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London East Asia Film Festival 2015: impressioni sui film dell'edizione zero

© London East Asia Film FestivalSubito dopo la chiusura del longevo London Film Festival, ormai alla 59 edizione, ecco un festival che si vanta di essere nella sua 'zeresima' edizione: il London East Asia Film Festival 2015 ha proposto sette film in tre giorni. Ecco le nostre impressioni

Il London East Asia Film Festival (LEAFF) ha dedicato un week-end a tastare il terreno e a presentare un assaggio di quello che verrà con l'edizione numero Zero di un nuovo festival dedicato al cinema asiatico.
Il team di LEAFF è di prim’ordine. La direttrice del festival Jeon Hye-Jung è una spora generosa distaccatasi dall’organizzazione del London Korean Film Festival e il curatore e programmatore è Chris Fujiwara, ex responsabile dell’International Film Festival di Edimburgo. I due si avvalgono della consulenza di Kim Ji-seok (Busan International Film Festival) e Roger Garcia (Hong Kong International Film Festival Society) e della collaborazione dei due maggiori distributori di film asiatici in UK, Third Window Films e Terracotta Distribution.
Il programma di questo assaggio di festival consisteva di sette film ben variati nei generi e paesi d’origine. I film di apertura e chiusura erano due filmoni commerciali e di grosso budget, mentre gli altri spaziavano dal genere horror all’opera prima e al genere arthouse. Ma il fil rouge di questa programmazione è stato senza dubbio il sogno, la magia, il destino e il soprannaturale.

Il compito di aprire il festival con il Gala del venerdì sera è stato affidato a Veteran, film coreano del regista Ryoo Seung-wan (The Unjust, The Berlin File). La serata è stata frizzante e affollata: molti fan del genere, sia asiatici che britannici, hanno partecipato curiosi a questo mini festival, grati di poter vedere al cinema film che purtroppo sempre più raramente arrivano in sala. Il regista e la produttrice del film Kang Hye-jung si sono allegramente concessi ai selfie, foto e autografi de rigueur all’inizio del gala e hanno poi partecipato ad un Q&A finale piuttosto divertente grazie allo spiccato senso dell’umorismo del regista Ryoo Seung-wan.
Veteran è un film d’azione con un ottimo bilancio di comicità e dramma, ispirato ai cop/bubby movie degli anni Ottanta, tipo Arma letale. In questo caso il poliziotto testardo, leale e fumantino è Hwang Jung-min (Ode to My Father, The Unjust), un attore molto familiare con ruoli del genere. In Veteran Hwang Jung-min è Seo Do-cheol che con onestà e determinazione intraprende una crociata contro il giovane Jo Tae-oh, viziato e cocainomane erede della milionaria Sunjin Group Corporation, il quale ha cercato di mascherare come suicidio un crudele atto di violenza verso un ex dipendente scomodo. Do-cheol va oltre la legalità per smascherare la menzogna, affiancato dalla sua squadra e supportato dal suo capo, il sempre godibilissimo Oh Dal-su. Do-cheol è un eroe facile da amare e Jo Tae-oh è un cattivo facile da detestare, ma il film non è pervaso da ovvietà, al contrario azione e commedia si alternano con sapienza fino ad una grandiosa scazzottata finale, lasciandoci con un bel sorriso soddisfatto stampato in faccia. Ottimo cast, comprese un paio di figure femminili divertenti e inconsuete.

Il giorno dopo la programmazione ha proposto tre film. Kaili Blues, film cinese di esordio di Bi Gan, è stato per me una piccola perla in questa programmazione. Un film 'desueto' dalla narrativa non lineare, poetico e sognante, in cui un uomo, Chen, comincia un viaggio per cercare il figlio abbandonato di suo fratello, seguendo un desiderio espresso dalla madre prima di morire. Ma questo viaggio in una sorta di quieta magia comincia a girare in circolo e a giocare con il passato ed il presente. Un incredibile piano sequenza centrale di più di mezz’ora è qualcosa di raramente visto e che ha il magico effetto di prendere per mano lo spettatore e farlo ballare un valzer ellittico con il tempo.
Journey to the Shore del giapponese Kiyoshi Kurosawa (Tokyo Sonata) è un film poetico e delicato di fantasmi gentili. Una donna fatica ad accettare la sparizione e presunta morte e del coniuge finché un giorno il marito (Tadanobu Asano) le appare per confermarle di essere morto in mare. Insieme si imbarcheranno in un viaggio che simboleggia il lutto e l’accettazione della morte, ispirato dal concetto giapponese di 'mitoru', l’accompagnare qualcuno alla morte.
Chiude la giornata un po’ di sano terrore con Violator, film di esordio del critico e blogger filippino Dodo Dayao. Violator è un interessante e inquietante misto di visto e non visto nei film horror ed è genuinamente originale. Nella prima parte una serie di storie apparentemente senza senso hanno come sfondo una Manila che si prepara all’arrivo di un tifone. Nella seconda parte le storie cominceranno a mostrare un legame in una oscura stazione di polizia dove un giovane sembra essere posseduto dal demonio.

Tre film anche nella domenica, ultimo giorno del mini festival. Ancora Corea del Sud con Office di Hong Won-chan, in cui la polizia investiga su un uomo scomparso dopo aver ucciso tutta la sua famiglia. Gli indizi portano al suo posto di lavoro dove la videocamera di sorveglianza lo ha ripreso mentre entra nel palazzo poco dopo la strage, senza però uscirne. In una società come quella coreana dove la competizione sul lavoro è spietata, Office crea un’atmosfera claustrofobica con un tocco di soprannaturale che fa gelare il sangue.
In Chasuke’s Journey di Sabu, un angelo scende a terra e si mischia tra gli umani per salvare la vita ad una ragazza il cui destino è quello di morire in un incidente di macchina.
Il Gala di chiusura infine ha presentato la premier britannica dell'hongkonghese SPL2 – A Time For Consequences di Soi Cheang, un 'non-sequel' attesissimo dai fan del popolare SPL del 1999. La storia del film non ha nulla a che vedere con SPL originale, a parte essere un film d’azione e avvalersi di ottimi martial artist e coreografie spettacolari. L’unico il filo conduttore (un po’ tenue) dei film è l’incidenza del fato sui destini dei protagonisti. Wu Jing (che era anche nel primo film) è Kit, un detective infiltrato in un repellente giro di traffico di organi basato in Thailandia che sembra essere il luogo del male in ogni film hongkonghese che si rispetti. Qui c’è anche una guardia carceraria (il virtuoso Tony Jaa, che per una volta recita in un film senza traccia di elefanti) che disperatamente cerca un donatore di midollo per la figlia malata di leucemia. Kit finirà in prigione in Thailandia e il suo capo Wah (Simon Yam) andrà a cercarlo per tirarlo fuori dai guai e i loro destini si incroceranno con quello della guardia carceraria. SPL2 non delude i fan del genere, è un filmone di azione ben recitato e coreografato.
Alla fine della serata c’era allegria e la direttrice Jeon Hye-Jung ha chiacchierato a lungo con i gruppetti di fan rimasti fino a tardi e ha ascoltato i loro consigli e le loro critiche. L’unica piccola lamentela che si sentiva in giro per il web è stata quella delle date di programmazione. Il LEAFF infatti era pressato tra il London Film Festival e il London Korean Film Festival, lasciando molti alla fine del mese senza fiato, senza tempo libero e non ultimo, a portafoglio vuoto.

Il LEAFF numero zero è stato un teaser appetitoso e tutto fa pensare che se saprà mantenere quello che promette diventerà un altro appuntamento importante per gli amanti del cinema asiatico e cinefili in genere.




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Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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