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Far East Film Festival 2023: Yudo

Terzo posto nelle preferenze del pubblico, che tradizionalmente decreta i vincitori del Feff, Yudo è una dichiarazione d’amore al sento: il bagno pubblico giapponese. A presentarlo a Udine il produttore Hiroki Wakamatsu, il regista Masayuki Suzuki e lo sceneggiatore Kundo Koyama


Non hanno la stessa nobiltà delle onsen, le sorgenti termali, ma i bagni pubblici, chiamati sento, rappresentano un elemento importante della cultura giapponese. Certo oggi la loro popolarità non è più quella di una volta, il picco massimo secondo i dati risale al 1968, e il numero dei sento in attività continua a diminuire costantemente. Relitti del periodo Showa (l’era terminata alla fine degli anni Ottanta) li definisce il critico di bagni e terme presente in Yudo, uno dei vari personaggi che si incontrano nel lungometraggio diretto da Masayuki Suzuki e scritto da Kundo Koyama che non ha solo inventato la storia raccontata nel film ma anche ipotizzato l’esistenza di quella via dell’acqua calda o del bagno che indica il titolo stesso. D’altronde una cosa del tutto plausibile in un Paese come il Giappone dove il termine do, appunto via come percorso e disciplina, è usato in vari ambiti della cultura (dalle arti marziali al tè) per indicare la ricerca della perfezione nell’esecuzione rituale del gesto che porta all’elevazione spirituale. C’è quindi anche questo aspetto legato all’estetica giapponese in Yudo che per il resto si sviluppa come una commedia leggera, divertente e rilassante come un bel bagno dopo una giornata di lavoro o comunque stancante. Con un sapore nostalgico, pur essendo ambientata nel presente, e un messaggio di condivisione reale, per il valore di luogo di ritrovo che porta con sé il sento. In fondo anche per questo lo amano i personaggi-clienti del bagno pubblico che diventa il vero protagonista del film, alcuni di questi interpretati da attori ben conosciuti da chi segue il cinema giapponese: da Akira Emoto a Susumu Terajima. Il film si contraddistingue infatti per la coralità, pur ruotando principalmente su due fratelli, Toma Ikuta e Gaku Hamada, che dopo la morte del padre ereditano il sento di famiglia in una cittadina di provincia, e una ragazza, Kanna Hashimoto, che lavora in quel bagno pubblico dopo aver lasciato il mondo della moda per una vita semplice ma più vera.

La mattina dopo la proiezione al Teatro Nuovo Giovanni da Udine abbiamo intervistato, seppur molto velocemente per il poco tempo a disposizione per la stampa, il produttore Hiroki Wakamatsu che nel corso della sua carriera ha lavorato soprattutto a serie televisive, il regista Masayuki Suzuki che ha firmato diversi successi al botteghino in patria e lo sceneggiatore Kundo Koyama conosciuto per aver scritto uno dei film giapponesi più famosi qual è Departures che nel 2009 vinse l’Oscar come miglior film straniero e tra gli altri premi anche il Gelso d’Oro al Far East Film Festival.

Uno degli aspetti più caratteristici del film è la coralità, con tanti personaggi e le loro storie che si fondono nell’omaggio al bagno come elemento importante della cultura giapponese. Perché la scelta di questo approccio narrativo?
Hiroki Wakamatsu: L’ispirazione per questo tipo di costruzione narrativa con diverse storie, rispecchia in qualche modo la varietà di opzioni che una persona ha nei confronti dell’ofuro (rituale di pulizia e benessere con l’acqua calda). Si può fare nelle sorgenti termali, nella vasca a casa o in un sento. I diversi approcci che i personaggi hanno convergono in un fine comune: quello di godersi il bagno. Tenendo a mente questo siamo riusciti a creare le varie storie che si intrecciano e danno respiro al racconto principale.
Kundo Koyama: Inizialmente avevo inserito nella sceneggiatura anche altre storie collaterali, solo che tenendole tutte sarebbe venuto fuori un film troppo lungo. La produzione ha imposto un limite di due ore, così abbiamo dovuto tagliare qualcosa rispetto al progetto originale.

Il cast è variegato, con alcuni interpreti anche ben conosciuti in Occidente per aver partecipato ad altri film presentati in festival internazionali. Com’è stato orchestrare le riprese e dirigere questo gruppo di attori e attrici?
Masayuki Suzuki: Tutti hanno offerto performance di ottimo livello e anche per questo non ci sono state grandi difficoltà di gestione delle riprese. Gli attori hanno lavorato insieme in maniera molto armoniosa e la differenza d’età, fino a 60 anni tra i più giovani e i meno giovani, rappresenta a mio avviso uno dei punti di forza del film.

Yudo può anche essere visto come un film su genitori e figli. Anche se il padre lo vediamo solo di sfuggita nei ricordi dei fratelli che ereditano la sua attività di gestione del sento. Quanto è stato centrale questo tema generazionale nella costruzione della sceneggiatura?
Kundo Koyama: Chi ha avuto modo di vedere Departures ricorderà che anche in quel film si parlava della relazione tra genitori e figli, del confronto tra diverse generazioni. Forse la mia attenzione particolare verso questo aspetto deriva dal fatto che non ho avuto un grande rapporto con i miei genitori. E come forma anche di ammirazione nei confronti di chi invece lo ha avuto, questo tema finisce per essere inserito nelle mie opere.

Fabio Canessa

Viaggio continuamente nel tempo e nello spazio per placare un'irresistibile sete di film.  Con la voglia di raccontare qualche tappa di questo dolce naufragar nel mare della settima arte.

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