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The World of Kanako - Recensione

Una immagine di The World of Kanako (Kawaki), film di Tetsuya NakashimaFilm eccessivo e violento, The World of Kanako, ultimo lavoro di Tetsuya Nakashima, abbandona le atmosfere, ma non le tematiche, di Confessions per immergersi nuovamente in quelle più tipiche del regista giapponese

Fujishima è uno sbandato alcolizzato che vive una esistenza lurida e buia. In passato è stato un poliziotto col vizio di menare troppo le mani, motivo per cui anche la moglie, il cui amante viene massacrato di botte dal marito, lo molla alla sua squallida esistenza. Quando la figlia adolescente Kanako sparisce, la moglie si rivolge a lui per rintracciarla e partendo da flebili ma molto ben precise tracce, Fujishima inizia a scavare nella vita della figlia scoprendo che al mondo esiste qualcuno più brutale e schifoso di lui.
La ricerca della ragazza è un viaggio nelle zone torbide della società giapponese: droga, bullismo, prostituzione giovanile e naturalmente spietati yakuza, che il protagonista affronta col suo solito modo di fare violento e becero: Fujishima indossa il suo vestito bianco che diventa presto un foglio sul quale viene scritta la storia dai colori del sangue. L'uomo gira per la città tumefatto e sanguinante col bianco vestito intriso di schizzi di sangue, il suo quando rimedia le botte o quello dei suoi interlocutori quando non si dimostrano collaboranti.
Quattro anni sono passati dal successo di Confessions che, sebbene tratti ugualmente i temi preferiti dal regista, aveva un suo stile atipico, se non altro nelle atmosfere. Con The World of Kanako, Tetsuya Nakashima riprende molti tratti della sua impronta stilistica: ritmi psichedelici, sottofondo punk, ripetuti riferimenti ai classici splatter (primo fra tutti Quentin Tarantino, a partire dai titoli di testa), narrazione eccessiva, quasi estrema che richiama alla mente certi lavori di Sion Sono, un montaggio fatto su due binari paralleli, da un lato l’ex poliziotto che indaga, mena cazzotti, sbraita e piglia botte a non finire man mano che si avvicina al fondo del baratro in cui si è cacciata la figlia, dall’altro il flashback prolungato e sincopato che ci racconta di come Kanako-viso-d’angelo sia diventata un essere quasi demoniaco, manipolatrice, spietata e priva di ogni forma di moralità, risultando, come spesso ripete il padre, lo specchio di se stesso, degna erede del sangue marcio che scorre nelle sue vene.
In sottofondo le vere tematiche del film: la famiglia giapponese sempre più crogiuolo di rabbia e frustrazione, di solitudine e di senso di oppressione che sfocia nella ribellione anarchica, gli adolescenti allo sbando, nichilisti ed autodistruttivi, privi di qualsiasi riferimento, lanciati in una folle corsa che porta quasi inevitabilmente alla morte, per suicidio o violenta, un rosario di rapporti interpersonali marci e sfaldati in cui ha il suo posto anche l’incesto, che sono il substrato su cui cresce il seme della solitudine che sfocia nella violenza.
Sebbene il nucleo sociale e antropologico sia ben chiaro, lo sviluppo della storia appare troppo spesso deficitaria: la violenza che pervade il film sembra troppo spesso finta, ma non nel senso ironico del termine, bensì finalizzata al solo lato morboso, gli eccessi che si riscontrano in tutti gli aspetti del film non sempre hanno una giustificazione sul piano narrativo, la stessa figura del padre alla ricerca della figlia che scopre di avere allevato (si fa per dire…) un essere più spregevole di se stesso, assume frequentemente tinte quasi macchiettistiche, nonostante Koji Yakusho si dimostri una volta in più attore di grandissimo spessore nel mettere in scena un personaggio quasi grottesco.
Forse il finale, dominato dalle distese innevate, dona il momento più autenticamente sentito e vero della storia, quando tragedia e vendetta si ritrovano a fare i conti finali: negli ultimi 10 minuti The World of Kanako sembra richiamare le atmosfere di Confessions, libere dagli eccessi e dai ritmi indiavolati, rendendo giustizia ad una storia dove il percorso dei protagonisti sembra segnato sin dall’inizio nella vorticosa discesa agli inferi.

La diciannovennne Nana Komatsu è la sorpresa positiva del film: la sua freschezza fa a pugni col clima torbido che la vede protagonista, nonostante nel film di lei vediamo sempre, o quasi, il suo lato più puramente adolescenziale: un autentico essere dalla doppia faccia di cui quella oscura viene tenuta nascosta nell’ombra.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 2.5

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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