News, recensioni, approfondimenti sul cinema asiatico

Ti trovi qui:HomeCinema e dintorniAsiaThe Shadow Play - Recensione

The Shadow Play - Recensione

Lavoro che sa fondere il neo noir cinese e le tematiche tipiche della Sesta Generazione, The Shadow Play di Lou Ye è opera bella, cupa, a tratti dura, che racconta il tema delle ristrutturazioni urbane all'interno di un thriller dalla costruzione armonica

Come avviene quasi puntualmente ad ogni suo nuovo lavoro, anche per l’ultima fatica The Shadow Play, Lou Ye, regista cinese tra i più apprezzati anche in Occidente da ormai molti anni, ha dovuto fare pesantemente i conti con la censura. Il film, infatti, seppur uscito nel novembre del 2018 al Golden Horse Film Festival di Taipei e con un passaggio nel febbraio successivo alla Berlinale, ha subito un ritardo di circa due anni legato alle modifiche o tagli (questo non è dato saperlo) imposti del severo Bureau cinese, che da un lato sembra avere allargato un po’ le maglie (vedi per gli horror ad esempio) ma dall’altra ha alcuni cineasti come Lou Ye appunto costantemente nel mirino, dopo il ban quinquennale subito con Summer Palace nel 2006. Probabilmente non avremo mai una Director’s Cut, ma indubbiamente il film di Lou Ye alcuni nervi scoperti della società cinese li tocca, e nel film il tutto appare sufficientemente chiaro.
Il prologo è di quelli che mettono subito lo spettatore in guardia: una convulsa (e tecnicamente bellissima) scena di rivolta popolare che si svolge tra tetri casermoni in rovina dei quartieri popolari di Guangzhou fa da antefatto al momento chiave di tutto il film. Infatti al termine degli scontri tra abitanti che si oppongono alla demolizione dei palazzi e polizia, il responsabile del piano di riqualificazione della zona muore misteriosamente cadendo da uno dei fatiscenti edifici.
L’indagine sulla morte dell’uomo viene seguita con particolare attenzione ed impegno dal giovane detective Yang, il quale però si rende ben presto conto di come la sua solerzia sia molto pericolosa per qualcuno che cerca in ogni modo di tenerlo lontano dal caso. La storia ruota tutta intorno ad alcuni personaggi che ne segnano i momenti fondamentali: Tang il morto, la moglie Lin, il ricco imprenditore Jiang amico di vecchia data della coppia, Ah Yun l’amante di quest’ultimo e Xiao, la figlia dell’uomo morto.
Per ricostruire le vicende che hanno portato alla morte di Tang torniamo indietro di quasi vent’anni e da lì in avanti fino al presente. La scelta che fa però Lou Ye, e che rinforza decisamente la trama del film, è quella di alternare, incrociare, cambiare repentinamente i piani temporali portando così alla costruzione di una architettura narrativa complessa, intricata e che riesce però a trovare mirabilmente e perfettamente la quadratura nel finale. Le due ore del film sono un lento costruirsi del racconto, un procedere apparentemente a salti sincopati ed invece ci si ritrova con una trama disegnata con grande abilità e freddezza, nonostante i numerosi dettagli, colpi di scena, e la complessità di base della storia.
Lou Ye opera una fusione che dal punto di vista sia formale che narrativo risulta armoniosa e bella nella sua durezza, utilizzando quel cinema sociale e di condanna che gli è proprio prendendo di petto un argomento che è di certo tra i più dibattuti in Cina, e cioè i piani di ristrutturazione urbani che sono sempre più spesso costruiti, dietro l’impulso della corruzione, come progetti che favoriscono i grandi capitali e portano all’allontanamento coatto degli abitanti dei quartieri da demolire, e il neo-noir cinese, ormai assurto a genere cinematografico meritevole di una sua precisa definizione. Infatti se assistiamo alle trame sotterranee, ai favori, agli intrecci che spesso si abbinano agli aspetti sessuali (caratteristica di Lou che ne aumenta l’attenzione con cui viene visto dalla censura) dall’altra The Shadow Play è intimamente un noir tipico della corrente che si è creata da qualche anno in Cina, un genere che si caratterizza per il forte impatto di cupezza, per il pessimismo e per gli aspetti sociali che si porta dietro relativi ai problemi che scuotono la società cinese.
Gran parte del film è girato in condizioni di luce scarsa, spesso di notte, quasi ad avvolgere nell’oscurità i personaggi che per un motivo o l’altro sembrano calati nelle tenebre della loro esistenza: anche su questo aspetto Lou Ye riesce ad essere pienamente convincente creando una pellicola da cui trasudano atmosfere tetre, in certi momenti addirittura morbose.

The Shadow Play è insomma un film potente, duro, costruito della mano di un grande regista che dimostra tutta la filosofia cinematografica della Sesta Generazione e che riesce a creare un'armoniosa costruzione nonostante i numerosi intrecci, soprattutto temporali. E' inoltre magnificamente supportato da un cast di grande spessore: Jing Boran nei panni di Yang ha le physique du role del detective tormentato, mentre Qin Hao conferma il suo talento che ne fa uno degli attori più bravi del panorama cinese. Le tre attrici offrono anche esse una prova solida, in special modo Song Jia nella parte di Lin, altro personaggio che insegue i suoi demoni interiori. Michelle Chen e Sandra Ma si armonizzano bene con gli altri protagonisti.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 4

  Vai alla scheda del film
  Trailer del film


Video

Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove indicato.
Codice HTML non è permesso.

Questo sito utilizza cookie per il suo funzionamento. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi avere maggiori informazioni, leggi la Cookies policy.