Le dernier coup de marteau - Recensione (Venezia 71 - In concorso)
- Scritto da Massimo Volpe
- Pubblicato in Film fuori sala
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Se qualche dubbio leggendo il titolo sul suo significato esisteva, la visione di Le dernier coup de marteau della francese Alix Delaporte, spazza ogni ombra: è la Sesta Sinfonia di Mahler la protagonista nascosta e strisciante della storia nell'ennesimo lavoro francese proposto in concorso alla 71esima Mostra del Cinema di Venezia.
Victor è un ragazzino tredicenne che vive con la madre malata di cancro dentro una roulotte in riva al mare nei pressi di Montpellier. La sua passione è il calcio nel quale mostra un certo talento, è tipo taciturno ben conforme a quel clichè di ragazzini problematici che molto in voga sono nella cinematografia contemporanea, scopre di avere un padre che dirige l'orchestra dell'opera di Montpellier che, dieci anni, prima abbandonò lui e la madre, disconoscendolo. Victor cerca di avvicinarsi al padre che a sua volta lo allontana inizialmente e poi invece riesce a costruire uno straccio di rapporto col ragazzino che mostra un crescente interesse per la musica classica. Poi la svolta: due cd regalati dal padre che contengono la Sesta Sinfonia di Mahler (ma guarda un po'…), un minimo interesse provato per lui dalla sua coetanea vicina di roulette, il consiglio del padre di lasciarsi andare alle emozioni con la musica ed ecco che la catarsi adolescenziale è fatta e con essa il film e la storia scivola nel baratro.
Se nei primi due terzi la pellicola ha un qualche valore sociologico, seppur ovvio e molto stilizzato, gli episodi che danno la repentina e quasi magica svolta (il ragazzino addirittura diventa un esperto di Mahler in un battibaleno con la madre) annullano le flebili noti positive: il carico di dramma cui la regista sembra non voler mettere fine, si apre in un finale in cui il ragazzino grazie ad una fulminea catarsi ritrova il padre e la madre, trova l'amore, il suo talento calcistico viene riconosciuto e diventa pure un melomane.
Francamente un po' troppo per un film che alla fine passa senza lasciare traccia ma che in sala ha ricevuto convinti applausi e che potrà contare sul sicuro (?) sciovinismo del Presidente di Giuria.