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La La La at Rock Bottom - Recensione (Far East Film Festival 2015)

Dopo Linda Linda Linda la musica torna al centro di un film di Nobuhiro Yamashita. Filo conduttore della storia e occasione di riscatto per i personaggi, ritratti come sempre con un tocco affettuoso ma senza quella forza presente nel suo film cult realizzato dieci anni fa

Classe 1976, una quindicina di film realizzati, uno uscito almeno in DVD anche in Italia: Linda Linda Linda, un piccolo gioiello scandito dal ritmo rock delle canzoni dei Blues Hearts eseguite dalla band scolastica tutta al femminile protagonista della storia. Dieci anni dopo, Nobuhiro Yamashita torna a scegliere come filo conduttore di un suo film la musica. Per La La La at Rock Bottom dirige addirittura un vero cantante, Subaru Shibutani (leader di un gruppo molto popolare in Giappone), che veste i panni di un piccolo delinquente appena uscito di prigione: Shigeo. In seguito a un pestaggio perde i sensi e quando si risveglia si accorge di non ricordare più nulla, nemmeno il suo nome. Vagando per le strade di Osaka si imbatte in un band che si sta esibendo per una festa, sale sul palco, strappa il microfono al cantante e, prima di svenire, intona le prime strofe di un brano che sembra essere l'unica cosa che ricorda. La giovane manager del gruppo, Kasumi, finisce per ospitarlo a casa sua, gli dà il soprannome di Pooch (come il suo cane scomparso) e lo assume come aiutante dello studio-karaoke che gestisce. Le doti canore dell'uomo dimostrate alla sua apparizione, tornano utili quando al gruppo serve un nuovo cantante, mentre cerca di recuperare la memoria e conoscere il suo passato.
L'amnesia come escamotage narrativo è abbastanza abusato, ma il talento di Yamashita sta in un tocco capace di trovare una certa originalità anche in trame scontate o apparentemente inesistenti come nel precedente Tamako in Moratorium, uno dei suoi film migliori. Difficile inserire La La La at Rock Bottom in questa lista, anche se la visione risulta sicuramente godibile. Ancora una volta l'interesse del regista va a personaggi ai margini della società, ritratti in un modo affettuoso che li avvicina allo spettatore. Il tono è abbastanza scanzonato, con momenti davvero divertenti legati in particolare ai componenti della band Akainu, ma non scade nel banale: mentre si snoda la vicenda in una direzione che non è difficile immaginare (anche se vengono per fortuna lasciati da parte cliché mainstream come l'ipotizzabile storia d'amore tra i protagonisti) aleggia un passato difficile, sapientemente raccontato con brevi accenni e senza ricorrere a inutili flashback. Subaru Shibutani risulta fin troppo monoespressivo, ma riesce nel complesso a rendere sufficientemente bene lo spaesamento del suo personaggio, il tormento della perdita di identità in seguito all'amnesia. Coprotagonista è la sempre più brava Fumi Nikaido, ventenne di grande talento lanciata ancora adolescente da Himizu di Sion Sono per il quale vinse il Premio Mastroianni nel 2011 alla Mostra del Cinema di Venezia. Indovinato il suo personaggio, quello di una giovane che da sola non cede al peso delle responsabilità (il lavoro, prendersi cura del nonno, della band...) e difende con fermezza le cose che per lei contano nella vita.

Il film, che da un certo punto di vista si configura anche come un omaggio a Osaka (il titolo originale Misono Universe fa riferimento a un luogo della città), lascia anche grazie a un catartico concerto finale (proprio come in Linda Linda Linda) una sensazione piacevole. Anche se da Yamashita è lecito aspettarsi di più e forse, dopo una carriera fin qui spesa a raccontare l'universo giovanile, qualcosa di diverso.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

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Video

Fabio Canessa

Viaggio continuamente nel tempo e nello spazio per placare un'irresistibile sete di film.  Con la voglia di raccontare qualche tappa di questo dolce naufragar nel mare della settima arte.

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