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Far East Film Festival 2015: tiriamo le somme

Un bilancio della 17esima edizione del Far East Film Festival. I film vincitori, quelli più amati, le star protagoniste, la Regina Sakura Ando, il clima informale: ripercorriamo i dieci giorni della kermesse di Udine

Il sipario che cala sul Far East Film Festival edizione 17 si tinge inequivocabilmente dei colori coreani: tripletta nella competizione che assegnava l'Audience Award e vittoria nel concorso assegnato dal popolo web. Le briciole rimaste sono raccolte dalla Cambogia al suo esordio al FEFF col premio assegnato dagli accreditati Black Dragon.
Come tutti i verdetti si può discutere all’infinito, ma il dato è incontestabile: il pubblico del Festival ha una sana propensione per il drammone sociale-storico: Ode to My Father di JK Youn è lavoro che fa fortissima leva, anche troppo a dire il vero, sul dramma famigliare durante il periodo che va dall’inizio della guerra di Corea fino ai giorni nostri al punto di ostentare un gusto per la drammatizzazione quasi eccessivo che narrativamente aggiunge poco ad una opera ben fatta tecnicamente ma che cerca con troppa furbizia i punti deboli emotivi.
Anche il terzo posto occupato da My Brilliant Life di E J-yong è un eccessivo riconoscimento per un dramma sociale e personale che vede al centro della narrazione un ragazzino affetto da una grave e rara malattia che lo porta a morte in età adolescenziale, non certo tra i migliori lavori visti.
Sorprende invece il secondo posto conquistato dall’ex ragazzo terribile Lee Won-suk, che due anni fa vinse ad Udine col suo lavoro d’esordio demenziale How to Use Guys with Secret Tips: il suo The Royal Tailor è lavoro ad alto budget, storico ed in costume che dimostra come il giovane regista coreano abbia ormai intrapreso una carriera che potrebbe portarlo lontano.
Il Black Dragon Award assegnato alla regista cambogiana Sotho Kulikar per The Last Reel è anche un riconoscimento ad una cinematografia che, dopo gli anni bui del regime Khmer che aveva azzerato completamente l’industria, sta ritornando ad essere tra le più prolifiche ed interessanti del panorama asiatico.
I migliori lavori però sono rimasti fuori dai premi, come spesso accade: 0.5 mm di Momoko Ando e Uncle Victory di Zhang Meng sono opere degne di rassegne anche più blasonate del FEFF e questo deve essere motivo d’orgoglio per gli organizzatori. Due film di grandissimo livello che rivelano il talento dei due autori grazie ad una regia coi fiocchi. Meritano una menzione anche 100 Yen Love e Unsung Hero che portano entrambi la firma di Take MasaharuThe Taking of Tiger Mountain del grande Tsui Hark, Sara di Herman Yau e Kung Fu Jungle di Teddy Chen.
Da segnalare come la novità della collaborazione con il Festival di Sitges, del quale abbiamo assistito ad una selezione, ha dato frutti eccellenti: tutti i lavori sono stati degni di nota, facendoci scoprire la realtà di questa piccola ma interessantissima rassegna spagnola.
Ma come ben sappiamo tutti l’aspetto più squisitamente cinematografico è solo uno dei tanti del FEFF, che invece è sempre più un raduno che grazie al clima informale, alla passione che si palpa, alla splendida accoglienza della città di Udine e dei suoi abitanti, ti permette di trascorrere una decina di giorni talmente belli e divertenti che passano come un lampo. Rivedere le facce note, incontrarne di nuove, respirare la passione pura che anima tutti i partecipanti, discutere di cinema, strappare facilmente senza problemi la foto in compagnia di un regista o di un attore, affrontare i problemi, in primis quelli del sonno, che il ritmo serrato impone, sedere fianco a fianco ai protagonisti, tutto questo fa parte di un magico rituale che rende l’esperienza udinese ineguagliabile.
Foto di Paolo Jacob per il Far East Film Festival 2015Del clamoroso e incredibile inizio del FEFF nobilitato dalle presenze di Joe Hisaishi e del grande Jackie Chan hanno parlato tutti, persino gli organi di stampa più autorevoli. Raccontare invece i ritratti un po’ più piccoli degli altri protagonisti presenti è opera di coloro che il Festival lo vivono visceralmente, ed ecco quindi che la palma di Regina indiscussa di questa edizione va a Sakura Ando, la giovane talentuosissima attrice giapponese che ha mostrato a tutti una simpatia ed una disponibilità immediata: il pubblico l’ha amata sin da subito anche grazie ai due ruoli che l'hanno vista protagonista in 0.5 mm e 100 Yen Love.
Altra protagonista più discreta ma di grandissima classe è stata la regista cambogiana Sotho Kulikar, deliziosa nei suoi modi di fare tipicamente asiatici, che si è fatta portavoce delle istanze del cinema del suo Paese attraverso un lavoro dal forte impatto 'metacinematografico' (come direbbero i bravi critici), mentre, almeno nei primi giorni, Lee Won-suk, ha imperversato con la sua simpatia, spesso e volentieri seduto al bar a gustare le prelibatezze enologiche della terra friulana.

Insomma l’aspetto più strettamente cinematografico e quello invece dell’ambiente sono due facce del FEFF che si intrecciano alla perfezione: poco importa se i film sono stati più o meno belli, l’importante è avere vissuto questi 10 giorni in un'atmosfera fraterna e sincera irripetibile, motivo per il quale mi sento di ringraziare i compari di avventura Davide, Paolo, Danilo, Michele ed Adriana con i quali ho condiviso i giorni udinesi.

Vai allo Speciale FEFF 17: tutti gli aggiornamenti da Udine.




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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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