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Assassination - Recensione

Arriva dalla Corea un film storico d’azione, di grande budget e grande successo in patria, che piace molto anche in trasferta

Il regista sud coreano Choi Dong-hoon aveva già firmato The Thieves nel 2012, un film ben confezionato e molto patinato con una storia un po’ contorta alla Ocean 11, dove due bande di ladri si uniscono per poi tradirsi in continuazione rendendo la comprensione della trama molto difficile.
Assassination invece è ambientato in Corea nel 1933, durante l’occupazione giapponese. L’agente di polizia del governo provvisorio coreano Yeom Seok-jin (Lee Jung-jae) fa scarcerare tre soldati con dei talenti speciali, Sok-sapo, un esperto di armi detto Big Gun, Hwang Dok-sam, un mago degli esplosivi e An Ok-yun (Jun Ji-hyun, aka Gianna Jun), un cecchino infallibile che viene appuntata come leader del letale terzetto. La loro missione e condizione per la libertà è di assassinare un comandante giapponese temporaneamente in Corea ed un compiacente uomo d’affari coreano. Ma il consolato giapponese a Shanghai viene a sapere del piano e mette alle loro calcagna il killer Hawaii Pistol (Ha Jung-woo) e il suo aiutante Old Man (Oh Dal-su), con il compito di annientarli. Da qui una serie di azioni e colpi di scena, che è meglio non rivelare, culmineranno con un finale che non delude le aspettative messe in piedi da due ore di azione serrata.
La qualità della produzione è altissima come ormai ci si aspetta dai film coreani. I set, le ricostruzioni di Seoul e Shanghai degli Anni '30, i costumi, gli arredi, le musiche, tutto è una vera gioia per gli occhi e le orecchie. La storia è coinvolgente anche se a tratti tende a complicarsi eccessivamente, il passo è dinamico e la tensione raramente cala. Da buon film pop asiatico ha un misto di azione, dramma, commedia e melò ben bilanciati, ma con mia gradita sorpresa non ci sono quei momenti lacrimosi in cui indulgono molti film coreani. È un filmone commerciale, ispirato al genere spaghetti western, molto godibile, nel suo genere e nei suoi intenti è ottimo. Un po’ lungo se devo trovare un difetto: sarebbe potuto durare 15-20 minuti in meno.
Ha Jung-woo (Kundo, The Berlin File), Lee Jung-jae (The Thieves, The Face Reader), Jun Ji-hyun (The Thieves) e Oh Dal-su (Ode To My Father) sono grandi star coreane abbastanza conosciute anche all’estero e in questo film formano un cast eccellente, soprattutto la bella Jun Ji-hyun che bypassa l’ovvio e ci regala un personaggio con una gravitas inaspettata, molto diverso dalla furba svampita che interpretava in The Thieves.
Assassination ha avuto un enorme successo in Corea dove ha raggiunto l’ottavo posto nella classifica dei film coreani con il maggiore incasso al botteghino di tutti i tempi. Non solo, ma in agosto ha anche incassato 1,8 milioni di dollari in Nord America dove le proiezioni sono state estese oltre le date previste. Non c’è da stupirsi, ha tutti gli elementi del filmone dell’estate, azione, costumi, ottima produzione e tre belle star. Ma c’è anche un altro elemento che ha aiutato il successo in patria di Assassination e cioè il lato nazionalista del film con il Giappone come cattivo della storia. Assassination arriva sugli schermi giusto in tempo per il 70º anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale e in un momento in cui le relazioni tra Cina, Corea e Giappone sono ancora tese. Cina e Corea non perdonano al Giappone le sue dure azioni durante la guerra e accusano il Giappone e il suo primo ministro conservatore Shinzō Abe di reticenza nel porgere delle scuse sincere.

Comunque, se da una parte non fa nulla per alleggerire l’immagine del crudelissimo Giappone, Assassination riesce a mantenersi a galla senza sprofondare nel nazionalismo bieco e ne esce come un film popolare di puro intrattenimento che il pubblico coreano ama e che ha tutti i numeri per viaggiare con successo.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

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Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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