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X Lago Film Fest 2014: l'occhio del cinema

Al festival di corti di Revine si impongono nuove sperimentazioni, nuove visioni e interessanti modi di raccontare il presente: il nostro resoconto dopo il giro di boa della rassegna

La proposta cinematografica avanza. Nonostante il tempo meteorologico scompagini le serate di proiezioni, passando dalla piacevolezza di un bel crepuscolo a eterni momenti di piogge, la programmazione dei corti al X Lago Film Fest prosegue e si conferma.
I blocchi di visione in cui sono proposti quattro corti della sezione Internazionale alternano una varianza di stili e tecniche originali e capaci di soddisfare la volontà del pubblico di scoperta di nuovi mondi visivi. In questo modo la tecnica appare il vero motore in grado di riuscire a interessare e stimolare narrazioni a tratti già reiterate dal cinema.
Ad esempio per narrare la vita di un vecchio calesitero, ossia il proprietario di una giostra di cavalli, Cinthia V. Rajschmir, regista del corto Huyendo del tiempo perdido (Argentina), ha deciso di inquadrare la giostra in perpetuo movimento, quasi a sottolineare il suo potere infinito di creare gioia e divertimento. Mentre la macchina da presa gira tra i cavalli, si mescola tra i corpi dei bambini entusiasti, e in sottofondo la voce di Roberto, l'anziano proprietario, narra come la sua storia di vita si sia intrecciata a quella della macchina.
Un'altra visione interessante, non troppo sperimentale, ma certo sempre nuova per il cinema europeo, è quella di Pedro Collantes con Serori (Spagna). Per 15 minuti la vicenda è ripresa da una camera fissa che inquadra l'interno di un'auto. Qui una donna adulta e un ragazzo appena trentenne, entrambi giapponesi, parlano e scoprono quale sia il legame che li unisce. A un certo punto la donna salta addosso al ragazzo costringendolo a un rapporto sessuale. In questo momento la camera si sposta sul lato dell'auto, per inquadrare il sedile reclinato su cui sono distesi i due protagonisti. Il loro volto è tagliato dall'altro schienale, posto in primo piano, e il pubblico assiste alla brutalità e all'estrema concretezza dell'atto. La vera protagonista di questo corto è, quindi, questa inquadratura che taglia i volti per far vibrare i corpi in modo tale da risaltare la brama della donna nel voler possedere quel ragazzo in cui rivede il padre ora defunto e suo vecchio amante. Serori è un piccolo esempio stilistico di cinema asiatico, raggelante e partecipativo, proposto con precisione sintattica assoluta da un regista europeo.
Adelshingst di Sofia Prifitis e Linus Hartin (Svezia), Stew & Punch di Simon Ellis (Regno Unito), Counterpart di Adrian Sitaru (Regno Unito) sono tre espressioni abbastanza originali di uno spunto narrativo già consolidato. La prima animazione racconta la favola di una cameriera che decide di sedurre e soddisfare il suo nobile padrone di casa, per poi regalare il suo seme congelato a coppie omosessuali in modo tale da permettergli di filiare e, allo stesso tempo, 'contaminare' il gene nobiliare con il popolo. La tecnica del cut-off rende ancora più favolistica e poetica la narrazione. I due corti provenienti dal Regno Unito, invece, virano sulla capacità di lasciare sospeso chi osserva in una lunga riflessione. Stew & Punch racconta di una coppia di giovani in cui i ruoli sociali e di vita appaiono invertiti, mentre Counterpart illustra la manipolazione che un uomo paraplegico riesce a effettuare su una coppia di vicini di casa, annoiati e inermi, spiegandogli in che modo provare un piacere sessuale diverso, rispetto al loro solito sesso ginnico. Se il primo corto gioca sull'immedesimazione in una società in cui l'uomo ha perso la sua virilità, il secondo dimostra come ancora il torbido e il voyeuristico siano ancora profondamente insiti nella vita di oggi.
Le vere perle di questa parte centrale di programmazione al XLFF, i due corti che maggiormente si imprimono negli occhi, sono Contrafabula de una nina disecada di Alejandro Iglesias Mendizabal (Messico) e Smor di David Gullich (Svezia). Il corto messicano affascina e suggestiona per la sua capacità di immobilizzare in una tensione sempre più crescente chi osserva. Una ragazzina appartenente all'aristocrazia sta per divenatare adulta. Mentre si celebra la formale e ipocrita cena di iniziazione, la ragazza non riesce a frenare la crescita di un albero dalla sua bocca. Quando se ne libera, dissanguata, può tornare alla vuota cena con il suo sorriso sporco di sangue sulle labbra. Il valore di questo corto risiede nella capacità del regista di nascondere dietro l'aspetto di macabra favola un sottotesto narrativo perfettamente comunicativo, legato alla volontà della protagonista di non crescere in una famiglia finta e pervasa dalle convenzioni e di materializzare le sue passioni, il suo desiderio di una vita diversa nell'albero. Il regista nasconde le carte per infilarsi nella mente di chi osserva sottilmente e con arguzia narrativa. Allo stesso modo Smor, inserito nella selezione Nuovi Segni, quella più sperimentale soprattutto visivamente, confonde i piani, acceca chi osserva in una luce rotonda e piena, incuriosisce perché niente è chiaro. Due persone bisbigliano e descrivano quanto vedono. A poco a poco il regista si stacca dalla loro fisiognomica per incentrarsi su ciò che stanno scrutando, in un climax ascendente di tensione, il quale prende avvio dagli orecchi dei protagonisti e finisce a inquadrare i loro occhi. Il corto, così realizzato, attanaglia e catalizza e permette di vivere una visione cinematografica sensoriale più che intellettuale.
Al momento il Lago Film Fest racconta tutto questo.

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