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Far East Film Festival 2014: il diario della quinta giornata

Per il Day 5 del FEFF 16 arriva il drammone coreano The Attorney di Yang Woo-seok, atteso più del sole a Udine dopo una giornata tra alti e bassi che ha proposto anche l'ultimo film di Feng Xiaogang, Personal Tailor

Parte con un film sbagliato la quinta giornata del FEFF 16. Personal Tailor di Feng Xiaogang, (vincitore del FEFF 2011 con Aftershock) è una commedia a episodi che ha come protagonista un’improbabile agenzia, la Dream Factory, specializzata nel realizzare ogni fantasia dei clienti. I tre episodi più il prologo cercano di divertire e moralizzare il pubblico con un buonismo che, ancora una volta, fa pensare che in Cina l’influsso cattolico sia molto sottovalutato. Scrittura confusa, caratteri poco interessanti, il film si perde dopo la prima mezz’ora e non si ritrova più.
I corti della Fresh Wave hongkonghese non si discostano molto da tutta l’immensa produzione mondiale realizzata nel medesimo formato. E’ ora di dirlo in modo definitivo: il corto è un genere difficilissimo che solo registi-poeti possono permettersi, come Pasolini o Balabanov. Astenersi tutti gli altri. Gli aspiranti registi si cimentino con film brevi ma interi. Amen.
To Live and Die in Ordos, della regista di ‘sesta generazione’ Ning Ying, è uno strano prodotto. Racconta, in modo agiografico, la vita di un irreprensibile capo di polizia, Hao Wenzhang, che ha sacrificato la propria vita personale per servire la Nazione. Il merito principale dell’eroe sembra quello di non essersi mai fatto corrompere, il che la dice lunga su come anche in Cina girino le cose. Se la storia è troppo lunga e non troppo interessante, la realizzazione è visivamente sontuosa e la regista ha una più di una freccia al suo arco. Ottima la prova del protagonista Jingchun Wang nel rendere la figura un po’ incolore del poliziotto, anonimamente viva.
The Journey di Chiu Keng Guan, a parte la stranezza di essere un film ambientato nella comunità cinese della Malesia, non avrebbe resistito più di trenta secondi alla prova telecomando di un passaggio televisivo. La figlia di un vecchio eccentrico torna dall’Inghilterra col fidanzato per sposarsi. La consegna manuale degli inviti porterà suocero e genero a conoscersi e rispettarsi e a risolvere gli atavici conflitti tra padre e figlia. Commediola molto buonista dove si sorride ma solo se si è innamorati, senza problemi di salute ed economici. Ossia per i fatti propri.

Dopo una giornata così mediocre, l’arrivo del drammone coreano The Attorney, di Yang Woo-seok, è atteso più del sole a Udine. E le aspettative non restano deluse. Solido, ben scritto e diretto (nonostante sia un’opera prima), il film s’ispira, senza menzionarlo mai, all’ex presidente Roh Moo-hyun e alle torture che dovette subire insieme con altri studenti, durante la dittatura di Chun Doo-hwan. L’avvocato del titolo, inizialmente interessato solo ai propri interessi, si trova coinvolto, quasi suo malgrado, a difendere il figlio di una ristoratrice cui è molto affezionato, colpevole solo di essere uno studente critico verso il governo. Nonostante abbia tutta la corte contro, riuscirà con tenacia e coraggio a far valere i principi della giustizia e della costituzione. Il protagonista, l’immenso Song Kang-ho, dona volto e intensità a un personaggio forse fin troppo solare ma che non si dimentica.
Finale esplosivo con Firestorm di Alan Yuen, anzi di Andy Lau. Sì, perché ci troviamo di fronte all’ultimo capitolo, per ora, dell’ispettore Lau che, a metà tra Stallone e Schwarzy, viene picchiato, precipitato, sparato, fatto saltare in aria e investito senza morire mai. La trama non conta troppo, se non per il fatto che i cattivissimi, per far arrabbiare sul serio il nostro Andy, gli ammazzano l’amico informatore e la sua bambina, per di più handicappata, di cui è padrino e protettore. Il poliziotto immortale decide allora di ammazzarli tutti senza pietà e dove non arriva lui, ci pensa il destino. Sparatorie a non finire, esplosioni, inseguimenti e persino il crollo di una zona centrale di Hong Kong, per non farsi mancare niente. Divertimento spensierato anche nei momenti più drammatici, dove le ragazze cinesi e sensibili dietro di me piangono e l’intera sala di cinici europei ride a crepapelle.

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