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Il volto di un’altra (Festival di Roma 2012 - Concorso)

Pappi Corsicato filma una commedia che si approccia in modo surreale al culto del corpo nello show business. Protagonisti Laura Chiatti e Alessandro Preziosi

Gli affari e la finzione sono due aspetti comuni alla chirurgia estetica e allo spettacolo. Bella (Laura Chiatti) e Renè (Alessandro Preziosi), sposati, ne sono un esempio paradigmatico. Lei, bellissima conduttrice di uno show televisivo sulla chirurgia estetica. Lui medico che, in prima serata, si esibisce con tanto di bisturi, nello stesso programma. La giornata inizia male per Bella che, dopo essere stata licenziata, è vittima di un incidente automobilistico da cui esce con il viso sfigurato. Sembra un’ulteriore conferma del tramonto della sua carriera, ma i risvolti imprevedibili trasformano l’evento in un’opportunità per rimettersi in gioco nello stesso mondo che un momento prima le ha voltato le spalle. Da qui una serie di eventi che si susseguono in un’atmosfera tanto irreale quanto quella dell’universo glitterato che vive grazie alle telecamere.
L’inizio della pellicola fa ben sperare. Si è coinvolti in un contesto che ha del paradossale. L’effetto è reso da una regia attenta ed una fotografia ben curata. Pappi Corsicato comunica attraverso le immagini per raccontare un mondo che sull’immagine plasma la sua stessa anima. L’interpretazione dei personaggi è volutamente plastica, come fossero bambole nelle mani di burattinai sotto narcotici.
C’è la suora/manager della clinica (Iaia Forte) che, ossessionata dalla purificazione del corpo più che dello spirito, distribuisce lassativi come fossero caramelle. I complotti dei protagonisti che sembrano stare al vertice della vita di corte di un popolo folle. Il pubblico curioso che accetta tutto con applausi e sorrisi da automi. Un microcosmo assurdo che resta immobile nelle storie di caratteri fuori di senno.
La seconda parte del film non mantiene le promesse tacite e stenta a conservare quella verve del principio. Quando i fili dei personaggi-burattini si staccano dal loro Mangiafuoco, si perde il controllo dello scarto di realtà che si era dimostrato in grado di mantenere una propria autonomia.
Sul finale, però, sembra che il regista riprenda in mano le redini delle sue creature e tutto, o quasi, risulta coerente con il resto della narrazione.
Sembra che Corsicato abbia voluto criticare il mondo dello spettacolo usando i suoi stessi mezzi: l’esasperazione della finzione. Attraverso l’estetica cinematografica prende forma un’etica senza logica, eppure ordinata nei suoi meccanismi fuori dal comune.

Il film si cimenta in un approccio originale alle dinamiche dello show, senza il bisogno di bacchettare ma provando a mettere in scena una messa in scena.


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