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Loveless (Nelyubov) - Recensione (London Film Festival 2017 - In concorso)

Con Loveless Andrey Zvyagintsev costruisce un cupo ritratto della società russa contemporanea e della devastante assenza di amore ed empatia che la nutre e al tempo stesso la avvelena. Miglior film al London Film Festival 2017

Il regista russo Andrey Zvyagintsev ritorna al London Film Festival dopo Leviathan con un film dall’ambientazione più domestica, ma con il respiro ampio di una grande e potente allegoria. Loveless, come era stato Leviathan lo scorso anno, è la proposta russa per gli Academy Awards 2018.
Boris (Aleksey Rozin) e Zhenya (Maryana Spivak) sono una coppia di quella media borghesia russa che sta diventando sempre più abbiente, arrivata alla fase amara e inutilmente litigiosa della loro relazione. Stanno solo aspettando di vendere l’appartamento dove ancora vivono da 'separati in casa' insieme al figlio dodicenne Alyosha (Matvey Novikov). I due non riescono a stare insieme più di qualche minuto senza iniziare dei patetici battibecchi che finiscono inevitabilmente in modo molto rabbioso. Entrambi hanno già delle nuove relazioni e non aspettano altro che iniziare le loro nuove vite. Boris, un impiegato dall’aria bonaria e remissiva, ha già un figlio in arrivo con la giovane nuova compagna mentre Zhenya è più che felice di allontanarsi da ogni possibile maternità. Ambiziosa e materialista, il suo nuovo uomo è un ricco e raffinato cinquantenne divorziato con una figlia già grande (e fuori di casa) e un bellissimo appartamento. Chi non sembra far parte di questi nuovi piani di vita è il timido Alyosha che non può non accorgersi dei genitori che con tutta franchezza cercano di appiopparlo l’una all’altro in rancorose discussioni, finché un giorno il bambino esce come tutte le mattine per andare a scuola ma non ritorna a casa. In questa famiglia senza amore e senza attenzione, i due ci mettono un po’ ad accorgersi della scomparsa e quando si rivolgono alla polizia anche gli intoppi burocratici rallentano l’azione. Gli unici che riescono a mettere in moto la ricerca del bambino sono un gruppo di volontari specializzati nel cercare persone scomparse. Questo drammatico evento non riavvicina i genitori che, al contrario, si induriscono ancora di più e continuano a incolparsi a vicenda, non tanto della scomparsa del bambino, quanto, meschinamente, della loro propria infelicità. Ma Alyosha non ritorna. È stato rapito? È ancora vivo? E intanto l’inverno è iniziato...
Loveless ha l’apparenza di un thriller e, a tratti, le movenze da film horror, ma in realtà Zvyagintsev costruisce un cupo ritratto della società russa contemporanea e della devastante assenza di amore ed empatia che la nutre e al tempo stesso la avvelena. Il malessere che il film instilla lentamente è un’ansia profonda e penetrante, un senso di perdita grave e inesorabile, non di qualcosa che svanisce davanti ai nostri occhi, bensì di qualcosa che non c’è più da molto tempo. È un film che fa riflettere e che che colpisce a fondo quella parte più istintiva della nostra coscienza e si insinua sotto pelle.
Il regista mette insieme un collage di piccoli dettagli - chiacchiere banali di colleghi d’ufficio o di estetiste, begli appartamenti, benessere sfoggiato su Instagram - che si riflettono in un immenso vuoto dell’anima. Una visita alla madre di Zhenya è un piccolo teatrino tragicomico di un radicato risentimento e apre delle crepe da cui si scorge l’origine della rabbia della due donne e quello che ha fatto di Zhenya un mostro. L’assenza di amore affonda le radici in una terra arida e svuotata e i frutti sono marci. Ma Loveless è anche pieno di immagini altamente metaforiche ed evocative, dure da scrollarsi di dosso. Un condominio di lusso abbandonato nella periferia, dove il bambino aveva creato un nascondiglio segreto, è un gigante vuoto e desolato, il nome di Alyosha gridato dai volontari, risuona inutile nei saloni sgretolati e freddi e nel bosco intorno, con enorme potenza allegorica. E ancora, in una delle scene più indimenticabili del film una porta sbattuta con rabbia rivela allo spettatore l’orrore che vi si nasconde dietro, contorto in un urlo senza voce e senza visibilità.
La colonna sonora originale di Loveless lascia lunghi tratti scoperti ad accompagnare il realismo dello stile cinematografico e sottolinea invece dei punti fulcro con archi malinconici e struggenti. All’inizio e alla fine della narrazione però il regista con grande efficacia lascia parlare la radio e la televisione e le notizie di cronaca di un’imminente fine del mondo profetizzata dai Maya, o le scene della crisi ucraina (il film è ambientato nel 2012) fanno da commento dissonante e potente a banali scene di vita quotidiana.

Per quanto discutibili siano gli Academy Awards, sarebbe bello vedere Loveless tra i nominati (magari accanto a Mad World e Small Talks, aka The Priestess Walks Alone) anch’essi proposti da Hong Kong e Taiwan). Il film merita grande visibilità e riconoscimento.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 4

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Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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