Recensioni film in sala

Ti trovi qui:HomeCinema e dintorniIn salaBallata dell’odio e dell’amore

Ballata dell’odio e dell’amore

Una immagine di Ballata dell'odio e dell'amoreArriva sugli schermi italiani con due anni di ritardo il film che ha stregato Quentin Tarantino. Un'oscura e sarcastica metafora del franchismo attraverso il racconto di un triangolo amoroso circense. Geniale ma con alcuni limiti...

Dopo ben due anni dalla sua presentazione alla Mostra del Cinema di Venezia del 2010, ove riscosse un'amplissima e variegata serie di giudizi molto contrastanti, Ballata dell'odio e dell'amore (in originale Balada Triste de Trompeta) di Alex de la Iglesia giunge sugli schermi italiani; il film entusiasmò l'allora Presidente di Giuria Quentin Tarantino (tanto da vincere il Leone d'argento per la miglior regia) e non è difficile capire il perché.
Racconto intriso di cattiveria e di durezza, il film è anzitutto un ritratto spietato e oscuro del franchismo che fa da sfondo onnipresente ad una storia di amore e violenza, vendetta e soprusi con al centro un triangolo circense ai cui vertici si collocano il pagliaccio triste, quello allegro e la bella trapezista.
Dietro lo schermo degli stereotipi però si nasconde lo scontro fra dinamiche cariche di odio che culminano spesso in scene da autentico gore, in cui si insinua uno sguardo che gronda sarcasmo e che fotografa con efficacia spietata il periodo storico.
L'imprinting metaforico che sostiene il film è apprezzabile, ben costruito e, soprattutto nella prima parte, godibilissimo così come alcuni momenti al limite del surreale portano la storia ad un limite estremo (il pagliaccio triste-cane che morde Francisco Franco, la lotta senza quartiere tra i due pagliacci di cui uno di rosso porpora cardinalizio vestito); quello che invece stona, e non poco, è la perspicacia con la quale de la Iglesia insegue una trama che sa di tresca e di tradimento piuttosto banale che fa perder di vista le tematiche più riuscite quali quelle della rilettura storica del Franchismo e della società che ruotava intorno ad esso.

I presupposti insomma sono al limite della genialità, ma il procedere della narrazione fa perdere smalto ad un lavoro che conteneva tutti i germi del capolavoro e non basta un finale simbolicamente consumato in cima ad una croce gigantesca a regalare quell'impulso in più per riportarlo sui livelli che la prima metà del film prometteva. I tre vertici del triangolo (Carlos Aceres, Carolina Bang, Antonio de la Torre), sono bravi nei loro ruoli, soprattutto nel rappresentare la miscela di amore e odio sfrenati.

Vai alla scheda del film

 

Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove indicato.
Codice HTML non è permesso.

Questo sito utilizza cookie per il suo funzionamento. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi avere maggiori informazioni, leggi la Cookies policy.