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The Final Master - Recensione

The Final Master chiude la trilogia di Xu Haofeng sul mondo delle arti marziali: una lettura molto personale ed originale che apre nuovi orizzonti al genere

Con The Final Master il regista e sceneggiatore Xu Haofeng chiude il trittico cinematografico ispirato all’omologo letterario dello stesso autore: dopo The Sword Identity e Judge Archer, il nuovo lavoro, che arriva dopo la collaborazione di Xu con Wong Kar Wai per The Grandmaster, è il tassello finale di una rilettura molto personale e a tratti affascinante del mondo delle arti marziali.
Qui il racconto si focalizza negli anni Trenta alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale a Tianjin, considerata la culla delle arti marziali del nord della Cina: in città arriva il maestro Chen, esperto in Wing Chun, una delle arti tipiche del Sud, con l’intenzione di aprire una scuola per tenere fede ad una promessa fatta al suo defunto maestro. Nella patria degli stili del Nord troverà l’ovvia avversione dei maestri della città e per potere aprire la sua scuola dovrà confrontarsi con le altre presenti. Chen troverà per moglie una giovane ragazza che lavora come cameriera in un ristorante ed il primo allievo che dovrà affrontare i combattimenti con le altre scuole.
Ben presto però sarà chiaro che l’uomo si è infilato in un pericoloso labirinto pieno di ingranaggi che vede le scuole, e soprattutto la potentissima maestra Zou, brigare con i potere locali legati ai signori della guerra ancora in auge in quella zona della Cina. Per Chen giunge il momento di risolvere il conflitto tra la sua ambizione personale e il senso di giustizia e di sopravvivenza.
La prima cosa che balza prepotente agli occhi è che rispetto ai lavori precedenti, forse troppo intimisti e impregnati dell’aspetto filosofico, The Final Master è opera che ha un buon ritmo, combattimenti coreografati in maniera eccellente, oltre che un tessuto narrativo decisamente più solido. Lo sguardo sull’essenza della arti marziali però rimane lo stesso, molto personale e originale, in cui ha largo spazio la deriva che l’ambiente marziale subisce in quel periodo storico a causa delle collusioni con gli ambienti estranei. Non è un caso che la coreografia sia stata premiata e che la sceneggiatura di The Final Master abbia ottenuto la nomination al recente Golden Horse taiwanese: i due aspetti sono infatti quelli più innovativi del lavoro di Xu Haofeng; i combattimenti sono secchi, rapidi, essenziali e la sceneggiatura tende a mettere in risalto il conflitto del protagonista tra la logica ambizione e il potere locale contaminato che mette in gioco la sua stessa sopravvivenza.
Con The Final Master, e con tutta la trilogia in genere, Xu Haofeng apre un nuovo orizzonte sul mondo storico delle arti marziali che passa attraverso una lettura più essenziale e scarna che va dritta all’essenza e dove il conflitto interiore del protagonista sembra ritornare alle origini del genere cinematografico e che trova nell’aspetto puramente tecnico il suo punto di forza, che inevitabilmente troverà critiche tra i cultori del classico kung fu movieXu infatti scandisce i combattimenti all’interno di quadri rapidi, quasi sincopati, lontanissimi dalla prolissità coreografica dei classici che grazie ad un montaggio efficace si susseguono come lampi all’interno del racconto.

Nell’anno in cui un grande maestro come Hou Hsiao Hsien offre la sua personale poetica rilettura del wuxiaXu Haofeng pone le basi per una nuova interpretazione del kung fu movie, un nuovo stile che potrebbe aprire orizzonti nuovi ad un genere che nel suo aspetto più classico e filologico stenta a riproporsi.
Il cast si è dimostrato pienamente all’altezza del film: su tutti spiccano Liao Fan, che ha confermato le sue enormi doti che lo hanno portato ad essere uno tra gli attori di punta del cinema cinese, e Jiang Wenli, anch’essa nomination al Golden Horse, straordinaria nella parte dell’ambigua maestra Zou.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 4

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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