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Far East Film Festival 2013: settima giornata di cinevisioni orientali

Battaglie sanguinose, amori giovanili, horror filippini, donne sull'orlo di una crisi di nervi, drammi famigliari: gioie e delusioni nel vasto campionario di storie della settima giornata del Far East Film Festival di Udine

Una delle sorprese più piacevoli del FEFF 15 apre le danze di questo caldo giorno di festa qui ad Udine.
The Floating Castle di Inudo Isshin, nonostante le due ore e mezza di durata, racconta una storia bella, ben diretta che mescola l'epica storica del 1500 giapponese ai toni da commedia. Ispirato ad un episodio storico realmente avvenuto, narra della strenua resistenza di un clan giapponese asserragliato all'interno di un castello contro il Reggente Imperiale prossimo a sottomettere tutto il Paese. Tra battaglie sanguinose degne del miglior kolossal e le divertenti performance del Signore del Castello (personaggio assolutamente atipico e lungi dalla severità che si addice ad samurai), il racconto si dipana con i giusti tempi e presenta uno sguardo sulla guerra e sulla lotta di potere originale e sfaccettato.

L'horror filippino di Erik Matti, Tiktik: the Aswang Chronicles fa ben sperare in partenza con uno stile quasi fumettistico, ma dopo poco mostra il volto deleterio di un lavoro che ha pochissimo da offrire: niente splatter da B-movie e niente tensione in una storia di zombie ambientata in un villaggio delle Filippine, che dopo mezz'ora ha detto tutto quello che c'era da dire (cioè pochissimo) e in cui l'unico momento degno di nota lo offre il simpatico maialino che ringhia cattivo e che ben presto si trasforma in zombie. Altro lavoro quindi che si dimentica al primo passo fuori dal teatro.

Apolitical Romance del taiwanese Hsieh Chun-yi è invece un film che, pur inserendosi nell'ormai collaudata scia della commedia romantica autoctona, si arricchisce dell'intelligente e divertente tema della contrapposizione tra taiwanesi e cinesi continentali. Con l'occasione di ritrovare l'amore giovanile della nonna, emigrato dopo la guerra sull'isola, una ragazza pechinese si reca a Taiwan, dove con l'aiuto di un giovane si mette alla ricerca dell'uomo. Il confronto tra i due fa emergere le differenze che esistono tra i due popoli e diventa una sorta di invito alla reciproca conoscenza. Scena madre tra quelle che passeranno alla storia di questo FEFF: lei che davanti al mausoleo di Chang Kai-shek si mette a cantare inni patriottici maoisti. La tematica del confronto tra taiwanesi e mainlander dà quel tocco di originalità ad un genere, quello della commedia romantica dell'isola-Stato, che anche qui al FEFF abbiamo visto un po' stagnante.

Feng Shui di Wang Jing è un lavoro che regala grandi momenti di cinema con una storia che galleggia a metà tra cinema d'autore della Sesta Generazione e racconto famigliare. E' la storia di una famiglia, in cui le tensioni coniugali raggiungono livelli inconciliabili con una sana convivenza e che portano alle conseguenze estreme, in un ambiente metropolitano. Il dramma famigliare viene esplorato con occhio attento a tutte le dinamiche, compresa quella sociale, una cattiveria di fondo aleggia sempre sulla narrazione e possiamo ben dire che Feng Shui, forte proprio della schiettezza e dell'attenta analisi delle dinamiche famigliari, si pone come uno tra i migliori film visti finora.

Per lo spettacolo di prima serata viene scelta la commedia Girls for Keeps di Yoshihiro Fukagawa, una storia tutta al femminile che dietro ad una apparente delicatezza nasconde però una struttura che non riesce a regalare nulla di particolarmente apprezzabile. Protagoniste quattro donne trentenni, giunte al bivio della loro esistenza tra depressioni, insoddisfazione, sogni frustrati e soprattutto stremate da un ambiente maschilista che affossa tutte le le loro aspirazioni. La tematica può anche avere un certo interesse, a maggior ragione in un paese come il Giappone, però ripetere per tutto il film tre o quattro concetti fin quasi alla nausea, senza peraltro osare nulla, non giova alla riuscita del film, che vorrebbe essere qualcosa di più ma che alla fine è una commediola tutt'altro che esaltante.

Chiude la serata un altro lavoro cinese, An Inaccurate Memoir di Yang Shupeng, regista appassionato di western cui decreta un omaggio. Al di là di certe ambientazioni e di certe situazioni, il film però non può essere classificato come western nel senso stretto del termine, semmai è la solita riproposizione della lotta antigiapponese negli anni della guerra. Un gruppo di banditi viene convertito al patriottismo antinipponico da un cospiratore, mettendo con ciò a repentaglio la loro vita, ed ergendosi ad eroi che una memoria fallace non ha tramandato. Tra villaggi polverosi, rapine in banca, fucili e dinamite, la storia viaggia su buoni ritmi con frequenti inserti ironici, ma l'essenza del western è un altra, a prescindere dalla qualità del film che è decisamente apprezzabile.

Per questo 25 aprile di festa è tutto, domani grande curiosità per il film nordcoreano: in tempi di missili puntati non è poca cosa.

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