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Pasolini - Recensione (Venezia 71 - In concorso)

Abel Ferrara racconta l'ultimo giorno di vita di Pier Paolo Pasolini: il risultato ottenuto è quanto meno contraddittorio

Premessa d'obbligo: va riconosciuta ad Abel Ferrara se non altro una bella dose di coraggio nel solo avere ideato un film su uno dei personaggi più importanti e controversi della cultura italiana del dopoguerra. Che la figura di Pier Paolo Pasolini sia una di quelle talmente irte di spine da rimanerne inevitabilmente feriti, era assodato ben prima che Ferrara ci presentasse il suo lavoro, motivo per il quale non c'è da stupirsi che il risultato ottenuto è quanto meno contraddittorio.
Il regista decide di affrontare il problema da varie prospettive: la figura umana, quella più strettamente legata all'aspetto intellettuale, e quella della ricostruzione di cronaca. Se sulla prima molto del suo ce lo mette un eccellente Willem Dafoe, anche fisicamente e nell'aspetto, molto calato nella parte, quella che fa della digressione intellettuale-filosofica il suo perno risulta decisamente la migliore. Peccato solo che il tutto si riduca ad una intervista e poche altre riflessioni tra l'altro ammantate di un certo snobismo da intellettuale di avanguardia che almeno in parte erano proprie del personaggio.
La cronaca si riduce al racconto delle ultime ore di Pasolini e sembra sposare quella che fu l'iniziale ricostruzione, prima che Pino Pelosi ad anni di distanza raccontasse cose ben diverse, a partire dall'incontro fra i due, la cena ed il tragico approdo all'Idroscalo di Ostia.
Dove invece il film mostra una debolezza inquietante è nell'inserto quasi surreale in stile felliniano che vorrebbe raccontarci quello che era il nuovo lavoro cui Pasolini stava lavorando: oltre alla incoerenza narrativa il tutto appare troppo raffazzonato, messo in piedi con un collante di qualità dozzinale e drammaticamente acuito dalla scelta di far recitare gli attori in una miscela linguistica che va dal romanesco all'inglese.

Dare corpo al pensiero di Pasolini è operazione tutto sommato semplice, quasi non occorre il tramite cinematografico. Descriverne i lati umani e più personali e soprattutto sapere inglobare tutto in modo organico è invece risultato che il lavoro di Ferrara neppure lontanamente sfiora.

Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 2.5

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