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Yasujiro Ozu: dal FEFF alle sale italiane, il grande cinema che cristallizza la vita

Sei capolavori del maestro giapponese pronti ad approdare nelle sale italiane in versione restaurata: antipasto al Far East Film Festival 16 con la proiezione di Buon giorno. Un appuntamento da non perdere: scopriamo perché e quali saranno i titoli (ri)proposti al cinema

Il simbolo del Far East Film Festival potrebbe ben essere Doraemon. L'ingresso del Teatro Nuovo di Udine diventa durante il festival come la dokodemo del famoso gatto spaziale protagonista del fortunatissimo manga e anime, una porta magica che permette di viaggiare ovunque. Potere del cinema. Lo sguardo a Oriente attraversa così migliaia di chilometri e raggiunge terre lontane: Cina, Giappone, Malesia, Filippine, Indonesia, Corea del Sud, Taiwan, Thailandia. Un viaggio nello spazio, con i tantissimi titoli recenti in rappresentanza delle diverse realtà produttive asiatiche, ma anche nel tempo. Il programma propone infatti anche una bella sezione di classici restaurati. Tra questi, in chiusura di festival, Buon giorno (Ohayo) del grande Yasujiro Ozu. E la nuova vita del film realizzato nel 1959 dal maestro giapponese non si esaurirà con il passaggio al Far East 16. Rientra infatti tra i capolavori del regista restaurati dalla major nipponica Shochiku che saranno restituiti al pubblico italiano grazie a un accordo con la Tucker Film, la casa di distribuzione friulana legata al FEFF. I film, in formato 2K, saranno distribuiti nelle migliori sale il prossimo anno e permetteranno al pubblico di riscoprire alcuni gioielli del cineasta. In ordine cronologico di realizzazione: Tarda primavera, Viaggio a Tokyo, Fiori d'equinozio, Buon giorno, Tardo autunno, Il gusto del sakè.

Il restauro. Riconoscibile per l'immagine del Monte Fuji, simbolo che precede ogni film, la Shochiku è la più antica major giapponese. Se sono tanti i grandi registi che hanno legato il loro nome a questo storico studio cinematografico, Yasujiro Ozu rappresenta sicuramente l'alfiere del marchio non solo per la grandezza della sua opera, ma anche perché quasi tutti i suoi film furono prodotti dalla Shochiku. Non stupisce dunque che la casa di produzione e distribuzione abbia portato avanti questa operazione di restauro per celebrare (nel corso del 2013) i centodieci anni dalla nascita e i cinquanta dalla morte del regista. Il contrasto tra tradizione e modernità, tema tipico del suo cinema, si ritrova in altre visti nel progetto di restauro con i progressi nel campo della tecnologia digitale al servizio di un lavoro di riparazione che mira ovviamente a limitare il rischio di modificare l’immagine e l’audio più di quanto dovuto, ad avvicinarsi il più possibile all’idea originale di Ozu. Garanzie a proposito arrivano dal fatto che alcuni membri del suo staff hanno potuto contribuire al restauro. Per quanto riguardo il sonoro la Shochiku ha fatto riferimento al regista Kogi Tanaka che lavorò per Ozu come assistente alla regia in diverse opere. Per le immagini, invece, ha potuto contare sulla consulenza di Takashi Kawamata che fu assistente capo alla fotografia nella squadra di Ozu. Insieme a lui ha lavorato al colore Masashi Chikamori, direttore della fotografia nel team di Yoji Yamada che - curiosità - l'anno scorso ha omaggiato Ozu con un remake del suo capolavoro Viaggio a Tokyo.

La distribuzione. L'obiettivo di far conoscere i protagonisti di ieri attraverso dei focus dedicati alla storia del cinema orientale presentati durante le varie edizioni del FEFF nel corso degli anni, trova oggi grazie all’attività di distribuzione nazionale della Tucker Film un approdo concreto. Avere la possibilità di rivedere sul grande schermo lo splendore di alcuni capolavori del cinema non ha prezzo per i veri appassionati. E la stessa passione muove la Tucker, insieme ovviamente a un ragionamento sul mercato: “Il passaggio dal proiettore in pellicola al digitale – sottolinea Thomas Bertacche, amministratore delegato della Tucker – permette di programmare in maniera più semplice e con le difficoltà che hanno soprattutto le sale di città. Offrire dei contenuti alternativi, realizzare rassegne, costruire eventi, riportare le persone a vedere grandi film che hanno segnato la storia del cinema, è una delle possibilità che gli esercenti hanno per poter creare un rapporto diretto, di fiducia, con il pubblico”. Al Far East una preziosa anteprima con Buon giorno, uno dei primi film a colori del maestro giapponese, dove si può riscoprire la cura e la poetica raffinatissima con cui Ozu utilizzava la tavolozza cromatica, come il suo tipico rosso: “Si tratta dell'ultimo restauro che ha fatto la Shochiku – spiega Thomas Bertacchee avendo chiuso l'accordo da poco abbiamo pensato fosse bello fare l'anteprima europea durante il festival. Sottotitoleremo poi in italiano tutti i film e andremo a realizzare probabilmente anche un libro di accompagnamento. Tra ottobre e novembre cominceremo a ragionare su come lanciare la cosa, partendo dalle grandi città che hanno una cineteca, una storia con il cinema di retrospettiva. Speriamo poi in tutto il territorio. Sappiamo che non è facile, ma siamo fiduciosi”.

Lo stile Ozu.La cosa più simile al paradiso che abbia mai incontrato è il cinema di Ozu”. Wim Wenders, che gli ha dedicato il documentario Tokyo ga, parla così dei film del regista giapponese. Una cinquantina in tutto, diversi purtroppo andati perduti a causa dei bombardamenti durante la Seconda Guerra mondiale, realizzati tra la fine degli anni Venti e l'inizio degli anni Sessanta. Prima della morte avvenuta nel 1963, il 12 dicembre, lo stesso giorno della data di nascita a inizio del secolo. Aveva solo sessant'anni. La sua eredità è fatta di capolavori immortali e di uno stile, così particolare da poter esser definito 'stile Ozu', che ha affascinato e influenzato fortemente altri grandi cineasti. Dal punto di vista tecnico non si possono non ricordare alcune delle peculiarità espressive del suo cinema. A cominciare dal posizionamento insistito della macchina da presa ad altezza di una persona seduta sul tatami, o come si dice più abitualmente ad altezza di cane, scelta che aiuta a creare uno spazio reale in cui viene calato chi guarda. All'interno si muovono i personaggi, con naturalezza, anche perché nelle scene di dialogo spesso i personaggi vengono ripresi di lato. In altri casi inquadrati frontalmente come rivolti allo spettatore. La macchina da presa poi non si muove quasi mai. Fissità che non porta a una deriva teatrale dei suoi film, con una recitazione sempre orchestrata nella direzione di una credibilità delle situazioni e delle interpretazioni, affidate spesso agli stessi attori (a cominciare dal sempre, o quasi, presente Chishu Ryu fino alla meravigliosa Setsuko Hara il sui sorriso riempie diversi dei suoi film).
Panoramiche, zoom, carrellate sono limitatissime se non assenti. Tutto affidato al montaggio, comunque dal ritmo dolce, delle inquadrature spesso realizzate attraverso le porte scorrevoli, gli shoji, fuori dalle stanze in cui si svolge l'azione, lungo i corridoi. E poi le caratteristiche inquadrature di transizione, i pillow shot, su oggetti o campi vuoti che sospendono la narrazione e portano lo spettatore in uno spazio di riflessione. Una tecnica quella di Ozu al servizio del suo cinema delicato, contemplativo, in fondo un po' espressione anche del concetto mono no aware che racchiude molto del sentire giapponese. La bellezza effimera di ogni cosa e la dolce e commossa malinconia che rimane dentro di noi al loro passaggio. La consapevolezza del carattere transitorio di tutto, la serenità che si mantiene a dispetto dell'incertezza e che porta i personaggi dei suoi film a una matura accettazione del cambiamento. Cambiamenti che soprattutto per quanto riguarda la famiglia, con particolare attenzione al rapporto tra genitori e figli, costituiscono un tema fondamentale nell'opera del regista. “Nei film di Ozu l'intero mondo è compreso in un'unica famiglia”, diceva Donald Richie, il grande studioso di cinema giapponese. E se la realtà dei suoi film è lontana dalla nostra geograficamente e ormai anche nel tempo, il modo in cui Ozu ha rappresentato la vita rende le sue opere universali ed eterne.

I film. Sono sei i capolavori del maestro giapponese, restaurati in digitale dalla Shochiku, che saranno distribuiti in formato 2k nelle migliori sale italiane dalla Tucker Film. Una parte importante della produzione del periodo d'oro di Ozu nel secondo Dopoguerra.

Tarda primavera (Banshun, 1949)
Per convincere l'affezionatissima figlia Noriko a farsi una famiglia, il padre vedovo finge di interessarsi a una signora con l'idea di risposarsi come ha fatto un suo amico. Noriko all'inizio è sconvolta, ma la trappola a fin di bene del padre alla fine funziona.
Setsuko Hara, attrice prediletta di Ozu, trova in questo film il ruolo probabilmente più importante della sua carriera. Accanto a lei l'immancabile Chishu Ryu, protagonista dell'ultima scena simbolo di  tutto il film, una delle più commoventi nella storia del cinema. Tornato a casa dopo il matrimonio della figlia si ritrova solo, perde quella serenità mostrata per tutto il film e a capo chino sbuccia una mela prima dello stacco finale sulle onde del mare. Memorabile anche la scena del vaso che si alterna al viso di Noriko prima sorridente e poi sofferente e quella del giro in bicicletta, dove viene anche mostrato un cartellone della Coca Cola che fa da contrasto alle scene che rappresentano le tradizioni giapponesi come quella dello spettacolo di teatro Noh.

 



Viaggio a Tokyo (Tokyo monogatari, 1953)
Una coppia di anziani lascia la propria città di provincia per fare un viaggio a Tokyo, in visita ai figli che lavorano e vivono lì. Troveranno tanta indifferenza. Solo una delle nuore, la vedova del figlio morto in guerra, sembra infatti avere il piacere di trascorrere del tempo con i suoceri.
L'autorevole rivista Sight & Sound lo mette al primo posto assoluto nella classifica dei migliori film di sempre. Basta questo dato a sintetizzare l'importanza di questo capolavoro in cui Ozu raggiunge la massima espressione dell'indagine del nucleo familiare, dell'incomunicabilità tra generazioni nel Giappone che cambia. La crescita dei figli si accompagna ai mutamenti della società che porta a nuovi stili di vita. I genitori passano in secondo piano fino a diventare un disturbo. I vecchi accettano con una delusione accompagnata però alla consapevolezza dell'ineluttabilità del cambiamento. Le cose mutano, è il fluire della vita.

 



Fiori d'equinozio (Higanbana, 1958)
Un uomo d'affari viene spesso chiamato dagli amici che gli chiedono consigli e aiuto per tutto quello che riguarda i loro rapporti d'amore e la famiglia. Nonostante i suoi atteggiamenti liberali, contrasta però il matrimonio della figlia con un uomo scelto liberamente.
Primo film a colori di Ozu che rimase attaccato a lungo al bianco e nero e solo quasi alla fine degli anni Sessanta, con questo film, lo abbandonò. Da un parte una commedia con situazioni divertenti, dall'altra come sempre analisi della situazione familiare, con la perdita dell'autorità paterna attraverso la figura di un uomo diviso tra tradizionalismo giapponese e influenza liberale. Alla fine ‘sconfitto’ dalle donne. Dalla moglie, una magnifica Kinuyo Tanaka, che lo spinge a dare il suo consenso al matrimonio della figlia.




Buon giorno (Ohayo, 1959)

La comunità di un piccolo quartiere della periferia di Tokyo vede la propria tranquillità minacciata quando una giovane coppia acquista un televisore scatenando la curiosità di tutti i ragazzini. Fra questi, due giovani fratelli che cominciano ad assillare i genitori affinché anche loro ne comprino uno. Incassato un fermo rifiuto, decidono di iniziare uno sciopero del silenzio.
Quasi trent'anni dopo Sono nato, ma...Ozu riprende in mano quella storia, in cui raccontava la protesta dei figli di un impiegato contro il padre dopo averlo visto fare il buffone davanti al suo principale, e la trasforma in questa sorta di remake. Scritto come sempre insieme al suo leggendario collaboratore Kogo Noda, è uno dei film più divertenti, giocosi, leggeri del regista. Non mancano però all'interno dell'esile trama osservazioni sui comportamenti degli abitanti delle zone residenziali, sui meccanismi di una società in trasformazione.




Tardo autunno (Akibyori, 1960)
Dopo la morte del marito, Akiko vive con la figlia Ayako. Spera che lei si sposi, ma la ragazza non ne vuole sapere. Ci si mettono anche tre amici dell'uomo scomparso che cercano di spingere anche la madre a risposarsi.
Undici anni dopo Tarda primavera Setsuko Hara passa dall'altra parte. È lei la vedova che cerca di convincere la figlia a sposarsi fingendo interesse per le attenzioni di tre amici del padre scomparso. Una storia al femminile che vira maggiormente verso la commedia con i simpatici intrighi matrimoniali portati avanti dai personaggi maschili. Meno intenso rispetto al modello originale, ma sempre coerente con la visione generale del regista.




Il gusto del sakè (Sanma no aji, 1962)
Il vedovo Hirayama vive tranquillamente con la figlia ventiquattrenne Michiko e il minore dei figli maschi. L'esempio negativo del suo vecchio maestro di scuola gli fa capire che Michiko sta sacrificando la sua vita per lui e decide quindi di spingerla al matrimonio.
L'ultimo film di Ozu è come una versione aggiornata ai tempi di Tarda primavera. Riprende ancora una volta quella vicenda come base, ma in molte cose del contesto in cui si sviluppa si possono notare i cambiamenti del paese. Il film è più metropolitano e Shiwa Iwashita nel ruolo della figlia rappresenta già un modello di donna diversa rispetto a quello interpretato anni prima da Setsuko Hara. Conclusione più o meno simile con l'accettazione del matrimonio e finale con il padre, ancora il grande Chishu Ryu, che si ritrova da solo e a cui non resta altro che il gusto consolatorio del sakè. Da segnalare come non si veda mai lo sposo, una delle tipiche ellissi del maestro giapponese.


 

P.S.: L'iniziativa della Tucker prenderà il via il 22 giugno a Milano, per poi spostarsi a Roma e in altri capoluoghi italiani. Per consultare la prima parte della programmazione nelle sale, clicca qui.



Video

Fabio Canessa

Viaggio continuamente nel tempo e nello spazio per placare un'irresistibile sete di film.  Con la voglia di raccontare qualche tappa di questo dolce naufragar nel mare della settima arte.

1 commento

  • Peppe by
    Peppe by Venerdì, 19 Giugno 2015 14:38 Link al commento Rapporto

    Vivo a Torino, spero arrivino anche qui, magari non a ferragosto :D

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