamento. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi avere maggiori informazioni, leggi la Cookies policy.