Recensioni film ai festival, in home video, streaming e download

Ti trovi qui:HomeCinema e dintorniFuori salaIn the Basement - Recensione (Venezia 71 - Fuori concorso)

In the Basement - Recensione (Venezia 71 - Fuori concorso)

Il film più estremo, sia concettualmente che nella grafica, di Ulrich Seidl, è un documentario sugli antri personali nascosti di un pezzo del popolo austriaco, e a ben pensarci non poteva che essere così. Forse, il suo capolavoro

Il passo successivo alla trilogia cardinale di Ulrich Seidl, quella dei Paradies, è nientemeno che un documentario. Un documentario sugli spazi più privati delle case austriache: le taverne, le cantine, e i vani vari comunque assimilabili a pertinenze di proprietà atte a uso ricreativo e conservativo della memoria famigliare e individuale, e quindi collettiva. Ed è in questa veste parzialmente inedita, che uno dei cineasti più genuinamente provocatori del presente millennio è sbarcato alla Mostra di Venezia 2014, con questo Im Keller (In The Basement) che all’apparenza sembra poco più che un frutto minore dell’ingegno di un regista che a Venezia non deve poco; eppure arriva in sordina, quasi snobbato, nonché relegato al Fuori Concorso manco fosse evento di contorno del piatto principale - magari solo perché nella lista di Orizzonti c’è compreso un film della compagna di vita di Seidl, Veronica Franz (che con Severin Fiala ha firmato lei pure un grande film con Ich Seh Ich Seh).
E cosi finisce che uno se entra in una delle sale di proiezione al Lido senza grosse aspettative, anche se conosce un po’ il cinema di Ulrich Seidl e sa che il suo è un lavoro da sempre ispirato agli angoli nascosti della realtà delle persone, e soprattutto dei suoi conterranei, perché a ben pensarci c’è quell’etichetta che recita 'documentario', che non quaglia, che disorienta. Ma una vocina ti ha detto da qualche giorno che un film qualsiasi di Seidl non lo puoi comunque perdere per una semplice categorizzazione semplicistica e/o semplificatrice, e non passano nemmeno dieci minuti sullo schermo, un roditore sbranato da un pitone albino, una vecchina che conserva bambolotti iperrealistici e li culla come bimbi veri, e un cantante d’opera mancato che ha allestito in uno scantinato un poligono di tiro frequentato da pensionati cripto (ma manco troppo, cripto s’intende…) xenofobi, e realizzi che sei di fronte a un film à la Seidl a tutti gli effetti. Solo, stavolta i personaggi raccontati hanno un nome e un cognome veri e nelle loro giornate fanno le cose che raccontano, e non hanno pudore nel mostrarle: che si tratti della loro collezione di cimeli nazisti, della mania della pulizia ai limiti del fanatismo, dell’uso (o l’utilità?) delle armi da fuoco come risposta all’insicurezza, del sadomasochismo come rappresentazione di amore e libertà, di cinture (di castità?) in cuoio e troppo potenti e quasi mirabili doti eiaculatorie, di carnose prostitute in gabbia, di masochiste paladine dei diritti delle donne sculacciate con racchettoni da spiaggia, di animali africani impagliati, di inquietanti bambolotti accuditi come pargoli di chi pargoli veri non ha probabilmente goduto, di animali esotici in habitat incongrui, di improvvisati mobili bar anni ‘70 e della connessa nostalgia delle sbronze a questi dovute (sempre nei ’70), e di qualcosa d’altro.

L’estremo termine del cinema di Seidl è dunque racchiuso qui, in una cornice di vite che mostrano una realtà capace di andare ben oltre la finzione, l’immaginazione anche di chi al cinema dell’austriaco immoralista provocatore (pure se per bene): la merda è in mezzo a noi, tutti i giorni, e prima ce ne facciamo una ragione e riusciamo a darle un tassello nella nostra ipocrita realtà – la quale, come ogni percezione costruita, sa di falso se guardata e annusata da vicino – prima riusciamo a fare quel passo avanti della civiltà umana che manca da un po’ troppo tempo. E che la rete mondiale e le tecnologie smart hanno per ora solo finto di farci fare. Per farlo, forse dobbiamo cominciare a guardare a cosa c’è (nascosto) in cantina, la nostra e la altrui, e andare oltre.

Vai alla scheda del film

Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove indicato.
Codice HTML non è permesso.

Questo sito utilizza cookie per il suo funzionamento. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi avere maggiori informazioni, leggi la Cookies policy.